Si stima che nel nostro Paese siano circa 300.000 le persone con diagnosi accertata di epatite C – malattia dovuta all’infezione del virus HCV (Hepatits C Virus), che causa l’infiammazione del fegato con danni progressivi che possono essere anche molto gravi – per lo più ricomprese nella fascia di età tra i 35 e i 75 anni. Un numero imprecisato di soggetti deve ancora scoprire l’infezione, mentre ogni anno sono circa 1.200 coloro ai quali viene diagnosticato il contagio da HCV e circa 10.000 sono coloro che muoiono a causa di complicanze quali la cirrosi e il tumore del fegato.
Anche se a differenza che per le forme di epatite A e B, non è ancora disponibile alcun vaccino, oggi è comunque possibile curare l’epatite C, dal momento che il 95% dei malati possono essere completamente guariti con un ciclo terapeutico di tre-sei mesi, attraverso la somministrazione di farmaci per via orale (antivirali ad diretta), con effetti collaterali minimi se non assenti. Sui 300.000 pazienti presenti in Italia, sono stati infatti circa 66.000, negli ultimi due anni, quelli che hanno potuto accedere alle cure con i nuovi farmaci, garantite dai protocolli del Servizio Sanitario Nazionale, guarendo totalmente dall’infezione. Una vera e propria “rivoluzione scientifica”, dunque, in virtù della quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente messo a punto una strategia globale per l’eliminazione dell’epatite C nel mondo, ponendosi importanti obiettivi per il 2030: ridurre cioè le nuove infezioni di epatite virale del 90% e ridurre del 65% il numero di decessi a causa della stessa.
Dal 1999, l’Associazione EpaC è il punto di riferimento in Italia per migliaia di persone malate di epatite. Tramite le due sedi di Roma e Monza, essa collabora senza vincoli di subordinazione con Istituzioni, Centri Specializzati e Aziende, con il Ministero della Salute, le Regioni, le Società Scientifiche, le ASL, l’Agenzia Italiana del Farmaco e altri portatori d’interesse.
L’EpaC, inoltre, è membro fondatore della Federazione europea ELPA (European Liver Patients Association) e di quella mondiale WHA (World Hepatitis Alliance), oltreché dell’ACE (Alleanza contro l’Epatite).
Le principali attività svolte dalla ONLUS sono relative a tre grandi aree: la consulenza ai malati e ai loro familiari, l’informazione e la prevenzione e il sostegno alla ricerca.
«Vogliamo agire velocemente – spiega Ivan Gardini, presidente dell’EpaC – per informare tutti quei pazienti che hanno l’epatite C, ma che ancora non si sono recati presso un centro specializzato, per agevolarne il percorso terapeutico sino alla guarigione, evitando che la malattia peggiori. Quella lanciata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è una strategia ambiziosa, ma abbiamo gli strumenti per raggiungere gli obiettivi annunciati. Ad oggi, infatti, non esiste un vaccino per l’epatite C, ma l’introduzione dei nuovi farmaci antivirali ad azione diretta rende possibile la guarigione della quasi totalità dei pazienti trattati entro tre-sei mesi. Ci aspettiamo dunque che le autorità sanitarie garantiscano in tempi molto brevi e una volta per tutte l’accesso a questi nuovi farmaci per tutti i pazienti eleggibili ad una cura».
Dal 3 febbraio e fino al 20 di questo mese, tutto ciò è al centro della campagna di informazione e sensibilizzazione denominata Vogliamo Zero Epatite C, lanciata dall’EpaC per diffondere la conoscenza sulla malattia, sulle gravi conseguenze di essa e sulle nuove efficaci cure oggi disponibili.
Forte anche di noti testimonial del mondo dello sport o della televisione (tra gli altri i calciatori Riccardo Montolivo e Ciro Immobile, l’allenatore ed ex calciatore Hernán Crespo, lo schermidore oro olimpico Daniele Garozzo, la conduttrice e scrittrice Rosanna Lambertucci), la campagna è affiancata anche da una raccolta fondi tramite numero solidale (45544), con la quale si punta a realizzare un Numero Verde EpaC a disposizione dei cittadini, promosso dall’Associazione come strumento fondamentale per essere ancora più vicina e raggiungibile da parte delle persone colpite da epatite C e dai loro familiari. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Barbara Erba (barbaraerba@gmail.com).
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