Sono esattamente 2.293.778 gli adolescenti dai 14 ai 17 anni che vivono in Italia e di questi 186.450 sono stranieri. Trascorrono le loro giornate con il telefonino in mano (il 92,6%), fanno uso di alcol, tabacco e cannabis (63,4%), conoscono il sexting (invio di messaggi sessualmente espliciti), l’11,5% di loro gioca d’azzardo online e oltre il 50% ha subìto azioni di bullismo e/o cyberbullimo; e ancora, 7.000 di loro vivono in comunità, con molte incertezze sul loro futuro dopo il compimento del diciottesimo anno di età.
Studiano, ma molti di loro abbandonano dopo la scuola dell’obbligo, soprattutto gli alunni con disabilità. Il 2,2%, infatti entra, suo malgrado, a far parte della categoria dei cosiddetti NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero quei giovani che non studiano e non lavorano, e non sono inseriti in un percorso di formazione. L’ISTAT ne ha contati addirittura 2 milioni nel 2014, circa il 24% dei giovani tra i 15 e i 29 anni.
Va anche detto che l’Italia è tra i Paesi europei con il più alto tasso di dispersione scolastica: infatti, il 15% dei ragazzi tra 18 e 24 anni ha conseguito al massimo il titolo di scuola media.
Nel 2015, infine, l’8,4% degli adolescenti tra i 14 e i 17 anni ha partecipato ad associazioni culturali, ricreative o di altro tipo; e il 9,7% ha svolto attività gratuite in associazioni di volontariato (nel 2014 erano state l’8,6%).
Sono questi i principali dati riguardanti gli adolescenti italiani, che emergono dall’introduzione del 9° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) in Italia, 2015-2016, presentato nei giorni scorsi a Roma dal Gruppo CRC – come avevamo segnalato anche nel nostro giornale – a venticinque anni dalla ratifica della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza da parte del nostro Paese, avvenuta il 27 maggio 1991 (Legge 176/91).
«Le politiche per l’adolescenza – sottolineano dal Gruppo CRC – vivono in un limbo, trovandosi anche a cavallo tra quelle dedicate all’infanzia e quelle rivolte ai giovani. Solo per fare un esempio, non esistono linee guida sul passaggio dal pediatra di famiglia al medico di medicina generale. Vengono affidate alla “ragionevolezza” di chi si incontra».
«Ragionare sulle politiche per gli adolescenti – dichiara Arianna Saulini di Save the Children, coordinatrice del Gruppo CRC -, considerandole come parte delle politiche rivolte in senso più ampio ai giovani, è importante, anche perché è in corso a livello europeo un tentativo di profondo rinnovamento, che mira a promuovere iniziative che mettano definitivamente da parte la visione dei giovani come “problema”, riconoscendoli pienamente come risorsa, da rilanciare mediante politiche di empowerment [“crescita dell’autoconsapevolezza”, N.d.R.]. Occorre, inoltre, investire e progettare per garantire un supporto alle famiglie, rinforzando le competenze genitoriali, così come ben evidenziato nel IV Piano Nazionale di Azione e di Interventi per la Tutela dei Diritti e lo Sviluppo dei Soggetti in Età Evolutiva di cui sollecitiamo l’ approvazione».
L’adolescenza, per altro, è solo uno dei numerosi focus presenti nel documento, alla cui redazione hanno contribuito 134 operatori delle 91 associazioni del Gruppo CRC (si veda anche nel box in calce). Il Rapporto, infatti, approfondisce ben 50 tematiche che ricalcano i raggruppamenti dei diritti della CRC.
In tal senso, la mappatura della situazione individua criticità su più fronti, a partire da quello istituzionale, che vede importanti lacune sotto il profilo della governance delle politiche a supporto dell’infanzia e degli adolescenti.
«Numerose leggi – ricordano dal Gruppo CRC – sono ancora ferme in Parlamento, quali la riforma del sistema di protezione e accoglienza dei minori stranieri non accompagnati o l’acquisizione della cittadinanza per i minorenni di origine straniera, ancora disciplinata da una Legge del 1992. Il nostro Gruppo, inoltre, sottolinea la carenza di dati certi, completi fra loro e comparabili in riferimento alle complessa situazione delle persone di minore età fuori dalla famiglia di origine. E dati incerti si hanno anche sui minori adottabili e sulle coppie disponibili ad adottare, visto che da ben quindici anni manca una Banca Dati nazionale, cosicché si è passati dalla stima di 1.900 minorenni adottabili, accolti in affido e in comunità perché non adottati da oltre due anni, al dato di 300 minorenni riportato dal Dipartimento di Giustizia Minorile, e infine al dato rilevato dall’ISTAT, che evidenzia come nel 2013 fossero in comunità di accoglienza 779 minorenni adottabili».
