Cronica, imprevedibile e spesso progressivamente invalidante, la sclerosi multipla – una delle più gravi patologie del sistema nervoso centrale – è una malattia decisamente complessa, per la quale non esistono ancora trattamenti utili a contrastare la perdita di mielina, che si traduce in una degenerazione delle cellule nervose, portando alla fase progressiva della malattia stessa.
In tal senso, i progressi compiuti nello sviluppo di terapie immunomodulanti per la sclerosi multipla cosiddetta “recidivante-remittente” non sono applicabili alle forme in cui l’infiammazione non sia prominente, comprese quelle progressive. Quando infatti è presente una componente neurodegenerativa, come appunto nelle sclerosi multiple progressive, e diversi meccanismi partecipano alla fisiopatologia della malattia, è possibile che i singoli trattamenti da soli possano non essere efficaci.
Per questo, dunque, identificare nuove cure in tempi relativamente rapidi e con costi contenuti, studiando farmaci già registrati per uso clinico in altre patologie (“riposizionamento di terapie esistenti”), può rappresentare una strategia importante, specie in casi come quello della sclerosi multipla, della quale si conoscono ancora poco i meccanismi patofisiologici.
A questo proposito, già a partire dal 2005, la FISM, ovvero la Fondazione che agisce a fianco dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), ha promosso e finanziato il CENTERS (Centro Neurologico Terapie Sperimentali, presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma, riferito alla Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università di Roma La Sapienza), diretto da Marco Salvetti, e dedicato interamente a studi esplorativi di nuove terapie per le malattie neurologiche.
Rientra in questo àmbito anche il recente studio pubblicato dall’autorevole rivista «Scientific Reports» (del gruppo «Nature»), cofinanziato da AISM, FISM e Fondazione Roma e condotto grazie a una collaborazione di ricercatori dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità), del citato CENTERS, dell’IRGB (Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica) del CNR di Monserrato (Cagliari) e dell’Università di Ferrara.
Nel corso di tale ricerca, al termine di un’ampia indagine su circa duemila composti riutilizzabili come agenti riemielinizzanti, sono state selezionate almeno tre molecole dai potenziali risultati positivi, una delle quali di forte interesse (Edaravone), anche considerando che fa riferimento a un farmaco approvato in Giappone come agente neuroprotettivo per l’ictus ischemico acuto e la SLA (sclerosi laterale amiotrofica).
«Questo studio – spiega Marco Salvetti – aggiunge nuove molecole ad altre già identificate da tre studi precedenti. Iniziamo in questo modo ad avere abbastanza farmaci pronti per essere testati in studi clinici, per esplorare l’efficacia dei composti sulle persone affette, eventualmente anche come terapie combinate, e aumentare la nostra comprensione della biologia della sclerosi multipla». «Sarà ora importante – aggiunge – approfondire la chimica dei farmaci, per ottimizzare i composti individuati e aumentarne l’interesse per lo sviluppo industriale, una delle strategie necessarie per trovare le risorse economiche indispensabili per portare questi risultati dal laboratorio alle persone con sclerosi multipla». (S.B.).
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.