Prima di cominciare a scrivere, ho fatto, come ha detto Ezio Bosso: ho assaporato il silenzio cercando di cogliere l’ultima vibrazione della sua voce, fuori dal televisore, tra le mura di casa.
Ancora adesso è oltremodo difficile trovare le parole per commentare il ritratto che ne ha fatto Domenico Iannacone per I dieci comandamenti, su Raitre. Un successo pari a quello della puntata del 3 dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità (e addirittura replicata l’8 Dicembre), dove la figura di Pierpaolo, cinquantaduenne molisano con la sindrome di Down, ha emozionato i telespettatori, mostrando la sua fragilità senza filtri, ma anche senza paura [se ne legga già anche sul nostro giornale, N.d.R.].
«Sono un bel ragazzo, un bell’uomo», dice Pierpaolo di sé. Si piace, come tutti; ma da quando assiste la mamma novantaduenne con la malattia di Alzheimer, si trascura un po’. Non usa mai toni tragici e parole roboanti, nemmeno quando descrive i passaggi più duri della sua vita, come la morte del padre e il timore di perdere la mamma che, dice con profonda commozione, «è tutta la mia vita». Non usa parole forti nemmeno per esprimere l’amore profondo che l’ha legato a una fidanzata con cui è finita. Solo dolcezza, a volte desolata, ma sempre autentica. Un uomo soddisfatto della propria vita ricca di amici, di attività e di questa cura per la mamma e per una miriade di piccolissime cose che si illuminano sotto il suo sguardo. E che diventano importanti anche per lo spettatore, perché è facile immedesimarsi e riconoscersi nella stessa fragilità senza rimedio, ma mai arresa. Bellissimo il suo sguardo sulle nuvole, sulle piccole liturgie casalinghe. Perché «la bellezza – dice Pierpaolo – ognuno ce l’ha interiormente».
Una storia minima, difficile da portare in televisione, che poteva apparire piatta ed essere offerta come spunto per parlare dei limiti della nostra Legge sul caregiver [“assistente di cura familiare”, N.d.R.]. Un servizio con pochi dialoghi e molte immagini, quasi un film, che più che raccontare, testimonia. Una narrazione delicata e rispettosa che, stupore e commozione a parte, mette in evidenza non solo quanto siamo supponenti di fronte alla disabilità, ma anche quanto siamo arresi di fronte alla ricerca di una cifra stilistica che la rappresenti mediaticamente in maniera efficace e coinvolgente.
Quella di Ezio Bosso è una voce che, in contrasto con la grandezza del personaggio, fatica a uscire dal corpo; e porta con sé, dolcissima, tutta l’intensità di una vita fatta di passione per il lavoro «insieme agli altri» e di dedizione per la musica che «esiste a prescindere da noi: c’è nel canto degli uccelli, c’è nel vento, c’è nel silenzio, c’è nel mare». «Quando riguardo la mia vita – dice – penso che più che scegliere la musica è la musica che mi ha scelto. Forse perché io ne avevo bisogno più degli altri».
Questa volta Domenico Iannacone, bravo oltremisura, entra dentro la storia, ne diventa quasi il co-protagonista. Sembra a tratti che si offra come spalla a un Bosso stupefacente. Un’intervista straordinaria a un uomo che esprime la fatica del raggiungimento di un risultato attraverso un verbo – studiare – che ritorna spesso e che è adatto a tutti e non solo alle persone con disabilità:«Mi sento un uomo fortunato, lo sono. Quando incontri un sorriso, come fai a non essere fortunato? Ho dovuto imparare a sorridere, e ho studiato. E i sorrisi avvicinano più dei passi e aprono più porte delle chiavi».
L’energia vitale di certi suoi passaggi esistenziali si traduce in immagini poetiche, ma senza perdere concretezza:«La vita è fatta di gesti, e incontrarsi è un gesto. Aprire la porta è un gesto, questo è un gesto enorme perché anche dare fiducia è un gesto».
Ed è così, insieme, che Ezio Bosso e Domenico Iannacone sono entrati nelle nostre case. Non come intervistato e intervistatore, ma come una coppia affiatata, persone che hanno la passione per gli altri e che hanno preso gusto ad ascoltarsi, a cercarsi, a fidarsi l’uno dell’altro. Ad accompagnarsi. E che faticano a lasciarsi.
Bosso ha dato a Iannacone una sua foto con dedica: «Ti voglio bene. Continuiamo a viaggiare. Grazie per chi sei, Domenico…».
Iannacone, pubblicando quella foto su Facebook, scrive:«Caro Ezio, il nostro viaggio sta per iniziare. So quanta fatica tu abbia fatto in questi mesi e quanta paura tu abbia della televisione. Ricordi? Ci siamo detti che non bisogna mai sgualcire il fiore. Così ho fatto con te».
Questo è il miracolo televisivo di Iannacone che conduce «inchieste morali», così le chiama. Indaga con rispetto e delicatezza qualsiasi anfratto dell’esistenza umana o ambientale, considerando che l’ambiente è un’estensione umana e che le persone soffrono l’ambiente in cui vivono immerse. O ne vengono salvate, soprattutto se hanno una disabilità. E non ha importanza che si tratti del piccolo Pierpaolo o del grande Ezio.
«… mai sgualcire il fiore. Così ho fatto con te».
Le puntate dei Dieci comandamenti di Raitre del 3 e 10 dicembre, intitolate La cura (con la storia di Pierpaolo Martino) e La porta aperta (con la storia di Ezio Bosso), possono essere viste grazie al Servizio RaiPlay, accedendo rispettivamente a questo e a questo link (e registrandosi gratuitamente, per chi ancora non lo avesse fatto).