Negli ultimi anni il dibattito in Italia sul tema della sessualità delle persone con disabilità è stato ancorato in maniera prevalente attorno al nodo dell’“assistenza sessuale” e della relativa figura professionale, oggetto di un Disegno di Legge depositato nell’aprile 2014 [Disegno di Legge n. 1442, “Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità”, N.d.R.] e frutto del lavoro di un Comitato in materia, fondato nel gennaio dell’anno precedente.
Sono passati quattro anni ed è forse utile provare – col limite e la parzialità di ogni analisi – a trarre qualche indicazione, visto che l’orologio gira e la vita delle persone con disabilità e di ciò che accade attorno a loro (per loro, con loro, su di loro…) procede.
Si può dire che di questi quattro anni due siano stati dedicati al dibattito – molto mediatico e sui social nel primo periodo – legato a un approccio tipico della cultura della disabilità di questo millennio (…diritti, politically correct…) e poi spostatosi anche con un maggiore approfondimento nella pubblicistica di settore, ma non solo, essendo, ad esempio, usciti anche diversi contributi su riviste di taglio giuridico.
Dagli articoli alla formazione
Di questo dibattito, sospeso tra favorevoli all’ipotesi dell’assistenza sessuale e (molto) perplessi su questa, chi scrive ha già riferito su queste stesse pagine nell’ottobre del 2014, riprendendo un contributo già apparso sul blog della rivista «Prospettive Sociali e Sanitarie».
Possiamo dire che se nel biennio 2013-2014 il tema è stato oggetto di dibattito, nei due anni successivi (2015-2016) la scena è stata occupata principalmente dall’organizzazione di eventi formativi. Non che non se ne sia continuato a parlare, sui media generalisti o sulla stampa specializzata (con una proporzione di 10 a 1 tra favorevoli e contrari, anche se nel tempo si sono aggiunti i distinguo di molte altre persone con disabilità, oltre a quelle che negli anni avevano scritto in materia attorno a progettualità di UILDM-Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, AIAS-Associazione Italiana Assistenza Spastici), ma in sostanza non si è aggiunto un granché al dibattito, ribadendo per lo più… il diritto… il fatto di civiltà… la necessità di… il tema tabù e sottaciuto… non è prostituzione… in altri Paesi europei esiste…
Anche in questo secondo biennio di dibattito, dunque, l’assistente sessuale pare rimanere sostanzialmente un’“evocazione”, stante la genericità delle proposte relative a identità, ruolo, iter formativo, requisiti necessari e a un Disegno di Legge – quello citato – che sostanzialmente delega a Regioni e ASL ogni indirizzo in materia (profilo professionale, criteri di selezioni, “adeguatezza” al ruolo, disabili che ne possono usufruire o meno…).
Lasciando quindi da parte l’aspetto del dibattito sulla stampa e su web, questo contributo vuole concentrarsi sulle attività di formazione promosse a partire dal 2014, specificando, per altro, che la formazione in materia c’è sempre stata, a partire dalla metà degli Anni Ottanta, dopo il primo convegno che si fece in Italia nel 1977 a Milano su iniziativa del CEMP [“Sessualità e handicappati”, 8-9 ottobre 1977, N.d.R.].
A titolo di esempio, nel periodo 1985-2004 il CDH (Centro Documentazione Handicap) di Bologna ha proposto circa un’ottantina di interventi formativi, ma la consultazione delle fonti disponibili restituisce numeri più contenuti, ancorché sicuramente in parte sottostimati, rispetto a quelli che troviamo nel triennio 2014-2016.
Formazione: chi, come, dove, quando. Un po’ di numeri
La rilevazione delle attività formative è stata fatta ricercando sul web con Google, nei giorni dal 12 al 17 marzo 2017, in riferimento al periodo 1/5/2014-11/3/2017, quindi un arco di tempo di quasi tre anni, utilizzando la stringa di ricerca Convegno Disabilità Sessualità (con altri termini… Handicap… Corso… i risultati sostanzialmente rimanevano simili).
Nel periodo considerato, che coincide con la ricaduta del dibattito sull’assistenza sessuale – soprattutto dopo la presentazione del Disegno di Legge, avvenuta, come detto, nel mese di aprile del 2014 – abbiamo contato 49 eventi formativi, in media uno e mezzo al mese. Per la precisione 6 eventi nel 2014, 17 nel 2015, 23 nel 2016 e 2 nei primi due mesi del 2017.
