Lascia a dir poco sgomenti, sin dal titolo, quanto abbiamo letto in questi giorni nel sito del Progetto Melting Pot Europa: La morte di Adan, minore curdo iracheno lasciato in strada assieme alla sua famiglia.
La terribile storia di cui si parla è appunto quella del piccolo Adan, morto a Bolzano tra sabato e domenica scorsi, per le complicazioni legate a una caduta e al decorso postoperatorio, inseriti nel quadro di salute di un ragazzo con una malattia grave come la distrofia muscolare.
La sua famiglia curda irachena, composta dai genitori e da quattro figli, era fuggita nel 2015 dall’Iraq in guerra, approdando in Svezia e ricevendo due anni dopo dal Paese scandinavo il diniego alla richiesta di protezione internazionale, con relativa minaccia di espulsione e rimpatrio coatto in Iraq, se non avesse provveduto ad allontanarsi volontariamente.
All’inizio di ottobre, quindi, era arrivata a Bolzano, dove però il locale Servizio di Integrazione Sociale, applicando rigidamente le norme vigenti, aveva sempre dato risposta negativa alla richiesta di prenderla in carico. E così, tra sostegno delle Associazioni (Caritas, SOS Bozen, Verdi, Comunità Islamica di Trento e Bolzano, Antenne Migranti, Gruppo Antifa Bolzano) e di singoli cittadini, peregrinando tra strade e uffici, si è arrivati all’incidente che ha portato poi alla morte del piccolo Adan.
«Questa vicenda umana – commenta una nota diffusa dalla UILDM Nazionale (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) – sta scuotendo in particolare le persone che conoscono la realtà delle patologie neuromuscolari. Quanto accaduto, però, crediamo riguardi tutti noi, in quanto persone, cittadini, genitori, figli, esseri umani, perché crediamo che il valore della vita e della dignità non possano mai essere messi in discussione, o in secondo piano».
«Per la UILDM – dichiara dal canto suo Marco Rasconi , presidente nazionale dell’Associazione – il tema dell’accoglienza, della presa in carico delle persone con disabilità, di famiglie in situazioni di fragilità, ancora di più se in fuga da Paesi in guerra e quindi in cerca di pace, di sicurezza, è un imperativo morale, civile. Non vogliamo entrare nel merito degli aspetti giudiziari della vicenda, sui quali stanno indagando e facendo verifiche le varie Autorità competenti. Voglio dire che considero impensabile e inaccettabile che una famiglia, nonostante segnalazioni e richieste di aiuto, di intervento, possa essere stata abbandonata a se stessa, in modo cieco e totalmente privo di umanità, buonsenso, dal nostro Stato, inteso nel senso più completo e ampio del termine».
«Non abbiamo parole – aggiunge Stefano Minozzi, presidente della UILDM di Bolzano – per esprimere la tristezza che ci pervade di fronte a fatti come questo. L’immigrazione è già una tragedia, ma per una persona con grave disabilità, che come noi sopporta ogni giorno tutta una serie di traversie, è ancora più difficile, diventando una “tragedia nella tragedia”. Addio piccolo Adan!».
«Questa vicenda – conclude Rasconi – è la tristissima conferma di quanto si possa e si debba lavorare ancora. Nell’unirci quindi con profonda partecipazione al dolore della famiglia di Adan, le offriamo il nostro aiuto, se lo vorrà. A loro e a tutte le persone che sappiamo vivono la tragedia della guerra, della povertà».
Una nota conclusiva è doverosa anche per chi, come noi, al pari del Presidente della UILDM di Bolzano, rimane senza parole di fronte a un fatto del genere: numerosi, effettivamente, sono stati gli organi di informazione che se ne sono occupati, non certo, però, nelle prime pagine, solitamente assai prodighe di particolari, invece, quando si parla di determninate vicende legate all’immigrazione. Non meriterebbe invece uno spazio in prima pagina, una tragedia causata da una palese violazione dei diritti umani, che costituisce una sconfitta per tutta la nostra civile società? (Stefano Borgato)