Si chiama Vele spiegate all’autismo ed è un progetto che vede coinvolta da una parte l’Associazione Il Filo dalla Torre, nata nel 1994 a Roma (con una sede anche a Milano), impegnata nel campo dell’autismo e della disabilità psichica, per sostenere la crescita dei bambini autistici, delle loro famiglie, delle scuole e di tutti i sistemi di riferimento, dall’altra parte l’Associazione Sportiva Dilettantistica VMA, che si occupa di vela solidale e nautica sostenibile.
«Ci si potrebbe chiedere – afferma Fortunata Folino del Filo dalla Torre – come mai una realtà quale la vela, sport in cui è fondamentale la collaborazione fra i protagonisti, sia stata associata all’autismo, disturbo caratterizzato per antonomasia dall’isolamento sociale, ciò che potrebbe far sembrare assai difficile, se non impossibile, la cooperazione. Ebbene, è stato proprio questo il punto che ha reso il progetto interessante, ossia vedere come le vele si possono “spiegare” all’autismo e come l’autismo possa permettere di vedere, con occhi diversi, un nuovo modo di navigare fra le onde della vita».
L’iniziativa, in sostanza, vede coinvolti quattro giovani con autismo, due skipper e due consulenti del Filo dalla Torre, ed è nata appunto dall’idea che la vela possa essere una risorsa importante a sostegno delle persone con disabilità, perché oltre ad essere stimolante dal punto di vista ricreativo, ha il vantaggio di essere un’attività motoria e ludica profondamente diversa da quelle tradizionali, nella quale il contatto con l’acqua e la natura sostengono il benessere psicofisico dei soggetti coinvolti. Inoltre, l’aspetto socializzante e cooperativo sono fortemente stimolati, visto che per far sì che il natante possa spostarsi e veleggiare, occorre la collaborazione da parte di tutti. E ancora, il contesto di gruppo permette di nutrire l’esperienza con scambi relazionali efficaci.
Lungo complessivamente nove mesi, il progetto è stato avviato nello scorso mese di febbraio, articolandosi su tre fasi successive, fino al mese di novembre. In ciascuno dei tre passaggi sono previste uscite di allenamento in mare, laboratori a terra e la realizzazione di due weekend in barca a vela, durante i quali i giovani con autismo, attraverso la navigazione, raggiungono una meta prefissata, per sperimentarsi nella cooperazione in barca e nella vita di gruppo.
«Le esperienze che stiamo realizzando – sottolinea ancora Folino – sono di complessità graduale e propedeutica, per permettere alle persone coinvolte di affrontare e superare i propri limiti, calibrandole, naturalmente, anche in base alle loro risposte. In linea generale, i ragazzi vengono accompagnati a prendere confidenza con la barca e a coordinare le loro mosse; in base poi al movimento della barca stessa, vengono realizzate prove di manovre al timone, di virata e abbattuta, ma anche organizzati giochi e attività volti all’apprendimento delle arti marinaresche e dei principali nodi nautici, il tutto all’insegna dello spirito di gruppo e della cooperazione».
«L’utilizzo della barca a vela – dichiara dal canto suo Dario Sepe, psicologo e psicoterapeuta, fondatore e supervisore del Filo dalla Torre, altro ideatore di questo progetto insieme ad Adriana Onorati, Matteo Rodari, Pasqualina Giugliano e alla citata Fortunata Folino – offre ai ragazzi la possibilità di cimentarsi in un percorso di gruppo, lasciando poco spazio a comportamenti problematici e ripetitivi, favorendo un’esperienza pratica nuova, ricca di stimoli e altamente socializzante, in cui il confronto con l’altro, con il suo mondo, è parte dell’esperienza stessa. Sono concetti, del resto, del tutto in linea con il nome della nostra Associazione, che unisce due simboli: la Torre, infatti, rappresenta uno spazio chiuso, quasi inaccessibile, dove è necessario entrare, ma per farlo noi dobbiamo destrutturare i nostri codici, raggiungendo un punto di reciprocità, di sintonia piena con la Coscienza della persona, per sentire quasi quello che quest’ultima sente, sapendo che sente in modo amplificato quello che sentiamo noi. Noi, quindi, insegnamo una serie di cose alla persona, entrando nella sua Torre, in realtà accorgendoci che anche noi abbiamo una Torre e che, incominciando ad esplorarla, rendiamo il Filo un filo unico».
«Pertanto – conclude Folino – la barca a vela sembra essere uno strumento di apprendimento e crescita che arriva a trasformare tutto il gruppo, perché è nel rapporto che si va a creare che si fonda il processo di cambiamento. Si potrebbe in tal senso pensare che il limite toccato dal ragazzo nell’imparare a “navigare la barca” sia lo stesso limite che l’operatore si trova ad affrontare nell’imparare a “navigare l’autismo”, dove il punto di sintesi che si crea è dato dal cooperare insieme, per riuscire a cavalcare l’onda, spiegando le vele al vento e guidando il timone della vita». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@filodallatorre.it.