Il 10 dicembre scorso si è celebrato il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata appunto il 10 dicembre 1948 a Parigi dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, formata in quel momento da 58 Paesi, 48 dei quali si dichiararono a favore, mentre 8 paesi si astennero e 2 non parteciparono al voto. Nessuno Stato votò contro.
La Dichiarazione Universale è il frutto di un’elaborazione secolare, che parte dai primi princìpi etici classico-europei stabiliti dalla Bill of Rights inglese del 1648 e dalla Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America del 1776, ma soprattutto dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, elaborata nel 1789 durante la Rivoluzione Francese, i cui elementi di fondo – i diritti civili e politici dell’individuo – sono confluiti in larga misura in questa Carta.
Pur essendo priva di effetti obbligatori per gli Stati e avendo piuttosto il valore di una “raccomandazione internazionale”, nel corso dell’ultimo settantennio la Dichiarazione ha comunque ispirato le Carte Costituzionali di tanti Paesi per il riconoscimento di diritti inviolabili come l’uguaglianza, la libertà e la dignità di tutti gli uomini, il diritto al lavoro, all’istruzione e l’irrilevanza di distinzioni di razza, colore, religione, sesso, lingua e opinione politica.
In pratica, la Dichiarazione Universale ha fissato in tutto il mondo il “principio cardine” secondo il quale «l’uguaglianza, la libertà e la dignità di tutti gli uomini sono le sole strade che possono portarci ad una società inclusiva, solidale e rispettosa».
Riallacciandosi ad essa e riaffermando i diritti inalienabili che appartengono a ciascun individuo, il 13 dicembre 2006, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato, com’è ben noto, la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, documento che impegna i Paesi che lo ratificano ad adottare leggi che proibiscano diversità basate su qualsiasi forma di handicap, dalla cecità alla malattia mentale.
Pertanto, la giornata del 10 dicembre ha rappresentato certamente un momento unico di incontro e di riflessione per tutti i movimenti mondiali dei diritti umani e anche di e per i disabili, della cui suddetta Convenzione ONU si è pure celebrato l’anniversario (il dodicesimo) il 13 dicembre scorso.
La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità ha senz’altro gettato le basi per una politica contro le disparità e le discriminazioni, e costituisce sicuramente tra le più grandi conquiste di civiltà degli ultimi anni. Essa ha comportato un radicale cambiamento culturale e legislativo di approccio alla disabilità, vista non più come un problema di salute, ma come una questione di diritti umani.
La Convenzione, inoltre, è stata anche un importante punto di riferimento per la stesura da parte delle Nazioni Unite dell’Agenda ONU 2030, contenente i nuovi diciassette Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, che nel 2015 hanno sostituito i precedenti otto fissati nel 2000.
Si tratta di un passaggio decisamente importante anche per il mondo della disabilità. L’Agenda ONU 2030, infatti, mette al centro i diritti umani, che si propone di garantire, realizzare e tutelare, e tra essi vi sono appunto i diritti delle persone con disabilità, con numerosi riferimenti espliciti, ad esempio in àmbito di educazione, lavoro, riduzione delle disparità, città inclusive o dati statistici.
La Convenzione ONU è stata ratificata in Italia quasi dieci anni fa, con la Legge 18/09, in virtù della quale, alla fine del 2017, è stato pubblicato il Secondo Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, documento che pone con chiarezza gli obiettivi e le modalità per garantire finalmente i diritti umani delle persone con disabilità del nostro Paese.
E pur tuttavia, proprio in occasione dell’importante ricorrenza di oggi e in vista del dodicesimo anniversario della “nostra” Convenzione ONU, le considerazioni che vengono alla mente a proposito dell’inclusione sociale delle persone con disabilità in Italia sono estremamente scoraggianti.
Abbiamo infatti una Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, una Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, abbiamo l’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e, da ultimo ma non certo ultimo, il nuovo Programma di Azione biennale, ma nonostante tutto ciò, concretamente, siamo ancora molto indietro, specie a causa dei tanti, troppi tagli operati negli ultimi anni, in àmbito di disabilità, da qualsivoglia Governo.
Ogniqualvolta abbiamo rivendicato maggiore rispetto per i nostri diritti inviolabili, la nostra classe dirigente, almeno in tempi recenti, ci ha sempre risposto con il “mantra” dell’austerity e del vincolo di bilancio. Ma un Paese che antepone il contenimento della spesa alla tutela dei diritti primari dei suoi cittadini è un Paese malato, che non si può dire “civile”, e che calpesta colpevolmente le citate avanzatissime Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Pertanto, per noi persone con disabilità e per il nostro movimento, il settantennale della Dichiarazione dei Diritti Umani e il dodicesimo anniversario della Convenzione ONU devono rappresentare una preziosa occasione per rilanciare una sfida costruttiva e propositiva alle forze politiche del nostro Paese e all’Esecutivo attualmente in carica, proprio nel momento in cui ci si accinge ad approvare la Legge di Bilancio per il 2019. Infatti, per quanto ci riguarda, la Finanziaria in discussione in questi giorni al Senato deve contenere scelte chiare, strutturali e inequivocabili sui Fondi che più ci interessano (Politiche Sociali, Non Autosufficienza, “Dopo di Noi”, Scuola, Lavoro).
L’auspicio, quindi, è che l’attuale classe dirigente recepisca sin dalla futura Legge di Bilancio tali nostre vive e “accorate” raccomandazioni, riappropriandosi del primato della politica rispetto a quello dell’economia e rimettendo al centro della scena le persone con disabilità con i loro diritti fondamentali all’autodeterminazione, all’inclusione e alla cittadinanza attiva.