Sono trascorsi più di due mesi da quando l’associazione FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi) ha organizzato a Roma l’evento intitolato Mi riguarda, c’è una persona sorda. Al di là dell’entusiasmo dei partecipanti e della soddisfazione degli organizzatori, è tempo di bilanci ponderati e di riflessioni più approfondite sulle quattro giornate che dal 1° al 4 settembre scorso hanno richiamato nella Capitale tanti giovani, di cui ben cinquanta sordi, con un’età compresa tra i 15 e i 35 anni, provenienti da più parti d’Italia, da Sud a Nord.
L’evento, nato su sollecitazione del Gruppo FiaddaLab e realizzato grazie alla volontà e al sostegno del Presidente e dell’intero Consiglio Direttivo della FIADDA, ha affrontato diverse tematiche care ai partecipanti e ha visto anche momenti di svago, con uscite culturali e turistiche, cene in luoghi caratteristici, in un’atmosfera suggestiva e unica, come solo Roma può offrire.
FiaddaLab è un gruppo operativo di giovani Soci, nato all’interno della FIADDA, un laboratorio, un “incubatore” che fermenta e crea, un luogo simbolico in cui si incontrano vecchio e nuovo, dove si apprende, ci si forma, ci si responsabilizza e si inventano strumenti originali da mettere a disposizione dell’Associazione e per rispondere alle esigenze comunicative di essa; un gruppo solido, che ha lavorato duramente per permettere lo svolgimento della manifestazione.
Il clima che ha animato le quattro giornate e che ancora oggi si respira in tutta la FIADDA è di freschezza, entusiasmo, soddisfazione e le parole, le emozioni, i racconti di vita e di esperienze non sono ricordi, ma presenze reali e vivide, che vanno ancor più coltivate, per valorizzare la partecipazione di tutti e l’impegno profuso da FiaddaLab, che intanto sta continuando a lavorare con pazienza certosina per valutare quanto realizzato in quei giorni, riflettere sui materiali raccolti, ponderarne effetti e conseguenze, darne la meritata cassa di risonanza all’interno e all’esterno dell’Associazione.
FiaddaLab ritiene che – oltre alla soddisfazione dei partecipanti espressa nei social e in particolare sull’hashtag #fiaddamoment – l’intera FIADDA, dal presidente Antonio Cotura ai componenti del Consiglio Direttivo, dalle singole famiglie ai Presidenti delle diverse Sezioni, debba ritenersi pienamente gratificata dalla riuscita dell’evento e dal suo valore in senso morale ed educativo: si è trattato infatti di una vera e propria crescita umana e associativa, di un “investimento” di cui è valsa la pena, di una formazione “sui generis”, che si chiede di poter replicare a breve.
L’opportunità, come si era detto, di «mettere ordine in una materia complessa e confusa, per individuare tutti insieme le azioni giuste a favorire l’inclusione, la condivisione e la partecipazione, mettendo in chiaro che con queste tre parole non ci si trova in presenza solo di diritti, ma anche di doveri», è stata condivisa e realizzata, anche se pochi giorni non hanno consentito di affrontare e approfondire i tanti argomenti di interesse generale, bensì di selezionarne solo alcuni, tenendo anche presente l’età del target.
L’evento si è svolto in due alberghi della Capitale (Hotel Diana e Una Hotel), ma ha avuto l’onore di essere ospitato anche presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma; la sottotitolazione in diretta l’ha reso interamente fruibile da parte delle persone sorde e non solo: per quattro giorni, l’infaticabile stenotipista Mirella Larosa, alla quale va il plauso e il ringraziamento di tutta la FIADDA, ha offerto un servizio impeccabile e di gran livello.
L’iniziativa è stata aperta dal citato presidente dell’Associazione, Antonio Cotura, dalla responsabile della Sezione romana Emilia Del Fante, dal pedagogista Bruno Gervasoni e dai giovani di FiaddaLab i quali, ciascuno nel proprio ruolo, ne hanno illustrato genesi, motivazioni e significato.
La palla è poi rimbalzata ai partecipanti che, superato il primo momento di timidezza e imbarazzo, si sono confrontati su percorsi ed esperienze di vita, interessi ed emozioni, con tale naturalezza e spontaneità, da stupire ed emozionare lo stesso psicologo Tommaso Romani, che ha confessato di aver in parte sostituito il suo ruolo di facilitatore di gruppo con quello di ascoltatore.
