Attraverso una serie di esperimenti su oltre 350 bambini, è emerso come la percezione dei bambini con dislessia sia, per alcuni aspetti, opposta ai bambini con sviluppo tipico. Se normalmente, infatti, il mondo circostante viene percepito prima per le sue caratteristiche globali (le forme grossolane), utilizzando l’emisfero destro del nostro cervello e successivamente per le caratteristiche locali (i dettagli) grazie al nostro emisfero sinistro, le persone con dislessia mostrano una precedenza per la percezione locale su quella globale.
È quanto emerge da uno studio condotto da un team di giovani ricercatori e recentemente pubblicato dalla prestigiosa rivista «Scientific Reports». Il gruppo di lavoro, coordinato da Andrea Facoetti (Laboratorio di Neuroscienze Cognitive dello Sviluppo del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova) e Simone Gori (Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo), entrambi consulenti scientifici dell’IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini (Lecco), e guidato da Sandro Franceschini dell’Università di Padova, è composto anche da Sara Bertoni del medesimo Ateneo e da Tiziana Gianesini dell’AGBD (Associazione Sindrome di Down) di Verona.
La dislessia, lo ricordiamo, è un disturbo specifico della lettura che colpisce una grande parte della popolazione e rappresenta il disturbo neuroevolutivo più comune, per le possibili conseguenze a livello scolastico, lavorativo e sociale [della dislessia e degli altri DSA-disturbi specifici di apprendimento, si legga anche nel box in calce, N.d.R.]. Essa può provocare problemi di vario tipo ai bambini che ne sono affetti e divenire un costo per le famiglie, le scuole e la società.
«Ebbene – dichiara Sandro Franceschini – il nostro team ha scoperto che nei bambini con dislessia la percezione locale precede quella globale e che se vengono utilizzati trattamenti riabilitativi di tipo visivo, uno dei quali basato su alcuni specifici tipi di videogiochi, si riesce a migliorarne le abilità di lettura, modificandone la percezione e portando le informazioni globali a precedere quelle locali. Quindi, non solo il nostro studio evidenzia una peculiarità che prima non era nota nelle persone con dislessia, ma propone anche dei trattamenti che si sono già dimostrati efficaci per contrastare il problema».
«Un altro dato estremamente importante che emerge da questo studio – aggiunge Andrea Facoetti – è il legame causale che emerge dallo studio longitudinale fra questa percezione alterata e lo sviluppo della dislessia. Abbiamo dimostrato infatti che i bambini che presentano questa peculiare modalità percettiva prima di imparare a leggere, durante l’ultimo anno della scuola dell’infanzia, sono gli stessi bambini che svilupperanno difficoltà di lettura durante la scuola elementare. L’insieme dei risultati ottenuti sfida il concetto di dislessia come un problema esclusivo dell’emisfero sinistro, evidenziando come una disfunzione dell’emisfero destro sia una delle cause del disturbo specifico di lettura».
Si tratta dunque di una scoperta che cambia completamente lo scenario degli attuali programmi di riabilitazione della dislessia, sempre concentratasi, finora, su aspetti linguistici. A quanto pare, invece, gli aspetti percettivi sono almeno di eguale importanza e in tal modo si apre la strada a possibili programmi di prevenzione, attivabili prima dell’apprendimento della lettura. (C.T.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa IRCCS Eugenio Medea (Cristina Trombetti), cristina.trombetti@bp.lnf.it.
La dislessia, gli altri disturbi specifici di apprendimento e l’AID
Il più diffuso DSA (disturbo specifico di apprendimento) è la dislessia, cioè il disturbo specifico della lettura, che si manifesta e si evolve in concomitanza dell’inizio dell’attività scolastica, quando emergono le prime difficoltà nell’attivare in maniera fluente e senza affaticamento tutte quelle operazioni mentali necessarie per leggere, quali riconoscere le lettere singole, le sillabe e quindi le parole, associandole ai suoni corrispondenti. Frequenza degli errori e lentezza nella decodifica ne sono i tipici aspetti: il bambino può, per esempio, presentare difficoltà nel riconoscere, scambiandoli tra loro, grafemi che differiscono visivamente per piccoli particolari quali: “m” con “n”, “c” con “e”, “f” con “t”, “a” con “e”.
La persona con disortografia, invece, evidenzia la difficoltà a tradurre correttamente le parole in simboli grafici e a confondere il suono delle lettere (per esempio “f/v”, “t/d”, “p/b”, “c/g”, “l/r”).
Un terzo disturbo che impedisce alla persona di esprimersi nella scrittura in modo fluido è la disgrafia, caratterizzata da una grafia spesso illeggibile, da una pressione eccessiva sul foglio e dallo scarso rispetto degli spazi sul foglio.
C’è infine la difficoltà a comprendere simboli numerici e a svolgere calcoli matematici, conosciuta con il nome di discalculia. Stando ai dati, circa il 3% della popolazione studentesca è affetta da tale disturbo, che complica la lettura e la scrittura dei numeri e soprattutto l’elaborazione delle quantità. Gli errori collegati a questa problematica molto spesso non vengono riconosciuti nell’immediato. Diversi, infatti, sono i casi di discalculia erroneamente diagnosticati come dislessia.