Ho sentito tutta l’emozione nella voce di Piera, quando è atterrata a Milano: si era voluta regalare un’impresa per i suoi 50 anni, un’impresa “eroica”, ovvero la 47^ Maratona di New York del 5 novembre.
Lo dicono tutti, lo ha detto anche l’atleta che guidava Piera ed era alla sua settima maratona: è la più bella e folkloristica del mondo. Tutta la città scende per strada, i bambini incitano gli atleti, c’è gente che suona, canta e balla tutto il giorno e sostiene chi corre… numerosa come sempre, nonostante l’attentato di pochi giorni prima nella “Grande Mela”.
Quest’anno gli italiani erano oltre tremila, tra cui i nostri quattro amici non vedenti di Brescia, Gigi Bertanza, Piera Loda, Sandra Inverardi e Marco Zingarelli.
Si sono preparati con cura per mesi, allenandosi con costanza e professionalità, con trainer volontari che condividono la passione per la corsa e partecipano al Blind Runner Project [“Progetto per podisti ciechi”, N.d.R.], nato all’interno dell’iniziativa Corri x Brescia, che grazie a loro si sta diffondendo sia in Italia che nel mondo.
E proprio nelle ultime settimane di lavoro più intenso, Piera ha subito un’infiammazione tendinea che l’ha costretta a interrompere gli allenamenti finali; ma quando c’è una preparazione atletica come la loro – lei sostiene – è la “testa” a fare il resto.
Queste sue parole mi hanno colpito. Piera, infatti, mi ha detto che «a un certo punto devi solo andare avanti cercando di non fare spegnere il cervello!». «Ma che significa?», le ho chiesto. «Che anche la concentrazione si può spegnere, subentrano i dolori e gli sforzi, la stanchezza di tante ore».
5 ore e 11 minuti il tempo di Piera, 4 ore e 58 quello di Sandra, 3 ore e 55 quello di Marco e 3 ore e 39 quello di Gigi, il primo dei quattro; ma lui è un fenomeno, un fuoriclasse supermedagliato in tante discipline e non ci meraviglia affatto.
Ricordiamo tra l’altro che solo qualche anno fa gli stessi Gigi e Piera avevano scalato il Monviso [se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.], loro non si fermano!
Il percorso della Maratona di New York non è tra i più facili, perché, in seguito ai ponti che si trovano lungo il percorso e alle salite della First Avenue e del Central Park, il dislivello verticale da superare ammonta a 253 metri e il tempo che si perde durante la corsa in salita purtroppo non si recupera nella successiva discesa.
I 42 chilometri e rotti di maratona partono dal Ponte di Verrazzano, attraversano Brooklyn e i Queens, poi, a circa metà gara (24 chilometri), sale il dislivello sul Queensborough Bridge (il ponte coperto che collega il quartiere dei Queens a Manhattan) e l’uscita da questo è forse il momento più emozionante, per l’inaspettata folla che attende i partecipanti. Da qui inizia la First Avenue, un lungo rettilineo di 5 chilometri, al termine del quale si attraversano il quartiere del Bronx e le strade di Harlem, proseguendo verso il centro di Manhattan ed entrando in Central Park, con un passaggio dietro al Metropolitan Museum, per poi riuscirne e rientrarvi negli ultimi 500 metri, fino all’arrivo, salutati da migliaia di persone in festa su 400 metri di tribune stracolme.
Il mio sentimento di gioia per questa bella impresa mi porta a fare molte congratulazioni a questi amici che da anni partecipano alle settimane di sci di fondo e discesa promosse dall’ADV (Associazione Disabili Visivi), pur essendo in particolare Sandra e Piera rispettivamente presidente e consigliera dell’UICI di Brescia (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti).
Ci aggiungiamo quindi al grido dei bambini che leggevano il nome di Piera sulla maglietta e vedendo il cordino che la legava per il polso alla sua guida, capivano e ne restavano affascinati, gridando entusiasti: «Go Piera, go»!