«È molto triste rilevare come, non riuscendo o volendo realmente intervenire sulla qualità dei servizi e non volendo impegnare risorse in questi obiettivi, si preferisca scegliere una pseudo-soluzione eclatante e demagogica. Questo è il punto centrale: la reale qualità dei servizi, tema del tutto eluso»: lo dichiara in una nota Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), a proposito dell’accelerazione verso l’approvazione di una norma che prevede l’adozione della videosorveglianza negli asili nido, nelle scuole d’infanzia e nelle strutture sanitarie e sociosanitarie destinate alle persone anziane o con disabilità. In tal senso, infatti, il testo unificato di ben sette Proposte di Legge è all’esame in questi giorni delle Commissioni Lavoro, Istruzione, Affari Sociali della Camera, per poi passare celermente all’approvazione dell’Aula. Un iter visto «con preoccupazione culturale, politica e pratica» dalla FISH, che rileva anche come siano «ancora poche le voci critiche», mentre «prevale l’adesione a una tendenza dai toni demagogici che si appiattisce sulla presunta funzione deterrente delle videocamere negli asili, nelle stanze e sugli spazio sanitari e socio sanitari, quella che sarebbe cioè la soluzione, secondo i proponenti della norma, per contrastare gli abusi e le violenze».
E invece, secondo Falabella, «questa proposta, oltre ad essere discutibile per il diritto alla riservatezza personale, reale e percepita, appare del tutto inadeguata e inefficace a contrastare le cause profonde della violenza e degli abusi che purtroppo i fatti di cronaca, anche recenti, riportano». «Non intendiamo assolvere o attenuare le responsabilità individuali – prosegue -, ma riteniamo sia ormai il momento di interrogarsi invece sugli ambienti in cui questi reati vengono consumati e sulle loro origini. Nulla cambierà, infatti, nelle istituzioni totali e segreganti, nelle strutture che inducono l’isolamento, ove crediamo che questi episodi di violenza, più o meno evidenti, siano inevitabili e che a ben poco servano le migliaia di telecamere che si intende installare».
Secondo la FISH, dunque, sarebbero altresì necessarie «norme operative certe in termini di prevenzione e contrasto agli abusi, dei trattamenti degradanti, delle negligenze, dell’eccesso di sedazione, dell’abuso della contenzione, incidendo sulla formazione del personale, sull’aggiornamento continuo, sullo sviluppo delle competenze, sulla preparazione nella gestione dei cosiddetti “comportamenti problema”, sull’adozione di strumenti e metodi per il benessere degli operatori. E ancora, sulla trasparenza delle strutture e sul loro rapporto con il territorio di riferimento, fino alla chiusura delle strutture segreganti, promuovendo la reale inclusione delle persone con disabilità».
«Questa – conclude il Presidente della FISH – è una proposta interamente da rigettare. Ne chiediamo l’accantonamento e chiediamo invece l’inizio di una riflessione ben diversa su altre basi, con altri presupposti. Cogliamo a tal proposito l’evidenza dell’assenza di copertura economica (qualcuno ha fatto i conti?) e di impraticabilità operativa di questa proposta, per avviare un confronto più elevato culturalmente e politicamente».
A proposito di operatività e costi, la Federazione rileva come «per essere efficace la videosorveglianza dovrebbe essere installata in tutti gli ambienti di tutti gli asili nido, le scuole di infanzia, le strutture per persone con disabilità e anziani. I filmati, stimabili in milioni di giga, dovrebbero essere conservati (non si sa per quanti anni) in modo criptato su server dedicati e messi a disposizione del Pubblico Ministero in caso di indagini o denunce. Tutto ciò, oltre al risibile effetto immediato e all’improbabile efficacia futura, comporterebbe costi per i quali i proponenti non quantificano né prevedono alcuna copertura finanziaria». (S.B.)
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