Dal canto suo, Stefano Asperti, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia di La Sapienza, aprendo i lavori del 2 settembre, si è detto molto lieto di ospitare nella propria Facoltà tanti giovani, soprattutto sordi, per discutere di accessibilità e fruibilità, temi che l’Università ritiene fondamentali e per i quali auspica maggiore attenzione e impegno, anche con la collaborazione degli stessi studenti e delle Associazioni di riferimento.
Bisogna in sostanza investire nelle tecnologie più avanzate, utili a superare gli ostacoli, e in modo particolare adottare un idoneo modello di riferimento culturale, che coinvolga docenti e operatori, sensibilizzando gli studenti «che potrebbero trovarsi in futuro come insegnanti a dovere affrontare realtà di questo tipo».
Di istruzione e inclusione hanno trattato Bruno Gervasoni e Raffaele Ciambrone della Direzione Generale per lo Studente del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, il primo ripercorrendo le tappe che hanno “traghettato” i ragazzi sordi dagli Istituti Speciali alle scuole di tutti, attraverso una storia oggi dimenticata, vissuta da protagonista e densa di passione, che ha emozionato i presenti coinvolgendoli empaticamente.
Ciambrone, invece, elogiando l’impeccabile servizio di stenotipia, esempio di autentica progettazione universale, ha insistito, pur nelle sue criticità, sul modello inclusivo italiano della scuola, comparandolo con quello vigente in altri Paesi europei, dove a fronte di investimenti economici sostanziosi, gli alunni con disabilità frequentano esclusivamente classi speciali: inquietante, ad esempio, il caso del Belgio, dove essi vengono inseriti in nove tipi di classi, divisi per disabilità (autistici, sordi, ciechi ecc.) e dove paradossalmente chi ha il “privilegio” di stare fuori dalle classi speciali viene valutato in base a specifici test e diviso per gruppi di livello.
Successivamente Fabrizio Mezzalana, architetto e consulente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), ha discusso di accessibilità e progettazione universale con il pubblico presente, facendo emergere l’impellente bisogno di partecipazione anche attraverso l’utilizzo di ausili tecnologici adeguati e sistemi digitali innovativi.
Particolarmente movimentata è risultata poi la giornata del 3 settembre, dalla visita guidata al secondo piano di Palazzo Massimo alle Terme, sperimentale in senso di accessibilità e fruibilità, al dibattito che ne è seguito, che ha evidenziato l’entusiasmo dei visitatori e al tempo stesso l’amarezza, per la mancata totale immersione in un patrimonio artistico culturale così ricco, a causa di criticità rilevate e per certi versi non molto attente nei confronti delle persone sorde oraliste.
Con l’intervento intitolato Lo stigma negativo viene da lontano. Una storia poco conosciuta, Giampiero Griffo, rappresentante italiano presso l’EDF (European Disability Forum), ha raccontato quindi la storia delle persone con disabilità, da inesistenti a escluse, da segregate a inserite, da integrate a incluse, attraverso un lungo percorso che ha portato all’affermazione dei diritti, all’autonomia ed all’indipendenza, suscitando nei giovani presenti interesse e tensioni emotive.
Infine, Carlo Giacobini, responsabile del Servizio HandyLex.org e direttore editoriale di «Superando.it», ha affrontato problemi e questioni aperte del lavoro, ragionando su quali e quante siano per una persona con disabilità le reali opportunità di accedervi e ancor più di essere inclusa in un contesto che non è certo tra i più semplici. Tutto ciò in una visione estremamente raffinata e complessa come quella dell’applicazione dell’ICF – la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – e della sua logica di circolarità, per cui le funzioni e le strutture corporee, i fattori personali e quelli ambientali sono strettamente correlati, incidendo e influenzando la partecipazione di una persona nei diversi contesti umani, sociali e lavorativi.
Assoluti protagonisti dell’ultima giornata romana sono stati i giovani. Qui si è discusso dei temi trattati, anche alla presenza della dirigenza FIADDA, evidenziando quelli sui quali si è concentrata l’attenzione e il bisogno di approfondimenti. Senza più timidezza, timori e falsi pudori, padroni del microfono, adolescenti e studenti universitari grintosi, giovani inoccupati o disoccupati inquieti ed esasperati hanno dato vita a dialoghi serrati e confronti vivaci, lasciando soprattutto spazio alle emozioni, alle “voci di dentro”, accompagnate persino da qualche lacrima.