Chi organizza e dove?
L’associazionismo delle persone con disabilità è, tra i diversi target, il maggiore organizzatore di eventi (23 = 48%), seguito dalle Cooperative Sociali (9 = 18%), dagli Enti Locali (7 = 14%) e da Società Scientifiche/Studi Professionali e “altro” con 5 appuntamenti ognuna (10%).
Gli eventi sono organizzati al Nord per il 48%, al Centro per il 29%, al Sud e Isole per il 23%. Mentre l’associazionismo è ugualmente distribuito tra Nord, Centro e Sud, la Cooperazione attiva in materia è tutta settentrionale. Gli Enti Locali (Comuni e Aziende Sanitarie) sono 4 al Nord, 2 al Centro e 1 al Sud.
Formazione: aperta a chi e rivolta a?
Guardando i programmi di quelle 49 iniziative, si trovano esplicitati complessivamente 55 pubblici di riferimento. La maggior parte delle iniziative (27 = 49%) è aperta a un pubblico indifferenziato (“per tutti gli interessati al tema”), mentre il 34% degli eventi (19) è rivolto esplicitamente agli operatori. Molto più rare le iniziative specifiche per familiari (5), studenti (2) e persone con disabilità (2).
Nel 43% delle iniziative (21 eventi), si sottolinea che le stesse sono rivolte a una specifica tipologia di disabilità, con larghissima preponderanza della disabilità intellettiva (17 eventi su 21). Il rimanente 57% degli eventi non sottolinea alcuna tipologia di deficit come elemento principale degli interventi.
Poco affrontata, stando ai titoli, la prospettiva di genere, con un solo evento di tipo corsuale dedicato espressamente a un gruppo di donne con disabilità e una relazione in materia a un convegno, nonostante – soprattutto negli interventi che pongono dei distinguo verso il tema dell’assistenza sessuale -, la questione sia stata posta ripetutamente.
Relatori e aree disciplinari di riferimento
Nei 49 eventi censiti abbiamo contato complessivamente 108 interventi di diverse aree disciplinari, (chiarendo che se in un corso intervenivano 10 psicologi oppure 10 pedagogisti li abbiamo considerati come valore 1: ovvero in quell’evento c’è stato il contributo psicologico o educativo).
I relatori iscritti ai programmi sono stati ovviamente molti di più, oscillando da 1/2 per le attività più prettamente corsuali per gruppi ristretti, a 2/3 per le conferenze e fino a 10/20 per i convegni. In totale circa 200 persone.
Le aree disciplinari più rappresentate sono quella psicologico/psicoterapeutica (35%), seguita da quella medico/riabilitativa con il 14% (psichiatri, neuropsichiatri, fisiatri), e da quella educativa con il 13% (pedagogisti e rari educatore). Più limitato il contributo di assistenti sociali (6 = 5,5%), di avvocati o sociologi (in entrambi i casi 5 = 4,6%), dell’area medico ginecologico/andrologica (4 = 3,7%). C’è poi un 19,4% di contributi che potremmo definire “associativi”, suddivisi tra presidenti/responsabili vari e “opinion leader” disabili.
Molto presenti gli esponenti di spicco del movimento che si batte per l’assistenza sessuale: Maximiliano Ulivieri, infatti, la persona con disabilità promotrice del Disegno di Legge, è intervenuto 19 volte, Fabrizio Quattrini, psicologo, presidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica 14 volte. Presenti a volte insieme, a volte separati, hanno partecipato ad oltre il 40% dei 49 eventi organizzati. Infine, sono stati 11 su 49 gli eventi che hanno permesso di acquisire i crediti ECM per la formazione degli operatori.
Tolti Quattrini e Ulivieri, il parco dei relatori è differenziatissimo e in larga misura attinge ad operatori “locali” impegnati nei servizi dove ha sede l’Ente promotore. È estremamente difficile, in tal senso, trovare il ricorrere di altri nomi. Si confermano assenti dalla scena quelle persone che hanno caratterizzato le attività formative a cavallo tra gli Anni Novanta e gli Anni Duemila (2 interventi di Maria Cristina Pesci, medico psicoterapeuta di Bologna e un intervento di Fabio Veglia, psicologo torinese).
