Il 18 febbraio 1906 nasceva un grande medico che osservò con grande attenzione molti bambini con diversi problemi nella comunicazione sociale. Si chiamava Hans Asperger e definiva i suoi bambini come “piccoli professori”.
In effetti, molti grandi geni dal comportamento sociale particolare vengono considerati dei probabili Asperger, da Mozart ad Einstein, fino al matematico Alan Turing, passando per gli attori Dan Akroyd, Daryl Hannah e David Byrne.
Ancora pochissimi, però, sanno cosa sia, e chi ne sa qualcosa, spesso ne parla in termini di “malattia”. Nulla di più sbagliato. Perché questo va a colpire pesantemente la dignità e l’autopercezione di migliaia di ragazzi, soprattutto in un periodo della vita già di per sé caratterizzato da un’autostima fragile e da una personalità non completa. Certe affermazioni sbagliate finiscono per fare dei grossi danni.
Il deficit centrale che si riscontra nelle persone Asperger (dette colloquialmente anche “Aspie”) è la compromissione delle abilità sociali, cioè la difficoltà che la persona presenta nelle interazioni sociali quotidiane con gli altri.
Ciò che la persona con la sindrome di Asperger fa fatica a comprendere è che le interazioni sociali sono per loro natura reciproche, e non sa usare le abilità sociali di base che sono così spontanee per tutti gli altri. Questo condiziona l’abilità della persona di socializzare e comunicare efficacemente con gli altri. L’avere buone abilità sociali, infatti, è assolutamente una condizione vitale per avere buone relazioni con gli altri, ed è per questo che le persone affette dalla sindrome di Asperger sperimentano difficoltà in molte aree della loro vita, dalla scuola al lavoro.
Spesso i bambini e i ragazzi Asperger sono etichettati come bizzarri, esagerati, maleducati, timidi, svogliati, ribelli. Invece, semplicemente, non sono compresi nelle loro difficoltà. La maggior parte di loro desiderano inserirsi e avere interazioni con gli altri, semplicemente non sanno come fare. Spesso hanno problemi nel fare e mantenere amicizie e se hanno degli amici, queste relazioni possono essere indebolite o rovinate. Spesso poi, nell’adolescenza, vengono isolati e in certi casi anche bullizzati.
Purtroppo, la situazione in Italia è in ritardo rispetto a quella di tanti altri Paesi. Non esiste una politica comune sullo spettro autistico e le famiglie vengono abbandonate a se stesse. Spesso le diagnosi, quando ci sono, arrivano tardi, dopo numerose visite a specialisti che non ne sanno nulla, dopo anni di frustrazioni e incomprensioni: ci sono ragazzi sanissimi finiti imbottiti di farmaci o rinchiusi nei reparti di neuropsichiatria, perché non riconosciuti nella loro neurodiversità.
È importante ricordare che non vi è un bambino, ragazzo o adulto con la sindrome di Asperger uguale a un altro. Esattamente come i neurotipici sono diversi tra loro, anche i neurodiversi non si assomigliano affatto. Ognuno è una persona con i suoi tratti distintivi: la sindrome si manifesta diversamente, anche per quanto riguarda l’intensità dei sintomi, in ogni soggetto. Poiché si parla di uno spettro, ci sono differenze anche sottili tra un caso e l’altro e questo rende la diagnosi più difficile.
La diagnosi è il miglior modo di aiutare questi soggetti a funzionare meglio nella vita sociale e ad avere il supporto adeguato per garantire una vita autonoma e soddisfacente, arricchendo il mondo della loro capacità originale di vedere le cose. E la diagnosi dovrebbe essere sempre fatta da un professionista qualificato con esperienza nei disturbi dello spettro dell’autismo e nello specifico nella sindrome di Asperger.