«Nel 1992 – viene sottolineato dall’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) – la ricerca Un posto per tutti aveva raccolto in tutta Italia solo 22 storie di lavoratori con sindrome di Down. Oggi le persone da noi conosciute che lavorano sono il 13%. In tal senso, la Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) è stata un importante riferimento normativo per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, ma le persone con questa condizione che lavorano sono ancora poche, in parte per i pregiudizi che continuano a frenare molti datori di lavoro, in parte per la scarsità dei servizi di accompagnamento necessari. Le esperienze ci dicono però che una persona con sindrome di Down, se correttamente inserita secondo il principio del collocamento mirato (“la persona giusta al posto giusto”), può esprimere una produttività tra il 60 e l’80%, ovvero un risultato importante e incoraggiante».
È proprio per questi motivi che negli ultimi anni – come abbiamo regolarmente riferito anche sulle nostre pagine – l’AIPD ha cercato di avviare nelle proprie 51 sedi altrettanti Servizi di Inserimento Lavorativo, che possano preparare e accompagnare questi giovani e le loro famiglie, ma anche offrire consulenza alle aziende. Ciò ha portato a una crescita continua di tirocini e inserimenti, non solo al Nord Italia, ma anche a Centro e al Sud, sempre basandosi da una parte sulla crescita dell’autonomia personale e sociale, dall’altra sull’apprendimento di un mestiere.
Ora, con il supporto economico del Gruppo LVMH, è stato organizzato dall’AIPD a Roma, per le giornate dall’11 al 14 dicembre (presso lo Scout Center di Largo dello Scoutismo, 1), un seminario di formazione per gli operatori impegnati su questi delicati temi. Spazio importante vi avranno gli aspetti legislativi e pedagogici, ma anche una migliore conoscenza del mondo del lavoro, per permettere un’interazione efficace tra il mondo delle aziende e quello del sociale.
«Prendo la busta paga con l’accredito in banca – racconta Gloria, lavoratrice con sindrome di Down – e quando finisco i soldi, li prendo col Bancomat. Da quando lavoro, la mia vita è cambiata in meglio: sono diventata una signora!».
«Lavorare – sottolinea Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell’AIPD – vuol dire acquisire un ruolo sociale, permettere a questi giovani di essere lavoratori con sindrome di Down. Non chiediamo ai datori di lavoro di essere più buoni, ma di essere più bravi, di lavorare insieme per permettere a questi giovani di offrire il loro contributo. E il loro contributo non sarà solo un pavimento pulito o un piatto ben servito, ma luoghi di lavoro più piacevoli e attenti alla diversità di tutti». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampaaipd@gmail.com (Marta Rovagna).