Cara Sindaca di Roma Virginia Raggi, le scrivo a nome di un “piccolo esercito” che realmente non sapevo esistesse. Eppure esso è nella sua città e più precisamente nella Pubblica Amministrazione, conta quattrocento dipendenti e sono coloro che potrebbero richiedere e svolgere il telelavoro. Questa cifra non è mia: la trova proprio sul sito del Comune di Roma, dove si fa appunto riferimento a 89 progetti di telelavoro, «che prevedono l’impiego di circa 400 dipendenti». Le confesso che era proprio a questi progetti che aspiravo, quando il 26 ottobre scorso ho firmato per il mio contratto, essendo risultata idonea a un concorso pubblico svolto quattro anni fa.
In quel momento ho subito chiarito – sia alle risorse umane, sia poi al mio Municipio – che volevo avvalermi della possibilità del telelavoro, per una serie di motivi personali e familiari. Chi mi conosce – perché scrivo da tempo su queste pagine – sa infatti che ho due disabilità, una visiva e una motoria, che fanno sì che non sia autonoma negli spostamenti. Inoltre mio figlio, Giovanni, è un ragazzo con autismo che ha bisogno che stia a casa il pomeriggio, ma gli orari di lavoro terminano più tardi di quando lui torna. Io, infatti, non posso alzarmi alle otto del mattino per andare a lavorare, a causa di particolari problemi legati alla mia patologia.
Mentre sto scrivendo questa lettera, sono in malattia, perché ieri, al lavoro, i termosifoni erano chiusi e chi ha un sistema immunitario fragile come il mio non può permettersi tale rigida applicazione delle regole da parte della Pubblica Amministrazione Capitolina, che accende i termosifoni dal 15 novembre anche se fuori fa decisamente freddo. Inoltre, a causa del peggioramento delle mie anche, ogni due ore circa mi dovrebbe essere possibile stendermi, cosa possibile in definitiva solo a casa.
Non sono un tipo che si piange addosso, sono laureata in lettere e conosco tre lingue, posso sicuramente essere molto utile al mio Municipio e all’Amministrazione capitolina. Il concorso per il quale sono risultata idonea, per istruttori URP [Ufficio Relazioni con il Pubblico, N.d.R.] e redattori di pagine web, era destinato alle “categorie protette” e mi sembra davvero assurdo che in quattro anni dal suo svolgimento non sia stato previsto, per i suoi vincitori con disabilità, un telelavoro che tenesse conto delle particolari condizioni individuali.
Confesso quindi che mi sentivo particolarmente tranquilla sull’avere i requisiti per chiedere il telelavoro e inoltre, se quegli 89 progetti fossero regolarmente partiti, esso da tempo avrebbe trovato almeno un inizio di applicazione. Mi ha quindi molto sorpreso sapere che attualmente il telelavoro era iniziato solo per due dipendenti e che addirittura allo stato attuale è sospeso.
Non trovo alcuna spiegazione logica a tutto questo, visto che la Capitale d’Italia dovrebbe essere dotata di tutti gli strumenti tecnologici per permetterne l’applicazione. Io stessa ho presentato al mio Municipio un programma in cinque punti di telelavoro, a partire da uno sportello telematico dedicato alle persone con disabilità come me e alle loro famiglie e al quale queste ultime potessero presentare domande che io avrei potuto a mia volta girare all’Amministrazione e alla Consulta dell’Handicap. Altro punto del programma, l’aiuto ai vari Dipartimenti nel redigere la documentazione da inserire nelle pagine web, e ancora, innovativi progetti di scrittura creativa da realizzare anche con persone che non possono muoversi dal loro domicilio, oltre all’inserimento nei siti web e alla cura di essi. Tutte mansioni che mi sarebbe possibile svolgere da subito, grazie a un PC portatile che potrebbe essere mio o acquistato dal Comune di Roma, con un programma tipo TeamViewer, che permette appunto di gestire un PC da parte di un’Amministrazione Centrale.
Il mio Municipio (il Municipio 13) si è dichiarato disposto e anzi felice di poter usare le mie competenze in modalità di telelavoro, e mi chiedo quindi chi stia tenendo ferma questa importante alternativa lavorativa.
Ogni quindici giorni, tra l’altro, si potrebbe fare un meeting – dal vivo se possibile, in teleconferenza in caso di motivata impossibilità – per relazionarsi con i colleghi e stabilire nuove direttive di lavoro con i responsabili.
Sono certa che tutte le persone che sono nella condizione di fare il telelavoro non abbiano in questo momento spesso la possibilità di lavorare adeguatamente, a causa di condizioni di salute o familiari, e che ciò in qualche modo stia danneggiando il Comune di Roma, il suo Comune e la sua Giunta, cara Sindaca Raggi.
So perfettamente che, se ci sarà la volontà politica di risolvere questa situazione, si potrà fare rapidamente, anche considerati il lungo tempo tempi già passato, rispetto a quelli di cui si parla nel sito del Comune di Roma alla pagina citata.
Molte persone, me compresa, stanno aspettando di rendersi utili alla comunità, con le loro competenze, potendo lavorare adeguatamente con il telelavoro. Io, per esempio, anche in questo momento sto telelavorando. Sto per completare questo testo, poi lo invierò via mail alla redazione di «Superando.it» e questo sarà possibile anche se io sono qui e la redazione in un’altra città. Da tempo, inoltre, telelavoro per due ONLUS – quindi a titolo gratuito -, operando principalmente su web e social, con i miei dispositivi.
Lei ha più volte sottolineato la sua volontà di far cambiare questa città, ma anche di farla camminare adeguatamente: attuare quei progetti, e permettere a me e ad altre 399 persone di cominciare a telelavorare sarebbe sicuramente un cambiamento auspicabile. Direi un cambiamento concreto alla sua portata, e non in tempi biblici.
Mi è stato parlato di oltre nove mesi: Sindaca, anche lei è mamma, e sa che nove mesi ci vogliono per un bambino. Un progetto, anzi dei progetti di telelavoro ci devono mettere molto meno!
Mi permetta quindi di dimostrarle il mio vero valore e quello dei miei colleghi, che attendono l’entrata di Roma nel mondo lavorativo del futuro.