Nel corso di un evento interamente sottotitolato, moderato da Pietro Barbieri, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Disabilità del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali [se ne legga già sulle nostre pagine, N.d.R.], è stato presentato il 22 dicembre scorso a Roma, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, il progetto europeo EU Disability Card, alla presenza di numerosi rappresentanti delle Associazioni aderenti a FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), tra i quali Antonio e Valeria Cotura per la FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi), Salvatore Nocera per la stessa FISH, Roberto Romeo per l’ANGLAT (Associazione Nazionale Guida Legislazione Andicappati Trasporti), oltre ad esponenti dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) e di chi scrive, per conto dell’ADV (Associazione Disabili Visivi).
Come ampiamente spiegato da Vincenzo Falabella e Franco Bettoni, presidenti rispettivamente di FISH e FAND, il progetto è risultato dal partenariato tra le due Federazioni più rappresentative a livello nazionale delle persone con disabilità, con un lavoro molto complesso durato oltre due anni, che ha coinvolto e messo in rete i diversi Ministeri ed Enti, per garantire snellezza nel riconoscimento dei diritti, recependo ovviamente la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, già ratificata nel 2009 dall’Italia [Legge 18/09, N.d.R.] e da altri 26 Stati Membri dell’Unione Europea.
Si è pensato in sostanza di realizzare a livello europeo una unica card per le persone con disabilità, per accedere a benefìci e agevolazioni al sistema dei trasporti e alle proposte di carattere culturale, sportivo e ricreativo. Una card, insomma, che possa consentire l’accesso alle persone con disabilità a tutti i servizi nei Paesi aderenti, con l’unificazione dei criteri e delle modalità di fruizione a musei, cinema, attrattive culturali e trasporti, in modo da semplificare la vita ai cittadini europei con disabilità, che oggi viaggiano molto di più sia per motivi di lavoro che di turismo.
La card stessa potrà diventare un incentivo sia morale che economico per le amministrazioni pubbliche e private dei servizi coinvolti, e potrà rappresentare un fattore di attrazione turistica in tutti i Paesi Membri dell’Unione Europea che vi aderiranno; per ora sono otto, ovvero, oltre all’Italia, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Malta, Slovenia e Romania; in tal senso, è da ritenere emblematico il fatto che i Paesi che per primi hanno aderito alla card abbiano delegato alla realizzazione del progetto le organizzazioni delle persone con disabilità.
EU Disability Card nasce dall’esigenza di concretizzare il Regolamento Europeo n. 1381/2013, che pone particolare attenzione riguardo all’accessibilità e al diritto di cittadinanza per i cittadini del Vecchio Continente, puntando quindi a unificare le regole e a semplificare la burocrazia dei diversi Stati.
Prendere un treno dall’Italia all’estero, ad esempio, non prevede gli stessi trattamenti da una nazione all’altra, sia in termini economici che di servizi di assistenza. C’è una molteplicità di comportamenti tra scontistiche e trattamenti economici da uno Stato all’altro.
In Italia si nota che il sistema dei trasporti andrebbe unificato, perché attualmente è normato a livello locale e regionale, e pertanto è molto disomogeneo. Sarebbe inoltre importante unificare anche i trasporti tra treno e gomma, in particolare per il servizio di assistenza alle persone con disabilità.
Marco Mancini, responsabile dei rapporti con le Associazioni del Gruppo Ferrovie dello Stato, ha confermato che «nel nostro Paese, grazie al servizio di assistenza ferroviaria operato a cura delle Sale Blu di Rete Ferroviaria Italiana, siamo a un buon livello, ciò che vale anche per i servizi alle persone con ridotta mobilità a cura degli aeroporti italiani». «Si potrebbe quindi pensare – ha aggiunto – di intervenire nel trasporto nazionale su gomma che le ferrovie stanno ampliando». «Possiamo osservare – ha concluso – che l’Italia può considerarsi pioniera per una serie di servizi: perché dunque, non estenderli ad altri Paesi, e/o ad altri tipi di servizi nei trasporti?».