Per quanto poi riguarda l’àmbito sanitario, sono sempre presenti grandi disparità a livello territoriale, con le Regioni del Sud fortemente penalizzate, sia nell’accesso ai servizi che in quello alla prevenzione.
«Rispetto allo scorso anno – annota Saulini – la novità più rilevante è l’approvazione da parte dell’Osservatorio Nazionale Infanzia del citato IV Piano Nazionel di Azione, atteso ormai da molti anni, che però non è ancora stato pubblicato e approvato in via definitiva. Ad oggi, dunque, le Leggi di Stabilità e i provvedimenti ad esse collegati si confermano lo strumento principale di intervento, con tutti i limiti che questo comporta in termini di formulazione di strategia ad ampio respiro. In positivo si evidenzia che nell’ultima Legge di Stabilità è stato introdotto un Fondo per la Lotta alla Povertà e all’Esclusione Sociale che garantisca in via prioritaria interventi per nuclei familiari con figli minori, nonché un Fondo dedicato specificatamente al contrasto della povertà educativa minorile».
In conclusione, il Gruppo CRC sottolinea la necessità di interventi educativi qualificati, che coinvolgano sinergicamente e congiuntamente gli attori del cosiddetto “quadrilatero formativo” (famiglia, scuola, istituzioni, Terzo Settore) e, allo stesso tempo, attivino le risorse dei ragazzi e delle ragazze e ne valorizzino il protagonismo.
«Investire adeguatamente – conclude Saulini – significa permettere agli adolescenti di progettare percorsi di vita, rafforzati da un forte senso di appartenenza e di cittadinanza, e di vivere fuori dalla marginalità, come protagonisti reali – e non virtuali – del tessuto sociale. Significa riconoscere loro il diritto a una formazione continua ed efficace e alla sperimentazione di sé attraverso percorsi scuola-lavoro organizzati. In altre parole è urgente che si ricominci a parlare dell’adolescenza come di una fase di crescita, di evoluzione e di preparazione all’età adulta».
Tutti temi e riflessioni, questi, che naturalmente si amplificano quando si parla di adolescenti con disabilità, ricordando sempre che i minori con disabilità sono, su vari fronti, “i più vulnerabili tra i vulnerabili”. (S.B.)
Nel sito del Gruppo CRC è disponibile il testo integrale del 9° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) in Italia, 2015-2016. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: coordinamento@gruppocrc.net.
La Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 a New York ed è entrata in vigore il 2 settembre 1990. L’Italia l’ha ratificata il 27 maggio 1991 con la Legge 176/91. Ad oggi essa è stata ratificata da oltre 190 nazioni, cioè praticamente da quasi tutti i Paesi, ed è lo strumento internazionale più ratificato al mondo.
Per verificare che i princìpi sanciti dall’importante documento siano effettivamente rispettati, le Nazioni Unite chiedono ad ogni Stato di redigere e presentare ogni cinque anni un rapporto. Inoltre, per dare voce anche al punto di vista della società civile, le Organizzazioni Non Governative e del Terzo Settore hanno la possibilità di elaborarne uno supplementare.
Per questa ragione, dalla fine del 2000 è attivo in Italia il Gruppo di Lavoro per la CRC che l’anno successivo ha redatto un rapporto sulla condizione dell’infanzia in Italia, supplementare a quello che il Governo Italiano aveva precedentemente presentato alle Nazioni Unite.
In seguito il Gruppo di Lavoro ha deciso di proseguire nella sua opera di monitoraggio, redigendo annualmente un rapporto di aggiornamento che verifica lo stato di applicazione della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza nel nostro Paese.
Sono oggi ben 91 le associazioni e le organizzazioni non profit a far parte del Gruppo di Lavoro per la CRC (in loro rappresentanza, per elaborare il Rapporto di quest’anno, hanno lavorato 124 operatori del Terzo Settore) e a coordinarle è Save the Children Italia.
Tra di esse – dal 2014 – vi è anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), insieme, tra le altre, all’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), alla SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), all’Associazione L’abilità di Milano e alle Fondazioni Emanuela Zancan e Paideia.