Note a margine segnalano la presenza, nei saluti iniziali, di un Vescovo (unica presenza ecclesiale), in tre occasioni di donne aspiranti assistenti sessuali, e infine di due pornoattori nell’incontro in materia avvenuto all’interno della Fiera del sesso di Montecatini Terme nel 2014.
In quale direzione?
È difficile trarre da dati così limitati, e senza poter entrare nel merito di cosa e come si è discusso in questi eventi, degli indirizzi di un certo spessore; non abbiamo trovato né atti né articoli che dessero conto del dibattito svolto, salvo che in due casi.
Da una parte il dibattito mediatico sull’assistenza sessuale ha promosso riflessioni, dall’altra, per certi versi, si ricomincia sempre da capo, polarizzandosi tra relatori in larga misura alle prime armi nello specifico della materia (ovviamente per quello che se ne può sapere da riviste, siti, fonti bibliografiche) ed “esperti del momento”.
Abbastanza prevedibile un maggiore interesse al tema, se riferito alle disabilità intellettive, come la preponderanza di interventi di taglio psicologico/psicoterapeutico.
Un minimo, il tema, diventa anche un “affare di mercato”, perché spendibile nella grande informazione e anche come fattore formativo ed editoriale. La Fiera del sesso o il gigolò che si offre anche come assistente sessuale non fanno testo e servono solo a sostenere mediaticamente il tema (il cosiddetto “effetto enzima”, che è un classico dell’approccio comunicativo del settore disabilità… disabilità+personaggio famoso… disabilità + evento di richiamo… disabilità + tema accattivante…).
Vediamo… si potrebbe concludere… Se ci sarà maggiore integrazione tra le diverse culture, se la fase del politically correct esaurirà la sua parabola o quanto meno l’aspetto discutibile della sua parabola, se anche familiari e persone con disabilità, capaci anche di sfuggire ai riflettori, porteranno il loro contributo, se le aree educativa e sociologica saranno più attive, se i silenziosi percorsi di alcune associazioni porteranno frutti (vedi soprattutto quelli delle associazioni delle persone con sindrome di Down)… se ci sarà qualche Vescovo in più… se, se, se…
E segnaliamo infine i due contributi in termini di “distinguo” di cui accennavamo all’inizio e che si possono leggere a questo e a quest’altro link.
Proprio mentre stavamo elaborando questo approfondimento, è apparso sul «Fatto Quotidiano» un articolo che, come tanti di quel quotidiano, appoggia la campagna per l’assistenza sessuale.
Due considerazioni, una sul tema del nostro presente contributo, l’altra più generale.
In quell’articolo si dice che in questi anni il Comitato Organizzatore della Proposta di Legge ha partecipato a 67 eventi formativi in materia. Purtroppo noi sul web ne abbiamo trovati solo una parte (19 interventi di Ulivieri e 14 di Quattrini, a volte allo stesso evento) e quindi alla nostra conta mancano all’incirca una quarantina di eventi, sempre che questi non siano stati promossi al di fuori del periodo della nostra ricerca (che comunque, ovviamente, può presentare delle carenze).
Il dato avvalora l’annotazione che il dibattito sia avvenuto soprattutto attorno a quella Proposta. Se tramite la redazione di «Superando.it» ci verranno forniti i dati e i programmi, provvederemo naturalmente ad aggiornare la nostra analisi. Infatti, 40 eventi in più dei 49 da noi trovati possono chiaramente spostare di molto – eventualmente – le nostre considerazioni.
Sempre in quell’articolo, poi, si scrive che «alle Associazioni manca il coraggio di intestarsi questa battaglia». La lettura di quanto segnalato al link citato all’inizio del nostro contributo e le sottolineature di tante altre persone con disabilità e anche di medici, psicologi, sessuologi, psicoterapeuti, educatori (magari essi stessi disabili, in alcuni casi), ci fa dire che forse almeno una parte delle Associazioni non condivide che quella della assistenza sessuale sia la strada giusta. E che l’eco mediatica, con tutte le necessità di semplificazione che ha per essere tale, sia il vento migliore per far marciare la riflessione su questi aspetti.
Ripetere ossessivamente che «un disabile non può nemmeno masturbarsi» ha lo stesso effetto delle interminabili gallerie fotografiche di disabili in carrozzina ai piedi di una scalinata che imperversano nelle edizioni online dei quotidiani dopo le Paralimpiadi di Rio de Janeiro! Parrebbero dire tutto e invece la realtà, che ci piaccia o meno, è molto più complessa.