Aveva usufruito per molto tempo di un contributo di 600 euro mensili, in base al SAVI, il Servizio di Aiuto per la Vita Indipendente del Comune di Roma, un giovane con grave disabilità motoria, per provvedere alla propria assistenza domiciliare, retribuendo un operatore, pagandogli i contributi INPS e l’assicurazione. Quando poi il budget del SAVI non consentiva di avvalersi degli operatori domiciliari, il giovane aveva potuto fino al 2010 contare per l’assistenza anche sul supporto dei propri genitori; e tuttavia, con l’avanzare dell’età e lo sviluppo di patologie da parte di questi ultimi, aveva deciso di chiedere un adeguamento del finanziamento assegnatogli dal Comune Capitolino, reiterando per ben tre volte la propria richiesta. Risposta: un perdurante silenzio tombale.
«Cosicché il giovane – spiega Emanuela Astolfi, presidente dell’Associazione Avvocato del Cittadino – a seguito dell’aggravarsi della situazione fisica dei genitori, è stato costretto a rimodulare le proprie abitudini quotidiane, rimanendo quindi vittima di una discriminazione indiretta, ai sensi della Legge 67/06 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, N.d.R.]: infatti, il comportamento apparentemente neutro dell’Amministrazione Capitolina, che ha negato un aumento del budget per l’assistenza indiretta, ha posto il giovane in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone».
Per questo, dunque, i legali dell’Avvocato del Cittadino hanno deciso di iscrivere al ruolo in questi giorni un ricorso contro il Comune di Roma, in base alla citata Legge 67/06, per attività discriminatoria posta in essere dall’Ente nei confronti di una persona con disabilità.
«Nello scorso mese di maggio – ricorda poi Astolfi – la nostra Associazione aveva inviato una lettera a tutti i Candidati a Sindaco di Roma, chiedendo un formale impegno a cambiare la prassi instauratasi a seguito dell’approvazione – e dell’inesatta interpretazione – della Delibera di Giunta Comunale 191/15, la quale, modificando la precedente Delibera 355/12, ha stabilito che le persone con disabilità che percepiscono il contributo per l’assistenza domiciliare indiretta debbano anticipare il pagamento della retribuzione in favore degli operatori e solo dopo avere presentato la rendicontazione (le buste paga) al Municipio di competenza, ricevere il contributo. Questo significa escludere dal servizio di assistenza indiretta tutte le persone che non hanno alcun reddito o hanno un reddito appena sufficiente per il proprio sostentamento. Ebbene, a parte qualche contatto da parte di segreterie di partito, per capire quante persone fossero coinvolte dal problema, nessuno si è reso disponibile a sottoscrivere un atto di impegno volto a modificare l’attuale, ingiusta, discriminatoria prassi, che potrebbe spingere gli utenti in difficoltà economica ad optare per l’assistenza diretta, ossia erogata tramite cooperative».
Con tale azione, dunque, l’Associazione Avvocato del Cittadino prosegue nel proprio operato di sostegno alle persone con disabilità che riferiscano storie di discriminazione legate alla presenza di barriere architettoniche, a trattamenti vessatori sul lavoro e soprattutto, come in questo caso, a problemi derivanti dalla fruizione dell’assistenza domiciliare indiretta. (S.B.)
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