Sono emersi la soddisfazione e il piacere dell’incontro, della conoscenza reciproca, di esserci come gruppo, certamente unito dalla condivisione della sordità, intesa come una delle caratteristiche che determinano la complessità di una persona, non certo come status, come segno positivo o stigma di una specifica comunità (i due termini definiscono due diversi punti di vista), a cui nessuno dei partecipanti sente di appartenere.
Ed è emersa la volontà di contare, per affermare a gran voce una realtà diversa dallo stereotipo, dal pregiudizio, dalla disinformazione e dalle discriminazioni. È assurdo e stridente, eppure suscita meraviglia, l’incontro di cinquanta persone sorde, riconoscibili da apparecchi acustici e da impianti cocleari, che parlano, cantano, fanno confusione; stupisce che nelle loro voci si colgano le flessioni tipiche dei luoghi di provenienza, se rispondano con disinvoltura a chi chiede informazioni per strada. Stupiscono, durante la colazione in un hotel, un folto gruppo di turisti americani, per la scioltezza dell’eloquio e ancor più quando spiegano in inglese fluente la tipicità del modello inclusivo italiano, mentre colpisce l’attenzione e l’interesse per quella che dovrebbe essere normalità e invece appare come un “fenomeno”. Gravi pregiudizi che determinano la domanda rituale a una giovane sposa se il marito sia sordo o udente, piuttosto che incuriosirsi su altri aspetti.
Tutti stereotipi e immaginari da superare con la forza della ragione e del buon senso, con la voglia di esserci, crescere, acquisire competenze, imparare a contare su se stessi per darsi un futuro dignitoso, per trovare le soluzioni capaci di migliorare la qualità della vita, di diffondere il messaggio della propria autonomia e della garanzia di diritti, per richiamare l’attenzione sulle persone sorde che non comunicano anche per scelta personale e “confermazione” con la LIS (Lingua Italiana dei Segni), sconosciute o ignorate da un sistema che agisce solo a una dimensione. Le stesse persone che pretendono di rendere visibile la loro invisibilità, per ristabilire equilibro nell’informazione e restituire a se stesse rispetto e dignità.
Sostiene il presidente della FIADDA Cotura che l’evento ha rappresentato e significato la realizzazione di un’esperienza unica per la sua ricchezza, varietà e complessità di interessi culturali e sociali. «La tensione e intelligenza emotiva – dichiara – insieme al carico di esperienze personali, di conoscenze e capacità che ciascuno dei partecipanti ha portato al confronto e alla condivisione con gli altri hanno caratterizzato ogni singolo momento, ogni fase dell’incontro, ogni ipotesi di sviluppo futuro. Si è dunque trattato di un arricchimento costante, reciproco, nuovo, profondo, condiviso: nello stesso luogo e nello stesso momento. Molto si potrà fare per rendere questa esperienza per diversi aspetti ripetibile, attesa e ancor più ricca di significati. Con l’ottimismo della ragione, con la volontà dell’impegno solidale e naturalmente insieme».
In conclusione si può dire che il fermento da cui è nato il Gruppo FiaddaLab abbia contagiato “civicamente” i giovani partecipanti a Mi riguarda ed è certamente motivo di soddisfazione per gli organizzatori e incitamento per continuare la semina. Il cammino è lungo e irto di ostacoli, ma sono forti la grinta e la tenacia per andare avanti e non arrendersi.
E chissà che un giorno lontano non si possa volgere lo sguardo indietro, misurarsi con le proprie emozioni e poter dire, come Bruno Gervasoni, «mi rende contento sapere che ho navigato nell’oceano della sordità per tanti anni, ho visto tante navi, velieri, incrociatori, difficoltà, tempeste, giornate di sole, mi sto riferendo alle persone, sto pensando a tutti i problemi che avevamo, la vita nell’Istituto, il non potere frequentare le scuole pubbliche, i ragazzi là segregati che non potevano andare a giocare a pallone con gli altri. Sono stati anni di estrema lotta».
Anche oggi si sta navigando in un oceano di confusioni e incertezze. Sono nuovamente anni di lotta. Forza, si vada avanti e si urli al mondo un nuovo messaggio!