Con l’uso di particolari videogiochi si velocizza la capacità di lettura anche nei bambini di madre lingua inglese, migliorando non solo l’attenzione visiva, ma anche la memoria verbale: è quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di giovani ricercatori, recentemente pubblicato dalla prestigiosa rivista «Scientific Reports».
Il team di lavoro, guidato da Simone Gori del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo e Andrea Facoetti del Laboratorio di Neuroscienze Cognitive dello Sviluppo, nel Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, entrambi consulenti scientifici dell’IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini (Lecco), è composto da Sandro Franceschini (Università di Padova), Piergiorgio Trevisan (Università di Udine), Luca Ronconi (Università di Trento), Sara Bertoni (Università di Padova), Kit Double e Susan Colmar (Sydney University, Australia).
«Il nostro gruppo di lavoro – spiega Simone Gori – ha scoperto che un trattamento basato su alcuni specifici tipi di videogiochi riesce a velocizzare le abilità di lettura anche in bambini con dislessia di madre lingua inglese. Questa lingua, diversamente dall’italiano, richiede regole più complesse di conversione tra lettere e suoni linguistici: è infatti molto più difficile imparare a leggere l’inglese rispetto all’italiano. Già qualche tempo fa, per altro, avevamo scoperto l’efficacia di questi tipi di giochi nell’accelerare la lettura e l’attenzione visiva nei bambini italiani con dislessia [se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.]».
«Questo disturbo specifico dell’apprendimento – aggiunge Andrea Facoetti -, che impedisce l’automatizzazione della lettura e della scrittura in bambini senza alcuna difficoltà cognitiva e sensoriale, ha un’incidenza del 5% per la lingua Italiana (un bambino su 20) e sopra al 15% per l’Inglese (3 bambini su 20). La dislessia mette in seria difficoltà non solo il Servizio Sanitario e quello dell’istruzione nazionale, ma soprattutto i bambini e le bambine affetti e le loro famiglie. Sebbene, dopo una riabilitazione mirata, gli errori durante la lettura tendano a ridursi nei bimbi con dislessia, il loro scoglio più grande risulta essere la velocità di lettura, che permane rallentata anche negli studenti universitari che presentano questo disturbo».
Nel corso dello studio condotto in Australia da Franceschini e Trevisan, i ricercatori sono riusciti dunque a scoprire che i miglioramenti nella velocità di lettura, indotti dall’uso per poche ore di un tipico videogioco d’azione commerciale, sono dovuti a specifiche stimolazioni di circuiti cerebrali in grado non solo di migliorare l’attenzione visiva, ma anche la memoria dei suoni del linguaggio.
Il risultato sorprendente è che questa memoria – quella che ad esempio ci permette di ricordare il numero di telefono appena detto da un amico – non è mai stata direttamente allenata durante il training con i videogiochi, che non prevede alcuno stimolo linguistico. I ricercatori suggeriscono quindi, come principale causa di questa terapeutica stimolazione, una riduzione dei costi neurali nel muovere l’attenzione da uno stimolo visivo (una lettera) ad uno uditivo (il suo corrispondente suono linguistico), processo fondamentale per imparare a leggere fluentemente.
Si tratta di risultati decisamente importanti, poiché alcuni scienziati pensavano che questi videogiochi potessero essere utili solo nelle forme di dislessia visive e non invece per quelle linguistiche, più comuni. Ed è una scoperta che cambia completamente lo scenario degli attuali programmi di riabilitazione della dislessia. Se infatti un videogioco d’azione lavora anche sulle difficoltà linguistiche tipicamente mostrate dai bambini e dagli adulti con dislessia, significa che i ricercatori hanno trovato un potente e divertente alleato per combattere il disturbo del neurosviluppo più frequente al mondo, proprio grazie ad alcuni di quei videogiochi, non sempre troppo amati dai genitori. (C.T.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa IRCCS Medea-Associazione La Nostra Famiglia (Cristina Trombetti), ufficio.stampa@lanostrafamiglia.it.
La dislessia e gli altri disturbi specifici di apprendimento
Il più diffuso DSA (disturbo specifico di apprendimento) è la dislessia, cioè il disturbo specifico della lettura, che si manifesta e si evolve in concomitanza dell’inizio dell’attività scolastica, quando emergono le prime difficoltà nell’attivare in maniera fluente e senza affaticamento tutte quelle operazioni mentali necessarie per leggere, quali riconoscere le lettere singole, le sillabe e quindi le parole, associandole ai suoni corrispondenti. Frequenza degli errori e lentezza nella decodifica ne sono i tipici aspetti: il bambino può, per esempio, presentare difficoltà nel riconoscere, scambiandoli tra loro, grafemi che differiscono visivamente per piccoli particolari quali: “m” con “n”, “c” con “e”, “f” con “t”, “a” con “e”.
La persona con disortografia, invece, evidenzia la difficoltà a tradurre correttamente le parole in simboli grafici e a confondere il suono delle lettere (per esempio “f/v”, “t/d”, “p/b”, “c/g”, “l/r”).
Un terzo disturbo che impedisce alla persona di esprimersi nella scrittura in modo fluido è la disgrafia, caratterizzata da una grafia spesso illeggibile, da una pressione eccessiva sul foglio e dallo scarso rispetto degli spazi sul foglio.
C’è infine la difficoltà a comprendere simboli numerici e a svolgere calcoli matematici, conosciuta con il nome di discalculia. Stando ai dati, circa il 3% della popolazione studentesca è affetta da tale disturbo, che complica la lettura e la scrittura dei numeri e soprattutto l’elaborazione delle quantità. Gli errori collegati a questa problematica molto spesso non vengono riconosciuti nell’immediato. Diversi, infatti, sono i casi di discalculia erroneamente diagnosticati come dislessia.
L’AID (Associazione Italiana Dislessia)
È nata con la volontà di fare crescere la consapevolezza e la sensibilità verso il disturbo della dislessia evolutiva, che in Italia si stima colpisca circa 1.900.000 persone. L’Associazione lavora in particolare per approfondire la conoscenza dei DSA e promuovere la ricerca, accrescere gli strumenti e migliorare le metodologie nella scuola, affrontare e risolvere le problematiche sociali legate ai DSA. È aperta ai genitori e ai familiari di bambini dislessici, ai dislessici adulti, agli insegnanti e ai tecnici (logopedisti, psicologi, medici). (S.B.)