Agostino Baldan, classe 1948. Una gioventù semplice alle spalle, un risveglio amaro in adolescenza che, con tanto coraggio, è riuscito a trasformare in un futuro fatto di possibilità e rivincite. A 16 anni, infatti, è stato vittima di un gravissimo incidente sul lavoro durante il quale ha perduto un arto… Ma facciamo un passo indietro per conoscerne la storia.
Agostino nasce e cresce a Castel d’Azzano, in provincia di Verona, ultimo di cinque figli, e la sua fanciullezza è contornata da attenzioni e amore. Tutto va per il meglio fino al 15 novembre del ’64, il giorno in cui l’orologio della sua vita letteralmente si ferma alle 10,30. In quel momento il giovane sta lavorando a una troncatrice, quando i denti del disco ne agganciano la tuta di lavoro dalla parte del braccio sinistro. Un dolore lancinante quanto indescrivibile, questo è ciò che prova il giovane ragazzo trasportato d’urgenza all’Ospedale di Villafranca Veronese, dove subisce una serie di interventi ai quali seguono sei mesi di degenza. Mesi dopo torna a casa.
«Sono entrato giovane – spiega Agostino – e sono rientrato a casa adulto, provato e maturato molto in fretta, a causa delle tante prove che ho dovuto superare. Il dolore fisico mi stroncava e perdevo i sensi in seguito alle medicazioni. Non so come spiegarlo, ma è come se avessi vissuto due vite: una prima dell’incidente, una dopo l’evento».
Il vero calvario, però, inizia in seguito al ritorno a casa. «Non volevo assolutamente affrontare il giudizio delle persone – dice -, quelle che mi guardavano di sbieco e che mi facevano sentire un “marziano”. Era il ’65 ed io abitavo in un paese che contava 2.500 abitanti. Potete quindi immaginare cosa abbia significato tornare e capire di non essere capace di vestirmi autonomamente ogni mattina. Sono stati anni molto difficili. La mia vita è stata stravolta. Mentre sopravvivevo in questo grande buco, ho travolto anche tutta la mia famiglia, tutti i parenti e gli amici che, per fortuna, mi sono stati sempre vicini, con discrezione, ma tutti risoluti a portarmi fuori da quell’incubo. Poi ho scoperto, dopo circa un anno, che una possibile soluzione poteva consistere nel riprendere gli studi. Ho quindi iniziato a studiare in una scuola privata dove il diploma di ragioniere si poteva conseguire in un triennio con corsi di preparazione agli esami accelerati; è stata durissima, ma almeno non avevo tempo per pensare. Il dolore e la sofferenza che si leggeva negli occhi dei miei genitori, dei miei fratelli e di coloro che mi stavano vicino mi hanno spronato e aiutato a non arrendermi».
Agostino ottiene quindi il diploma a 22 anni, e grazie anche all’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori e Mutilati e Invalidi del Lavoro), si dedica alla ricerca di un nuovo impiego. Partecipa a tre concorsi del Ministero e ottiene un posto di lavoro. Si sposa nel ’76 e dal suo matrimonio nasce Greta.
Mi sento un privilegiato…
«Io sono un privilegiato», afferma più volte Baldan. E non lo dice tanto per dire, ne è convinto. Lo scruto nella speranza di riuscire a comprendere meglio il suo punto di vista. Lui se ne accorge e si accinge a spiegarmi meglio il concetto.
«A parte questo piccolo particolare, ho avuto quasi tutto dalla vita: mi sono realizzato professionalmente e nella società, nello sport come giocatore e poi come dirigente di tante persone che mi considerano e mi vogliono molto bene; ho una figlia meravigliosa che ha messo al mondo due splendide nipotine e non ho difficoltà economiche. In poche parole non ho nulla di cui lamentarmi. La mia esperienza mi ha aiutato a sviluppare un occhio di riguardo per le persone più deboli e che non hanno visibilità. Poi si è presentata la possibilità di farlo concretamente, con l’elezione a Consigliere in seno all’ANMIL di Verona».
Un team al servizio dei giovani
«Il mio impegno all’ANMIL – prosegue Agostino – consiste soprattutto nella gestione dei rapporti con i ragazzi delle scuole in qualità di testimonial, un incarico molto difficile, ma gratificante allo stesso tempo. Nelle scuole racconto ciò che può succedere lavorando, descrivo in particolar modo il recupero psicofisico dopo un infortunio, spiegando che, nonostante le difficoltà, se ne può uscire in maniera molto soddisfacente, naturalmente con molto impegno, perseveranza e anche con un pizzico di cattiveria».
Dei ragazzi si occupano anche Bruno Padovani vicepresidente dell’ANMIL scaligera e Davide Vernocchi, volontario dell’Associazione che, in passato, hanno vissuto sulla loro pelle le conseguenze di due gravi incidenti sul lavoro.
«Siamo davvero impressionati: i ragazzi sono sempre interessatissimi, pongono molte domande focalizzate sul lavoro, sulla sicurezza, sugli incidenti. Finora siamo stati in tre scuole: due volte ospiti della Scuola Media Montini di Castelnuovo del Garda, soprattutto per premiare gli studenti vincitori del Concorso Nazionale Primi in sicurezza, e poi in una Scuola Media di Zevio. Spero proprio di poter continuare a occuparmi di questo progetto con le scuole».
Agostino ammette che partecipare al progetto non è stato semplice e ha riscontrato qualche problema durante l’esposizione in pubblico perché del suo problema non parlava da ben cinquant’anni.
«Mi sono anche commosso un paio di volte – racconta – ma i ragazzi mi hanno stimolato a proseguire. Con loro ho parlato del dolore fisico e morale, di che cosa significa ricominciare tutto daccapo, ricostruire la propria vita, giorno per giorno e senza mai perdere la forza d’animo; infine, mostro loro come una persona con disabilità riesca ad essere autonoma, facendo vedere come riesco ad abbottonare il polsino della camicia oppure come mi vesto adoperando una sola mano. Il collega Vernocchi, invece, mostra come allacciarsi le scarpe e altri trucchetti acquisiti nel tempo con forza e tanta volontà. Ho molta fiducia nei giovani, noi dobbiamo partire da loro, da quelli che rappresentano la società del nostro domani. E cerco anche di spiegare che sia nello sport che nella vita di tutti i giorni, si possono ottenere ottimi risultati seppure in condizioni fisicamente svantaggiate. Basta voler arrivare, il segreto sta tutto in tre parole: volontà, volontà e ancora volontà».