Grazie a un emendamento alla Legge di Bilancio per il 2018, approvata poco prima di Natale, circa 200.000 educatori e pedagogisti vedranno finalmente riconosciuta la loro professione, con una distinzione tra educatore professionale socio-sanitario ed educatore professionale socio-pedagogico.
Oltre ad esprimere grande soddisfazione, chi scrive vuole ringraziare la deputata Vanna Iori, per avere voluto con forza questo “storico” traguardo. Infatti, con tale provvedimento, queste due importantissime figure professionali potranno uscire dall’ombra ed espletare finalmente con “diritto di cittadinanza” il loro lavoro educativo e pedagogico, reso sempre più imprescindibile e cogente dai grandi cambiamenti culturali in atto e dalle sfide della modernità e della società della conoscenza.
Si tratta certamente di un atto legislativo dal notevole significato politico, perché, proprio sul filo di lana della Legislatura, le Camere, dimostrando grande senso di responsabilità, sono riuscite ad emergere dal grave stato di empasse in cui versava ormai da un anno e mezzo a Palazzo Madama il Disegno di Legge n. 2443 (Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista), già approvato alla Camera nel giugno del 2016 come provvedimento C 2656.
In sostanza, il comma 115 bis della Legge di Bilancio definisce le figure professionali di educatore professionale socio-sanitario, educatore professionale socio-pedagogico e pedagogista, tracciando la loro formazione. «All’educatore professionale socio-sanitario – vi si legge – continuano ad applicarsi le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 8 ottobre 1998, n. 520. L’esercizio della professione di educatore professionale socio-pedagogico è subordinato al conseguimento della qualifica attribuita a seguito del rilascio del diploma di un corso di laurea della classe di laurea L-19 Scienze dell’educazione e della formazione e la qualifica di educatore professionale socio-sanitario è attribuita a seguito del rilascio del diploma di laurea abilitante di un corso di laurea della classe L/SNT2 delle professioni sanitarie della riabilitazione. La qualifica di pedagogista è attribuita a seguito del rilascio di un diploma di laurea abilitante nelle classi di laurea magistrale LM-50 Programmazione e gestione dei servizi educativi, LM-57 Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua, LM-85 Scienze pedagogiche o LM-93 Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education».
Il comma 115 ter stabilisce poi i servizi in cui educatore professionale socio-pedagogico e pedagogista devono operare, mentre i commi 115 quater, quinquies e sexties disciplinano la fase transitoria, scrivendo che «possono acquisire la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico, previo superamento di un corso intensivo di formazione per complessivi 60 crediti, da svolgersi presso le università, anche tramite la formazione a distanza, coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono in possesso di determinati requisiti e intraprendono i corsi intensivi entro tre anni. Acquisiscono direttamente la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono titolari di un contratto di lavoro a tempo indeterminato negli ambiti professionali definiti dalla legge e abbiano almeno cinquanta anni di età e dieci anni di servizio oppure almeno venti anni di servizio. Chi ha svolto l’attività documentata di educatore per un periodo minimo di dodici mesi, anche non continuativi, può continuare ad esercitare l’attività di educatore ma non può avvalersi della qualifica di “educatore professionale socio-pedagogico”: tuttavia il mancato possesso della qualifica di “educatore professionale socio-pedagogico” o di “educatore professionale socio-sanitario” non può costituire, direttamente o indirettamente, motivo per la risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro in corso alla data di entrata in vigore della presente legge».
A questo punto, il nostro auspicio è che, in sede di Decreti Attuativi, si possano effettuare interventi correttivi al provvedimento appena approvato, affinché venga riconosciuto pure il profilo del pedagogista esperto in Scienze Tiflologiche*, operatore ritenuto da noi strategico ed essenziale, per una proficua inclusione degli alunni e studenti con disabilità visiva.
Infatti, gli attuali operatori tiflologici dei Centri di Consulenza Tiflodidattica (CCT) della Federazione Nazionale Istituzioni Pro Ciechi e della Biblioteca per i Ciechi Regina Margherita di Monza, nonostante abbiano maturato ormai da anni una comprovata esperienza e un’elevata professionalità, a causa del loro mancato riconoscimento giuridico, sono costretti a lavorare in una sorta di “limbo” e in una situazione di cronica precarietà di ruolo, funzionale ed economica.
Istituzionalizzare una volta per tutte il profilo del pedagogista esperto in Scienze Tiflologiche, infatti, non significherebbe voler eliminare i docenti per il sostegno o ridimensionarne l’insostituibile ruolo inclusivo, quanto piuttosto ri-proporre e ri-affermare definitivamente la necessità della specificità tiflologica nel processo di educazione e di istruzione dei ciechi e ipovedenti, anche e soprattutto nel Terzo Millennio.
*La Tiflologia è la scienza che studia le condizioni e le problematiche delle persone con disabilità visive, al fine di indicare soluzioni per attuarne la piena integrazione sociale e culturale.