La Disability Card, va puntualizzato, non è pensata come una semplice tessera analoga a quelle di fedeltà del supermercato, o come quelle utili ad accedere a sconti al cinema o ai teatri, bensì come un vero e proprio facilitatore per l’accesso ai servizi cittadini.
In altre parole, ci si propone di arrivare a un cambiamento sostanziale, passando da una condizione di modello medico-assistenziale della disabilità a un modello sociale, basato sul rispetto della persona, che invece del “bisogno di prendere un pullman”, passi al “diritto di prendere un pullman”.
Inoltre, pensando al fatto che ogniqualvolta viene promossa una normativa a favore delle persone con disabilità, accade che si generi una gran mole di burocrazia per accedere alle agevolazioni, tra le applicazioni pratiche della Disability Card potrebbe esserci anche quella di “facilitatore burocratico”.
Tra i diversi interventi da segnalare durante la presentazione, vi sono stati quelli di Andrea Venuto, disability manager del Comune di Roma e di Emiliano Monteverde, assessore alle Politiche Sociali del Municipio I di Roma Capitale, i quali hanno espresso il proprio parere favorevole alla Disability Card, sottolineando i problemi della Capitale in materia di accessibilità dei trasporti e dei servizi. Hanno inoltre offerto la propria disponibilità a fare in modo che si possa realizzare in via governativa il modello iniziale, partendo proprio da Roma Capitale, e cercando di capire insieme come e dove possa essere concretizzato. Roma, infatti, è una città che potrebbe vivere di turismo, ma che dovrebbe offrire servizi accessibili per tutti, ciò che allo stato attuale non accade, come ha verificato Venuto tramite una recente operazione di raccolta dati. «È necessario quindi modificare l’approccio – hanno sottolineato sia Venuto che Monteverde -, mettendo a sistema tutti gli Assessorati (Cultura, Spettacolo, Mobilità ecc.) che devono occuparsi di accessibilità a 360 gradi, e quindi anche di disabilità, non demandando il problema al solo Dipartimento delle Politiche Sociali».
Dopo un’ampia illustrazione del quadro generale della situazione europea di riferimento, a cura di Giampiero Griffo, componente del Direttivo dell’EDF (European Disability Forum), a entrare nel merito del progetto è stato Giovanni Merlo, direttore della LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH.
«Attualmente – ha spiegato – a fungere da “Disability Card” è il certificato di invalidità, ma i benefìci sono molto dissimili da caso a caso (riduzione, gratuità e combinazioni varie, alcune anche fantasiose), sulla base di un favore, di una concessione; pertanto ogni istituzione, ente o esercente decide autonomamente a che livello consentire l’accessibilità e l’usabilità, a seconda delle proprie possibilità e risorse. Questa proposta, invece, parte dal presupposto che non vorremmo uno sconto, ma dei servizi accessibili, cosa attualmente ancora lontana, e quindi serve appunto uno strumento che non discrimini, ma vincoli la società a permettere la partecipazione alla vita pubblica e culturale a tutti i cittadini, al di là della riduzione economica del biglietto».
Ora saranno sia le amministrazioni pubbliche che il mondo privato a dover costruire, insieme alle organizzazioni delle persone con disabilità, l’impalcatura della Disability Card, della quale al momento è stato realizzato un prototipo, in seguito a uno studio di fattibilità.
Per questo sarà fondamentale convincere le varie realtà ad adottarla, affinché sia conveniente non solo economicamente alle istituzioni, ma lo sia soprattutto a livello morale, sulla base di un’adesione volontaria. L’accesso alle migliori condizioni economiche sarà forse non il primo, ma il secondo passo: il primo, infatti, sarà quello di poter fruire del servizio, in maniera accessibile, come in Italia oggi sta avvenendo, ma “a macchia di leopardo”.
