Dal 2003 la prima domenica di ottobre si dovrebbe “celebrare” la Giornata Nazionale per l’Abbattimento delle Barriere Architettoniche, istituita in Italia durante l’allora Anno Europeo delle Persone con Disabilità. In tale data le Amministrazioni Pubbliche dovrebbero assumere «iniziative volte ad informare e sensibilizzare i cittadini su temi legati all’esistenza delle barriere architettoniche» e sostenere «azioni concrete per favorire l’integrazione delle persone in situazione di disabilità, degli anziani e di quanti comunque limitati nella mobilità». In questi anni, però, pensando alle iniziative realizzate dalle Amministrazioni Pubbliche, dovremmo rivolgerci alla trasmissione Chi l’ha visto?.
«La democrazia è il potere di un popolo informato», scriveva quasi due secoli fa Alexis de Tocqueville. In questi anni, però, sulla presenza delle barriere abbiamo dovuto informarci da soli e spesso siamo stati noi [Comitato Bergamasco per l’Abolizione delle Barriere Architettoniche, N.d.R.] ad informare le Amministrazioni Pubbliche.
Certamente non basta ricordarsi delle barriere una volta l’anno, ma almeno una volta all’anno è possibile richiamare tutti alla propria responsabilità, perché la libertà delle persone non venga più limitata o negata. Per questo vogliamo dire che l’eliminazione delle barriere non è una qualsiasi opera pubblica o privata. Noi ribadiamo infatti con convinzione che l’abbattimento e il superamento delle barriere è uno standard di civiltà e si colloca sul piano dei fondamentali diritti e doveri di cittadinanza.
Perché «Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento», come sta scritto nell’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Perché «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana», come ci chiede l’articolo 3 della Costituzione italiana.
In realtà tutto ciò è risaputo da molto tempo. Nel 1965 – oltre cinquant’anni fa – si tenne a Stresa una Conferenza Internazionale che si concluse sottolineando «la necessità che gli uomini politici, gli architetti, gli ingegneri, gli urbanisti, i poteri pubblici, le istituzioni siano chiamate a sostenere la lotta per la soppressione delle barriere architettoniche».
Il Comitato Bergamasco per l’Abolizione delle Barriere Architettoniche è nato trent’anni fa, raccogliendo nelle piazze le firme dei cittadini per presentare una Proposta di Legge Regionale Lombarda sull’accessibilità (che nel 1989 divenne appunto Legge). In quegli anni le normative nazionali e regionali assegnarono alle Pubbliche Amministrazioni il compito di predisporre Piani per l’Eliminazione della Barriere (PEBA) sia negli edifici sia negli spazi urbani, prevedendone un aggiornamento biennale. Purtroppo ancora oggi possiamo constatare e dobbiamo denunciare le inadempienze e i ritardi nel rispetto delle leggi.
Sicuramente in questi decenni sono stati compiuti significativi passi in avanti per garantire il diritto all’accessibilità per tutti, ma è evidente che ci sono ancora problemi da risolvere e ostacoli da superare. Eccone due esempi.
Nella via che abbiamo appena percorso per arrivare qui [in occasione di una manifestazione organizzata il 2 ottobre 2016 a Bergamo dal Comitato Provinciale per l’Abolizione delle Barriere Architettoniche, N.d.R.], si potevano vedere ancora troppi negozi poco accessibili o del tutto inaccessibili, che presentano soglie d’ingresso troppo alte. Avevamo già segnalato questo problema in occasione della Giornata per l’Abbattimento delle Barriere di alcuni anni fa, ma fino ad oggi poco è cambiato.
Su un altro versante, gli amici che organizzano a Bergamo il Festival In Necessità Virtù ogni anno si trovano in difficoltà, poiché sono davvero pochi i teatri e le sale accessibili per le persone con disabilità che vogliano assistere agli spettacoli e pochissimi gli spazi in cui anche il palco sia utilizzabile da attori con difficoltà motorie.
Ciò che ci spinge ancora oggi a scendere per le strade – come avevamo già fatto trent’anni fa – è soprattutto la consapevolezza che non abbiamo ancora raggiunto quello che noi chiamiamo “l’anno zero”. Perché purtroppo ancora oggi ci vengono segnalati casi di nuovi interventi con barriere. Nonostante le leggi, nonostante i regolamenti, nonostante i corsi di formazione, nonostante le denunce, nonostante la promozione di una cultura dell’accessibilità, la stupidità umana non è stata ancora debellata completamente. Pertanto, oltre a dover eliminare le barriere del passato – spesso con interventi episodici, in assenza di una pianificazione razionale – ci ritroviamo ad affrontare anche le nuove barriere, costruite oggi, dovute a progetti inadeguati e ad opere realizzate in modo scorretto.
A questo proposito, Franco Bomprezzi, una persona con disabilità che si batté con intelligenza e ironia contro le barriere, scrisse: «Se improvvisamente si verificasse l’ipotesi di un Giudizio Universale senza preavviso alcuno e se il Giudice Supremo chiamasse un disabile ad esprimere il proprio verdetto sulla categoria professionale degli architetti, e se quel disabile fossi io, temo fortemente che consiglierei un lungo soggiorno quanto meno in Purgatorio, se non qualche benefica sauna nei caldi gironi di Belzebù…».
Eppure ormai dovremmo averlo capito, le barriere architettoniche colpiscono tutti: bambini, anziani, genitori con passeggino, cardiopatici, persone che si muovono con le stampelle o con la carrozzina, non vedenti e ipovedenti, passeggeri con valigie, chi calza scarpe con tacchi sottili, chi trasporta borse della spesa, donne in stato di gravidanza ecc. Togliere le barriere è un investimento sul presente e sul futuro. Costruire senza barriere è un atto di razionalità e di civiltà.
Consapevoli di tutto ciò, siamo convinti che l’eliminazione delle barriere debba essere considerata una priorità pubblica. Nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio dei Ministri ha rilanciato l’idea di costruire un ponte tra Sicilia e Calabria. Iacopo Melio, una persona con disabilità, ha scritto una lettera a Matteo Renzi, segnalando che, con i soldi che verrebbero spesi per la realizzazione del ponte sullo Stretto, si potrebbero predisporre oltre 500 milioni di scivoli per i marciapiedi oppure acquistare 20.000 autobus accessibili. Le risorse non sono infinite: bisogna saper scegliere.
Noi in realtà non abbiamo scelta ed eliminare le barriere per noi non è un lusso, ma una necessità. Nella necessità di vivere liberi, possiamo e dobbiamo trovare la virtù che ci rende più umani. Perciò raccogliamo l’invito di Alexander Langer, un grande uomo politico, a continuare ad impegnarci per ciò che è giusto.
Ringraziamo Edvige Invernici per la collaborazione.