In occasione della Giornata Internazionale delle Donne dell’8 marzo, è stata Ana Peláez Narváez, vicepresidente dell’EDF, il Forum Europeo della Disabilità, a sollevare a Ginevra, presso il Consiglio dell’ONU sui Diritti Umani, la questione del diritto delle donne con disabilità ad accedere alla giustizia.
Nel mondo, infatti, continua ad essere negato l’accesso alla giustizia a milioni di donne con disabilità, donne che incontrano ogni tipo di difficoltà quando cercano di rivendicare i propri diritti nei tribunali, da barriere simboliche, come gli stereotipi negativi che permeano il lavoro di tutti i professionisti coinvolti nel sistema giudiziario, a ostacoli puramente materiali ed evidenti, legati all’inaccessibilità dell’ambiente fisico e della comunicazione. Tutte situazioni che impediscono sistematicamente a donne e ragazze con disabilità di esercitare questo diritto fondamentale.
«Noi, donne con disabilità – ha dichiarato a Ginevra Peláez Narváez – che siamo circa 49 milioni in Europa e più di 600 milioni nel mondo, sappiamo molto bene che cosa significhi avere i nostri diritti violati e vedere quanto poco o nulla è stato fatto per proteggere questi nostri diritti».
A questo punto è quasi superfluo sottolineare come per le donne con disabilità vittime di violenze di genere sia un risultato importante ottenere giustizia in tribunale. Lo è in considerazione del fatto che il sistema tende generalmente a sottovalutare le loro testimonianze, in special modo quando la donna che denuncia ha un disabilità intellettiva o psicosociale oppure è sordo-cieca.
Queste donne affrontano molte difficoltà in tutte le fasi che portano alla denuncia e al processo. Risultano infatti inaccessibili i servizi di prevenzione, protezione e supporto contro la violenza e gli abusi e a volte gli operatori delle autorità responsabili della raccolta delle denunce non sono affatto formati su come approcciare le donne con disabilità quando riportano episodi di violenza, maltrattamento e abuso. Infine – e purtroppo – tra molte donne con disabilità manca ancora la consapevolezza di essere titolari di diritti, né si può certo dimenticare la particolare situazione di vulnerabilità delle migliaia di donne con disabilità che sono state sottoposte ad interdizione e che non possono accedere direttamente ai sistemi di giustizia, in caso di violazione dei loro diritti, se non attraverso un intermediario, tutore, curatore o amministratore di sostegno che sia e che agisca per loro.
«Come risultato della recente pubblicazione di un Report redatto dall’EDF e dalla Fondazione Donne del CERMI (Comité Español de Representantes de Personas con Discapacidad), chiediamo a tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea – ha concluso Peláez Narvaez – di riconoscere pubblicamente le violazioni dei diritti umani subite dalle moltissime ragazze e donne con disabilità sottoposte, nel passato e ancora nei giorni nostri, a sterilizzazione forzata, nonché di adottare misure riparatorie per il danno che hanno causato queste pratiche contrarie ai diritti umani».
Ringraziamo Luisella Bosisio Fazzi per la collaborazione.
Per ulteriori informazioni: An-Sofie Leenknecht (ansofie.leenknecht@edf-feph.org).
Per approfondire ulteriormente il tema qui trattato, va considerato innanzitutto il lungo elenco dei contributi più recenti da noi pubblicati, disponibile a fianco dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite (a questo link).
Suggeriamo inoltre ai Lettori di accedere anche alle Sezioni dedicate rispettivamente ai temi Donne con disabilità e La violenza nei confronti delle donne con disabilità, presenti nel sito del Centro Informare un’H.