Secondo Carlo Giacobini, responsabile del Servizio HandyLex.org e direttore editoriale di «Superando.it», e Roberto Romeo, presidente dell’ANGLAT, la realizzazione della Disability Card produrrà due sfide, una legata alla pre-realizzazione, di tipo logico, l’altra alla post-realizzazione, di tipo organizzativo.
La prima è: a quali documentazioni si farà riferimento per l’erogazione della Disability Card? Ovvero quali saranno i criteri per il rilascio?
La seconda sfida, invece, è quella di sviluppare una nuova logica dell’accoglienza da parte dei servizi (dei trasporti, museali, cinematografici e culturali), mettendo in condizione chi eroga i servizi stessi di fare interventi sui mezzi pubblici, sugli apparati mobili, sulla rete, sulle applicazioni web accessibili, sulle fermate fisiche accessibili, senza barriere e con percorsi tattilo-vocali ecc.
Dal canto suo, Falabella ha tenuto a precisare che si è conclusa la fase progettuale e che attualmente la Card non esiste. Ha però ricordato che la Segreteria Nazionale della FISH è stata letteralmente assalita da messaggi e telefonate per chiedere le modalità per ottenerla, ciò che ben dimostra come da parte dei cittadini ultimi fruitori ci sia già un forte interesse.
Ora andranno quindi avviate le procedure per l’emanazione e la produzione concreta della card, nonché per la sua commercializzazione.
Per questa nuova fase, il Dicastero di cui Giuliano Poletti è ministro, quello del Lavoro e delle Politiche Sociali, sarà parte fondamentale. Purtroppo il Ministro non è potuto intervenire alla presentazione per ragioni istituzionali, ma lo ha ben rappresentato Raffaele Tangorra, direttore generale per l’Inclusione Sociale e per le Politiche Sociali del Ministero, attualmente punto di riferimento (Focal Point) dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, che monitora l’applicazione della Convenzione ONU.
Tangorra ha sottolineato le potenzialità di questo strumento, che a suo parere è possibile realizzare da parte del Governo. E sebbene non si sia purtroppo riusciti ad inserirlo nell’ultima Legge di Bilancio, si è dichiarato «fiducioso di trovare nelle forme legislative di competenza la modalità per andare oltre lo studio di fattibilità, compreso il finanziamento alla produzione fisica, convincendo le amministrazioni del suo potenziale futuro utilizzo, come ad esempio munendo la Card di un chip e applicandola sulle autovetture per passare i varchi elettronici ZTL (Zone a Traffico Limitato) sia in tutta Italia, cosa che costituirebbe già una notevole unificazione, sia a livello europeo».
L’ente erogatore della Card potrebbe essere l’INPS, una volta stabilito il criterio di scelta per gli aventi diritto. A tal proposito è intervenuto Rocco Lauria, direttore centrale per le Invalidità Civili dell’Istituto, che ha confermato questa possibilità, essendo l’INPS l’Ente che effettua le pratiche di riconoscimento delle invalidità e che dal 2010 in poi possiede i database unificati. Per questo potrebbe essere utilizzato come agenzia unica per censire le persone con disabilità.
Lauria ha sottolineato inoltre che il potenziale da poter sfruttare con la tecnologia è notevole, dal momento che tutte le informazioni (anche sanitarie) possono essere contenute in un chip nella Card. Pertanto, come accennato, questa potrebbe diventare un facilitatore per una serie di servizi, anche se già erogati.
Devo ammettere, in conclusione, di essere partita piuttosto scettica sull’idea della Disability Card. Alla luce però di quanto ho potuto ascoltare alla presentazione di Roma, ho cambiato idea, cogliendo l’importanza e l’utilità di questo nuovo strumento.
La speranza, quindi, è che i buoni propositi espressi siano seguiti da concreti provvedimenti attuativi, auspicio espresso durante le sue conclusioni anche da Falabella, che si è augurato appunto di vedere in questo 2018 il passaggio della Disability Card da progetto a realtà.
Esperta di accessibilità del web dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), con delega per le problematiche ICT (Information and Communications Technology).
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