In molti condomìni vivono persone prive della possibilità di provvedere ai propri interessi, a causa di una malattia o di un problema fisico, psichico, o di altra natura: al fine di proteggerle, il Giudice Tutelare può nominare loro un amministratore di sostegno [Legge 6/04, N.d.R.], munito dei poteri necessari, in base alla situazione concreta (articolo 405 del Codice Civile).
Dal punto di vista giuridico, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno rimane titolare di tutti i suoi diritti e doveri nei confronti del condominio: ad esempio, egli è tenuto a contribuire alle spese e a rispettare il regolamento condominiale, al pari dei vicini. Inoltre, può servirsi delle parti comuni e partecipare alla loro gestione, direttamente o tramite l’amministratore di sostegno, secondo quanto stabilito dal Giudice Tutelare.
Ad esempio, il Giudice Tutelare presso il Tribunale di Trieste (30 aprile 2005) ha incaricato un amministratore di sostegno di «partecipare – anche conferendo delega ad un altro condòmino – alle riunioni di condominio, in luogo della proprietaria», assumendo «le decisioni relative alla gestione condominiale, e alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria», tenuto conto delle aspirazioni della beneficiaria: in tal caso il condominio non può sollevare eccezioni riguardo alla presenza dell’amministratore di sostegno nelle assemblee (Antonio Nucera La figura dell’amministratore di sostegno e la rappresentanza del beneficiario nell’assemblea condominiale, in «Archivio delle locazioni e del condominio», vol. 28, n. 1, 2006, p. 260).
La Sezione Tutele del Tribunale di Milano ha predisposto un modello di rendiconto annuale nel quale l’amministratore di sostegno indica, tra l’altro, la «situazione domiciliare», il patrimonio immobiliare e le spese «condominiali ordinarie e straordinarie» del beneficiario della misura di protezione.
Di fronte a comportamenti illeciti e scorretti, da parte del vicinato, la giurisprudenza ha autorizzato l’amministratore di sostegno a richiedere l’immediata fissazione di «una riunione condominiale dove venga inserito all’ordine del giorno la situazione personale del beneficiario ed, in specie, il problema della sua accessibilità all’abitazione ed agli spazi comuni» (Giudice Tutelare presso il Tribunale di Varese, 18 giugno 2010).
Dal punto di vita relazionale, infatti, il beneficiario può incontrare fenomeni come l’emarginazione o la discriminazione. La persona debole deve essere quindi aiutata a ritrovare il dialogo con i suoi interlocutori, costruendo, nei limiti del possibile, una rete di solidarietà.
Se nel condominio sono presenti barriere architettoniche, il beneficiario disabile può richiedere per iscritto la convocazione di un’assemblea, al fine di deliberare sulla loro eliminazione: in caso di rifiuto o di mancata risposta, nel termine di tre mesi, lo stesso disabile o il suo legale rappresentante possono comunque provvedere all’installazione di un servoscala e di strutture mobili, nonché modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’ingresso all’edificio, agli ascensori e alle rampe dei garage. In questo caso le spese competono all’interessato, il quale può beneficiare di contributi economici da parte degli Enti Pubblici.
Qualora poi sorgano controversie, il beneficiario gode della stessa protezione accordata dalla legge agli altri condòmini: ad esempio, egli può richiedere un’attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e alle eventuali liti in corso, nonché consultare o riprodurre i documenti che giustificano le spese del condominio, oppure agire in giudizio, tramite l’amministratore di sostegno, previa autorizzazione del Giudice Tutelare.
Per altro, ove possibile, è meglio scegliere soluzioni alternative al procedimento giudiziale, per tutelare sia i diritti del beneficiario, sia i suoi rapporti con il vicinato: in questa prospettiva, è noto che chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia condominiale è tenuto ad esperire, preliminarmente, un procedimento di mediazione. Secondo alcuni orientamenti, la relativa domanda può essere proposta dall’amministratore di sostegno, senza necessità di preventiva autorizzazione, in quanto il procedimento non instaura un giudizio e, neppure, un contenzioso: le parti, infatti, devono incontrarsi presso un organismo di mediazione, con la partecipazione di un mediatore terzo e imparziale, allo scopo di valutare l’ipotesi di un accordo.
Alla luce di quanto esposto, dunque, è necessario proteggere l’intera dimensione umana del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, tutelandone i diritti e i rapporti con i terzi, inclusi i condòmini, anche grazie alle opportunità offerte dai metodi di risoluzione alternativa delle controversie.