Donne e ragazze con disabilità: l’Europa deve fare molto di più

L’11 luglio scorso il CESE - il Comitato Economico e Sociale Europeo che rappresenta le diverse componenti economiche e sociali della società civile organizzata - ha invitato le Istituzioni Europee e gli Stati Membri dell’Unione a fare molto di più per tutelare circa 40 milioni di donne e ragazze con disabilità, che nella società del Vecchio Continente devono costantemente far fronte a una discriminazione dalle molteplici forme, dovuta sia al loro genere che alla loro disabilità, e che spesso le porta all’esclusione sociale, caratterizzandole come uno dei gruppi più vulnerabili ed emarginati
Gunta Anča, relatrice del CESE sulla condizione delle donne e ragazze con disabilità, Bruxelles, luglio 2018
Gunta Anča, in primo piano, al Parlamento Europeo di Bruxelles, mentre espone il parere esplorativo del CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo), sulla condizione delle donne e delle ragazze con disabilità

L’11 luglio scorso – come riferito anche su queste pagine – il CESE, ovvero il Comitato Economico e Sociale Europeo che rappresenta le diverse componenti economiche e sociali della società civile organizzata, ha invitato le Istituzioni Europee e gli Stati Membri dell’Unione a fare molto di più per tutelare le donne e le ragazze con disabilità, che nella società del Vecchio Continente devono costantemente far fronte a una discriminazione dalle molteplici forme, dovuta sia al loro genere che alla loro disabilità, e che spesso le porta all’esclusione sociale.

In un Parere sull’argomento (disponibile a questo link), il CESE osserva che l’Unione Europea e gli Stati membri «non dispongono di un quadro giuridico solido atto a tutelare e garantire i diritti umani di tutte le donne e le ragazze con disabilità». Ma non solo: da un lato, infatti, «le politiche di genere non tengono conto della questione della disabilità», mentre specularmente, dall’altro lato, «gli Stati non hanno integrato una prospettiva di genere nelle loro strategie in materia di disabilità, il che contravviene alla legislazione in vigore in questo settore».
«Le donne con disabilità hanno bisogno di un sostegno ad hoc – ha dichiarato la relatrice del testo Gunta Anča dinanzi all’Assemblea plenaria – eppure non viene loro riservata un’adeguata attenzione in nessuna delle strategie dell’Unione Europea, né nella strategia dedicata alle donne né in quella a favore delle persone con disabilità. È come se queste donne non esistessero, come se valessero meno del resto della popolazione».

Nel proprio Parere il CESE ha anche esortato l’Unione e gli Stati membri ad attuare la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e in particolare il sesto articolo, relativo appunto alle donne con disabilità. Ha invitato poi ad utilizzare i propri fondi per aiutare gli Stati Membri a promuovere l’accessibilità e la non discriminazione nei confronti delle donne e delle ragazze con disabilità. E ancora, ha insistito sull’importanza che l’Unione e gli Stati Membri aderiscano alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e contro la violenza domestica: rispetto alle altre donne, infatti, quelle con disabilità sono da tre a cinque volte più esposte al rischio di diventare vittime di violenza. Ha chiesto infine un migliore accesso all’assistenza sanitaria per queste donne, tanto ai servizi specificamente concepiti per le persone con disabilità, quanto a quelli di assistenza sanitaria di carattere più generale. Infatti, le strutture e le attrezzature per l’assistenza sanitaria – comprese le apparecchiature per la mammografia e i lettini per gli esami ginecologici – presentano spesso problemi di accessibilità fisica, cosicché le donne con disabilità finiscono per essere escluse da misure di medicina preventiva, ad esempio dagli screening per i tumori al seno.

«Pur rappresentando il 16% della popolazione femminile totale in Europa – ha puntualizzato Gunta Anča – ovvero 40 milioni di donne, la categoria delle donne e delle ragazze con disabilità è una delle più vulnerabili ed emarginate nella società europea. Molti responsabili politici semplicemente ignorano questo gruppo, e mancano sufficienti studi e dati statistici al riguardo. E non solo la condizione delle donne e delle ragazze con disabilità è peggiore rispetto a quella delle donne non disabili, ma lo è anche rispetto a quella degli uomini con disabilità. Esse, inoltre, sono spesso escluse da un’istruzione e da una formazione inclusive, e presentano un basso tasso di occupazione: 18,8%, rispetto al 28,1% degli uomini con disabilità che hanno un lavoro. Non assumono ruoli guida o dirigenziali e non prendono sufficientemente parte alla vita politica né alla vita pubblica. Tutti questi fattori le espongono a un rischio maggiore di esclusione sociale e di povertà».

Proseguendo nell’analisi del Parere prodotto dal CESE, va sottolineato che esso mette particolarmente l’accento sui diritti sessuali e riproduttivi, spesso negati alle donne con disabilità a causa di stereotipi e pregiudizi dannosi, presenti sia all’interno della cerchia familiare che nella comunità di appartenenza.
«In molti casi – ha ricordato Anča – alle donne con disabilità viene consigliato di sottoporsi alla sterilizzazione, ripetendo loro che è meglio non avere bambini. Chi tra queste donne desidera avere figli trova scarsissimo sostegno. Noi chiediamo quindi di porre fine alle sterilizzazioni forzate e insistiamo perché a tutte le donne sia riconosciuto il diritto di decidere in piena autonomia se conservare la loro fertilità o fondare una famiglia».
«Alcune leggi – ha concluso la relatrice del CESE – impediscono alle donne con disabilità di prendere decisioni in merito alla loro vita. Diversi ostacoli si frappongono inoltre all’esercizio dei loro diritti di cittadine dell’Unione Europea, senza dimenticare che oltre a doversi battere contro la Storia, gli atteggiamenti e i pregiudizi, esse sono totalmente ignorate dai mezzi d’informazione, che al massimo le considerano da una prospettiva medico-sanitaria asessuata, passando sotto silenzio le loro capacità e il loro contributo all’ambiente in cui vivono».

Il CESE ha proposto dunque all’Unione Europea e agli Stati Membri di lanciare una campagna di sensibilizzazione sulle normative in materia di disabilità, per rafforzare la visibilità delle donne con disabilità e contribuire a combattere i pregiudizi nei loro confronti.
Nel corso del dibattito sul Parere in Assemblea Plenaria del Comitato, è stato anche sottolineato che le donne con disabilità dovrebbero partecipare attivamente alle Elezioni Europee, non solo in quanto elettrici, ma anche come candidate.
Il Parere stesso, ricordiamo, è stato elaborato su richiesta del Parlamento Europeo, quale contributo del CESE alla relazione sull’argomento che lo stesso Parlamento Europeo pubblicherà nell’autunno prossimo. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio stampa del CESE (Laura Lui/Daniela Marangoni), press@eesc.europa.eu.

Per approfondire ulteriormente il tema trattato, oltreché fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, si può anche accedere al sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa), ed esattamente alle Sezioni dedicate rispettivamente ai temi: Donne con disabilità, La violenza nei confronti delle donne con disabilità e Tutto sul Secondo Manifesto Europeo sui Diritti delle Donne e Ragazze con Disabilità.

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