«Un vuoto incolmabile si è aperto tra di noi per la perdita dolorosa di Francesco, uomo mite, cordiale e affettuoso con tutti»: così ci scrive da Torino Rocco Rolli dell’Associazione Tactile Vision, informando della scomparsa di Francesco Fratta, consigliere nazionale dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e Ipovedenti), nella cui Direzione era specificamente incaricato di occuparsi dell’accessibilità dei culturali e dei servizi librari.
«Tutta l’Unione – è il messaggio diffuso dalla Presidenza Nazionale dell’UICI – si stringe affettuosamente attorno alla famiglia di Francesco di cui vogliamo ricordare l’entusiasmo e la passione nel promuovere attività e progetti per l’affermazione del diritto di accesso alla cultura dei ciechi e degli ipovedenti».
Per ricordare degnamente la figura di Fratta, Rolli ha anche inviato alla nostra redazione l’ultimo testo da lui prodotto, in occasione dell’inaugurazione, nel febbraio scorso, della mostra dedicata alle sculture sulla Via Crucis di Emilia Pozzo La Ferla, intitolata “Metti la tua mano”. Sulla via della croce con il cuore e le mani e ospitata dal Santuario della Consolata di Torino, evento pensato e realizzato per essere avvicinato e letto anche da persone non vedenti o con deficit comunicativi sensoriali, del quale si è occupato anche il nostro giornale.
Ben volentieri riprendiamo qui di seguito quel testo, che oltre le stesse annotazioni dedicate all’accessibilità dell’evento di Torino, evoca in modo evidente tutta la statura umana e culturale di Francesco Fratta. (S.B.)
La Via Crucis di tutti e per tutti
di Francesco Fratta
La Via Crucis di Emilia Pozzo La Ferla, realizzata in terracotta non dipinta in altorilievo, colpisce per diversi suoi aspetti, come le prospettive insolite che caratterizzano alcune sue stazioni, come il leggero stacco delle figure rispetto al piano di terra su cui poggiano, o come alcuni gesti o posture di questo o quel personaggio che indicano in modo semplice – ma estremamente intenso ed efficace – una data condizione interiore emotiva e spirituale, che potrebbero a tutta prima risultare un po’ spiazzanti rispetto all’iconografia tradizionale.
Tuttavia, l’estrema essenzialità delle immagini, composte sempre con pochi e precisi elementi e mai sovrabbondanti di dettagli, gli inconsueti angoli visuali in cui vengono presentati talvolta i personaggi e le situazioni, ed eventuali altre piccole anomalie tecniche adottate per meglio rendere leggibile al tatto ogni momento ed aspetto dell’opera, non ne disturbano affatto la pura visione, ed anzi la sollecitano a non disperdersi e a rimaner concentrata sui pochi particolari significativi, ad alto valore simbolico, che ciascuna raffigurazione immancabilmente offre all’esplorazione delle mani quanto allo sguardo.
Così, per fare solo alcuni esempi, la veemenza dei tre uomini che col volto alterato dalla rabbia puntano gli indici ben evidenti contro Gesù nella prima Stazione, veemenza alla quale Gesù non oppone altro che uno sguardo raccolto e silenzioso; o, al momento della prima caduta, lo sforzo deciso per rialzarsi subito e riprendere il cammino, espresso dalla posizione dei piedi, delle ginocchia e delle mani, e di un corpo inarcato che non vuol cedere alla fatica, posture che cambiano nella seconda e nella terza caduta, col progressivo cedere del corpo che riesce ad opporre sempre minor resistenza al pesante fardello e deve ogni volta accrescere lo sforzo per rialzarsi e proseguire, a significare la dedizione e la fatica che ci vogliono per compiere fino in fondo il proprio dovere.
E la tenerezza e lo struggimento materno rappresentato nella quarta Stazione, tutti racchiusi in quei volti così vicini che si guardano negli occhi e simboleggiati così potentemente dalla mano di Maria che accarezza la guancia di suo figlio e dalla lacrima che le scende sul volto…
…e la Veronica, rappresentata come una giovane donna, e come tale capace di slanci puri e sinceri che sfidano il divieto delle guardie per andare a detergere il volto di Gesù che gli insulti e la sofferenza hanno lordato e intriso di sudore, e che non avendo a disposizione altro che il proprio manto, se lo leva dal capo e ci mostra che aver cura della dignità di una persona è molto più importante che l’attenzione dedicata a un nostro oggetto personale.
E poi, il corpo di Gesù che si contorce dal dolore (11a Stazione) dopo che gli è stato piantato il primo chiodo nel polso sinistro, ci rappresenta insieme una sofferenza indicibile e la freddezza di chi si accinge a rinnovarla ancora, preparandosi a conficcare un altro chiodo in quel corpo già tanto martoriato, e lo strazio di Maria al momento della sepoltura, simboleggiato dal suo corpo prostrato e sorretto da Giovanni (14a Stazione).
Furore accusatorio, pietà, tenerezza e struggimento, umiliazione e dolore tormentoso, generosa cura della dignità, fatica e sforzo indicibile, strazio inconsolabile per la morte di un figlio, ognuno di questi sentimenti umani è rappresentato in questa Via crucis con pochi ma straordinariamente emblematici particolari che l’artista sa far “vedere” anche a chi non possiede il dono della vista.
Con quest’opera anche i ciechi potranno dunque vedere immagini che, per la loro nettezza ed incisività, si fisseranno nella loro mente come altrettante icone. E non credo che le cose andranno molto diversamente per chi queste tavole le vedrà con gli occhi anziché con le mani. Ed anche questo, cioè il rendere accessibile in pari misura l’opera a chi vede e a chi non vede, credo sia un altro indiscutibile merito di questa Via Crucis.