Ludwig Van Beethoven (compositore), Stevie Wonder (musicista), Stephen Hawking (fisico), Alex Zanardi (pilota automobilistico), Franklin Delano Roosevelt (presidente degli Stati Uniti), Beatrice “Bebe” Vio (atleta), Louis Pasteur (chimico), Steve Jobs (informatico), Luciano De Crescenzo (scrittore) e tanti altri… Tutte queste sono persone con disabilità, che conosciamo per aver letto su di loro racconti, notizie, biografie e tanto altro, che ci offrono storie ed esperienze di grande valore. E senza dover scomodare trattati scientifici, studi enciclopedici o altre conoscenze, quando leggiamo queste storie, inconsapevolmente già siamo dentro a una prospettiva “diversa”, forse inedita, che dovrebbe indurci a fare una riflessione sul nostro modo di vedere la disabilità.
Una riflessione che non può prescindere dal cambiamento di paradigma introdotto grazie alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (Legge Italiana 18/09) e, ancor prima di questa importante conquista normativa, all’ICF (ovvero l’acronimo inglese per la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), sempre più usato in tutti gli àmbiti della vita di ogni persona.
Ma in che cosa consiste questo “cambiamento di paradigma”? Per non dilungarci in lunghe e probabilmente poco attraenti spiegazioni, potremmo dire che il nuovo “modo di vedere” la disabilità deve tenere conto del contesto in cui vive la persona con disabilità e dirci se questa persona è in grado di poter vivere come desidera e se ha le medesime opportunità delle altre persone, siano esse disabili o meno.
Partire da questo punto significa interrogarci se il nostro territorio, ad esempio, consente a chi ci vive di poter contribuire tutti insieme al benessere collettivo, un obiettivo facilmente raggiungibile se tutte le persone, nessuna esclusa, fossero messe nelle condizioni di poter costruire un proprio progetto di vita.
Il progetto di vita è appunto un modo di costruire opportunità per se stessi e per la collettività e, come ogni buon progetto – di architettura, di ingegneria, di informatica eccetera -, è assolutamente necessario che sia “elaborato” assieme a tutte le persone che a vario titolo possono essere coinvolte.
In queste poche e sintetiche righe ho provato ad esprimere un punto di vista importante, ovvero la necessità di mettere in campo tutte le azioni necessarie affinché i cittadini – a partire dalle persone con disabilità – siano messi nelle condizioni di poter costruire un proprio progetto di vita.
Gli strumenti ci sono anche a livello normativo, le risorse possono essere recuperate, se si incomincia a ragionare in termini di spese appropriate, le iniziative culturali possono essere tranquillamente intraprese a partire dalle scuole, se si ragiona non in termini di “sensibilità”, ma di “giustizia” (perché le Leggi vanno rispettate) e di “pari opportunità” (perché tutte le persone, senza distinzione, devono poter esprimere le proprie potenzialità).
Tutte queste riflessioni sono state oggetto di una bella, interessante e partecipata assemblea dell’Auser Volontariato di Afragola, nella quale si è aperto un fruttuoso dibattito circa la situazione della città di Afragola [grande Comune di quasi 65.000 abitanti, nella Città Metropolitana di Napoli, N.d.R.].
«Quali opportunità hanno i cittadini con disabilità di Afragola?»: con questa domanda, nella sua apparente semplicità, si è in qualche modo fatta una sintesi della discussione che ha animato quell’assemblea e durante la quale si è cercato di proporre una sorta di “piano d’azione” che l’Auser – assieme all’Area delle Politiche sulla Disabilità della CGIL Campania – intende costruire.
Un piano, ovvero un programma di azioni/interventi per il territorio, mirato a incentivare la partecipazione attiva delle persone con disabilità (e delle loro famiglie), per costruire una politica sulle disabilità che sia un reale sostegno alle pari opportunità di tutti. E non solo.
Nei prossimi giorni ci attiveremo per provare a mettere in piedi una sorta di “spazio collettivo”, dove, a partire dalla conoscenza dei diritti e delle opportunità, sia “ricostruito” innanzitutto il principio che, ad esempio, sulla disabilità si discuta “Nulla su di Noi senza di Noi”.
Parliamone, incontriamoci, da qualche parte dobbiamo iniziare. Scriviamoci, magari per conoscere un po’ di più e meglio il tema della disabilità.
E per chi è curioso di sapere «quale disabilità abbiano i personaggi elencati all’inizio», potrebbe anche essere il primo passo per sapere qualcosa di più su di noi… qualcosa di più su quello che possiamo fare.