A proposito di contrassegni per le persone con disabilità, così aveva scritto, poco meno di un anno fa, Antonio Giuseppe Malafarina su queste stesse pagine, in un articolo che non a caso avevamo intitolato Contrassegni: la storia infinita: «C’è un “sequel” sorprendente e non sempre gradito, per la vicenda dei nuovi contrassegni riservati alle persone con disabilità, che sembrava definitivamente conclusa. Apparentemente, infatti, non c’era più nulla da dire: i contrassegni (arancione) in uso fino al 15 settembre 2015 sarebbero rimasti validi sino alla naturale scadenza e tutti quelli di nuova emissione avrebbero dovuto essere gli azzurri CUDE (Contrassegno Unico Disabili Europeo), conformi alla normativa europea. E invece sembra proprio che le cose non siano andate propriamente così. Permessi vecchi e nuovi si confondono in una miscellanea che le stesse forze dell’ordine non sanno come amministrare, cosicché a volte multano e a volte no».
«Il problema – aveva sottolineato ancora Malafarina – è che ci sarebbero Comuni dove il vecchio contrassegno è stato sostituito e altri dove invece viene ancora emesso il modello obsoleto. E così, laddove il modello vecchio è stato giustamente sostituito, si multano tutti coloro che non sono in regola, ma fra questi possono trovarsi anche persone provenienti da un Comune dove non è stato sostituito, e non certo per causa loro. E ancora, altri Comuni a volte multerebbero, a volte no, e le stesse forze dell’ordine paiono in confusione: in linea di principio, infatti, può essere che la polizia locale non multi e quella nazionale sì».
«Naturalmente – concludeva l’articolo – in questo caos ci rimette la persona con disabilità che, se non ha il contrassegno unificato CUDE, rischia una multa e se vorrà farsela togliere dovrà dimostrare che la responsabilità del mancato aggiornamento del proprio documento è attribuibile al proprio Comune. A questo punto, per essere certi di essere in regola, se ancora non si possiede il nuovo contrassegno, si può tentare di pretendere il documento nuovo facendo presente al Comune rilasciante, e inadempiente, l’eventualità di doversi recare all’estero, dove è tassativamente richiesto l’utilizzo del CUDE».
Fin qui, dunque, il quadro ci sembrava chiaro, nel dipingere una situazione ancora confusa, che tale, purtroppo, sembra permanere, quasi un anno dopo la pubblicazione di quell’articolo.
Tutt’altra storia, però, è leggere qualche giorno fa sul «Corriere del Trentino» – edizione locale del «Corriere della Sera» – una frase come quella attribuita a Marco Groff, presidente dell’ANGLAT Provinciale (Associazione Nazionale Guida Legislazioni Andicappati Trasporti), secondo il quale «a oggi non esiste una regolamentazione nazionale unitaria in materia di contrassegni da apporre sulle automobili» e «pertanto ogni Comune è libero di rilasciarli nel formato che preferisce».
Chiaramente non è così, perché quella regolamentazione esiste eccome ed è costata quasi quindici anni di battaglie dentro e fuori il Parlamento (e tante multe per i cittadini italiani all’estero), quando cioè il 31 agosto 2012, il nostro Paese aveva finalmente recepito la Raccomandazione 98/376/CE, prodotta il 4 giugno 1998 dal Consiglio Europeo e dedicata appunto al contrassegno europeo di parcheggio per disabili, il cosiddetto CUDE (Contrassegno Unico Disabili Europeo).
Un percorso quanto mai tortuoso, seguito anno dopo anno anche dal nostro giornale, ma alla fine giunto in porto, esattamente con il Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) n. 151 del 30 luglio 2012 (Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, concernente il regolamento di esecuzione e attuazione del Nuovo codice della strada, in materia di strutture, contrassegno e segnaletica per facilitare la mobilità delle persone invalide), pubblicato in Gazzetta Ufficiale, come detto, il 31 agosto successivo.
Entrata in vigore il 15 settembre 2012, quella norma aveva concesso a tutti i Comuni un tempo massimo di tre anni, per sostituire il contrassegno arancione rilasciato secondo il vecchio modello.
Non dunque «Comuni liberi di rilasciare i contrassegni nel formato che preferiscono», bensì Comuni semplicemente inadempienti, ciò che ha creato la situazione di confusione descritta da Malafarina.
Altra questione ancora è quella dell’accesso alle ZTL (Zone a Traffico Limitato), rispetto alla quale in altre Regioni (Sardegna, Piemonte, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia) si lavora da tempo, ad esempio, per l’elaborazione di Registri Unici, sempre però legati al contrassegno azzurro CUDE, che la Legge, come detto, ha stabilito essere l’unico valido. E naturalmente anche proposte di microchip, come quelle di cui si legge sul «Corriere del Trentino», possono essere prese in considerazione.
Ma su certi temi crediamo sia meglio essere il più precisi possibili, per evitare di aggiungere ulteriore confusione.
Ringraziamo Giulio Nardone per la segnalazione.
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