Il 2 aprile scorso, in occasione della Giornata Mondiale per la Consapevolezza dell’Autismo, otto sale del Circuito UCI Cinemas hanno proiettato un cartone animato con il sistema di adattamento ambientale che consente la visione ai bambini e ai ragazzi nello spettro autistico [si legga nel nostro giornale la presentazione dell’iniziativa, N.d.R.].
Poco più di due anni dopo l’esperienza realizzata grazie a un’iniziativa volontaria al Filmstudio di Roma, si è compiuto dunque un altro passo avanti sulla strada dell’accessibilità e dell’inclusione culturale per le persone con autismo, scrivendo una pagina significativa che riguarda il livello di civiltà di una nazione e del grado di sana socialità di cui può godere una comunità che accoglie, condivide e sa integrare.
La barriera più complessa da superare è quella culturale ed è questa un’affermazione talmente evidente e ripetuta da apparire ormai una dichiarazione retorica. Ma finché a questa evidenza non verrà contrapposta un’azione comune e ben articolata messa in atto per abbattere questo muro, riaffermarne l’esigenza sarà tutt’altro che retorico.
Politica e Istituzioni, al di là delle dichiarazioni d’intento, hanno fino ad oggi dimostrato di avere idee e iniziative imprecise e inconsistenti per riuscire ad agire in modo energico sull’inclusione culturale. Nel loro caso si tratta oltretutto di scelte dettate molto spesso dalla fame di “consenso di pancia”, poco incline per sua natura a innalzare gli standard di indirizzo e di proposta politica.
Nel campo dell’integrazione culturale occorre invece un lavoro di elevato livello intellettuale, che attragga sì un consenso, ma di qualità assai alta, con riscontri sul piano pratico di estrema concretezza e di autentica e rapida applicazione.
Per questo motivo dev’essere il percorso culturale stesso a smuovere le acque e a innalzare la consapevolezza che è nell’esperienza culturale condivisa la chiave più efficace per aprire le porte di quella crescita civile di cui l’Italia ha urgente bisogno.
In altre parole,è una proposta che deve arrivare dal mondo della produzione e dell’offerta culturale, così come deve giungere dai milioni di persone che sono oggi limitate nella loro possibilità e quindi nel diritto alla fruizione di cultura.
Il “non poterci essere” rispetto all’appuntamento di conoscenza e crescita personale – sia esso di semplice svago o di approfondimento – vanifica e annienta il ruolo stesso della cultura nella società. Partecipare, condividere ed essere presenti, consente a milioni di persone di liberarsi dall’invisibilità e dall’isolamento che si manifestano in forme molteplici ogni giorno e in tutti i settori della società.
A tal proposito, l’esperienza culturale condivisa è lo strumento che più di ogni altro contribuirà ad aprire tutte quelle porte che agevolano e promuovono l’accesso a diritti, bisogni e garanzie: politiche sociali, sanità, scuola, sostegno alle famiglie.
Il lavoro per l’accessibilità alla cultura, pertanto, con particolare riferimento al cinema che rappresenta un polo attrattivo e aggregativo di primaria importanza, deve portare al potenziamento della presenza nella società per milioni di famiglie, all’opportunità, per loro, di condividere momenti e abitudini che offrano la soluzione all’isolamento e all’invisibilità.