Inserire la resa accessibile in quella Legge sul cinema

di Daniela Trunfio*
«Un nuovo Disegno di Legge composito ed esaustivo, che va felicemente in aiuto al nostro cinema, finalmente trattato come strumento di arricchimento culturale, non può non contemplare una normativa riguardante la resa accessibile dei film, in linea con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che da quasi otto anni è Legge del nostro Paese. Forse si è ancora in tempo?». Un quesito che Daniela Trunfio rivolge segnatamente al ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini e al sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello Giacomelli

Sala di cinemaHo letto con attenzione il testo del Disegno di Legge sul cinema (Disciplina del cinema e dell’audiovisivo), approvato nei giorni scorsi al Senato e ora in attesa di passare alla Camera, e non ho trovato alcuna rilevanza su possibili premialità economiche per chi (sostenuto da contributi pubblici) si impegni a rendere il prodotto audiovisivo accessibile alle persone con disabilità sensoriali e a coloro che abbiano disabilità cognitive o limitazioni culturali e linguistiche.

La resa accessibile – che avviene per sottotitolazione facilitata (per non udenti) e audiodescrizione (per non vedenti) – è prevista, com’è noto, dell’articolo 30 (Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009 (Legge 18/09), ove si «riconosce il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di eguaglianza con gli altri alla vita culturale e invita a prendere tutte le misure appropriate per assicurare che le persone con disabilità godano dell’accesso a programmi televisivi, film, teatro e altre attività culturali, in forme accessibili».
La resa accessibile, inoltre – e ancor meglio se regolata per legge – dà la possibilità di formare nuove figure professionali, tra cui anche quella del cosiddetto Accessible Filmmaker (letteralmente “realizzatore di film accessibili”), che agisce all’atto della produzione.
E ancora, la resa accessibile ha un costo relativamente basso (2.500/3.000 euro), facilmente assorbibile se inserito nei costi di produzione di un film. Con le nuove tecnologie, essa può essere inserita direttamente nel prodotto digitale come “optional”, dando la possibilità agli esercenti di proporre per ciascun film alcune proiezioni accessibili.

Mi sembra insomma che un nuovo Disegno di Legge composito ed esaustivo, che va felicemente in aiuto al nostro cinema, finalmente trattato come strumento di arricchimento culturale, non possa non contemplare una normativa riguardante la resa accessibile, in linea con la Convenzione ONU che, come detto, è Legge del nostro Paese ormai da quasi otto anni. Forse si è ancora in tempo?

Condirettore del Programma “Torino + Cultura Accessibile”.

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