Non senza emozione, nella primavera scorsa, avevamo presentato la traduzione italiana del Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea. Uno strumento per attivisti e politici, adottato a Budapest il 28-29 maggio 2011 dall’Assemblea Generale dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, in seguito a una proposta giunta dal Comitato delle Donne dello stesso EDF.
Una volta prodotta [a cura di Simona Lancioni e Mara Ruele, N.d.R.], la traduzione italiana è stata sottoposta alla verifica dell’EDF, che in questi giorni ha accolto la richiesta di approvazione. Con piacere, dunque, rendiamo disponibile ai Lettori la versione italiana approvata dal Forum, ringraziando quest’ultimo per la disponibilità.
Per capire l’importanza di questo documento è necessario fare un passo indietro, e tornare al mese di agosto dello scorso anno, quando il Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità aveva richiamato l’Italia per la mancanza di misure rivolte alle specifiche esigenze delle donne e delle ragazze con disabilità, raccomandando che la prospettiva di genere venisse integrata nelle politiche per la disabilità, e che la condizione di disabilità venisse incorporata nelle politiche di genere.
Oltre a questo richiamo di carattere generale, lo stesso Comitato aveva espresso altre preoccupazioni, con riferimento specifico alla discriminazione di genere riguardo alle campagne di comunicazione di massa, alla violenza contro le donne, alla mancanza di accessibilità fisica e delle informazioni relative ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva e in merito al basso livello occupazionale delle donne con disabilità.
È questo un quadro reso ulteriormente drammatico dalla disattenzione dell’associazionismo di settore, il quale, a parte sporadiche e circoscritte iniziative, non è riuscito ad elaborare una riflessione, né ad avanzare una proposta politica complessiva che prenda in esame in modo congiunto il genere e la disabilità.
Il genere, infatti, è ancora considerato come una variabile neutra della quale non vale la pena occuparsi personalmente, e la cui competenza è rimandata all’associazionismo e ai movimenti femminili e femministi; i quali, dal canto loro, non ritengono di doversi occupare anche di disabilità. Accade così che la discriminazione multipla cui sono soggette le donne e le ragazze con disabilità, per il semplice fatto di essere simultaneamente sia donne che disabili, riscuota un interesse minimo o nullo e, in assenza di specifiche azioni di contrasto, persista indisturbata.
Ciò accade nonostante questo tipo di discriminazione sia esplicitamente riconosciuto e richiamato anche all’articolo 6 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dall’Italia con la Legge dello Stato 18/09).
Sono spesso le stesse donne con disabilità italiane a pensare che tutti i loro problemi derivino dall’avere una disabilità, e che le difficoltà dovute all’essere donne siano marginali o, comunque, secondarie rispetto a quelle imputabili alla disabilità. È evidente che – finché non ci disporremo ad assumere un’altra prospettiva – le possibilità di cambiamento saranno davvero scarse.
In un simile contesto, la nostra scelta di rendere linguisticamente accessibile il Secondo Manifesto ha il significato politico di sollecitare la riflessione su questi temi, e di richiamare con forza l’attenzione sull’urgenza di contrastare la discriminazione multipla delle donne e delle ragazze con disabilità.
In termini operativi, un primo segnale di inversione di marcia potrebbe scaturire dalle Associazioni che operano nel settore della disabilità, alle quali chiediamo di ratificare il Secondo Manifesto e di promuoverne la conoscenza a partire dal proprio interno, coinvolgendo soprattutto le donne (con e senza disabilità).
Un secondo passaggio potrebbe chiamare in causa le Federazioni Nazionali (FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e FAND-Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), per fare in modo che la riflessione sul contrasto alla discriminazione di genere diventi condivisa, traversale alle diverse Associazioni, e porti a proposte politiche di respiro nazionale, mirate e differenziate tenendo conto dei diversi tipi di disabilità.
Un terzo e ulteriore passaggio dovrebbe portare al coinvolgimento dell’associazionismo e dei movimenti femminili e femministi, non con vaghi inviti a occuparsi genericamente di donne e ragazze con disabilità, ma proponendo loro di aderire a proposte e iniziative specifiche, elaborate dalle stesse donne e ragazze con disabilità a partire dalle proprie esperienze, e dalle proprie esigenze e desideri.
Certo, si tratta di un piano ambizioso e coraggioso, che richiede impegno e fatica. Ma preoccuparsi solo di alcune discriminazioni (quelle legate alla disabilità), e non di altre (quelle legate al genere), significa disconoscere che le persone con disabilità – al pari di tutte le altre persone – sono uomini e donne e che, in quanto tali, hanno esigenze e desideri diversi. Pertanto, adottare il Secondo Manifesto vuol dire semplicemente impegnarsi a rendere visibile ed esplicita questa ovvietà, e anche ammettere che per le donne con disabilità il percorso verso la parità è molto più difficoltoso che per le altre donne (senza disabilità), e per gli uomini (con o senza disabilità).
Con piacere segnaliamo che la UILDM Nazionale (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) ha ratificato il “Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea”. Un apprezzabile gesto di attenzione.
A questo link (in formato .pdf) è disponibile il testo integrale del Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea. Uno strumento per attivisti e politici, adottato a Budapest il 28 e 29 maggio 2011 dall’Assemblea Generale dell’EDF (il Forum Europeo sulla Disabilità), in seguito a una proposta del Comitato delle Donne dell’EDF stesso, documento approvato dalla Lobby Europea delle Donne e realizzato alla luce della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
La versione in lingua italiana è stata curata da Simona Lancioni e Mara Ruele (Peccioli, Pisa, Informare un’H, 2017). Successivamente tale versione è stata ufficialmente approvata dal Forum Europeo sulla Disabilità.