«Sono un vero e proprio esercito le donne caregiver ossia che “si prendono cura” di familiari ammalati, figli, partner o più spesso genitori con diversi gradi di intensità. Lo fanno 86 donne su 100. Un terzo di queste si occupa dei propri cari senza aiuti, solo la metà fa affidamento su collaborazioni saltuarie in famiglia e soltanto nel 14% dei casi si appoggia a un aiuto esterno. Per le donne lavoratrici la situazione si aggrava ulteriormente dal momento che solo 1 su 4 può avere accesso al part-time, allo smart working [“lavoro agile”, N.d.R.] o agli asili assistenziali»: è quanto emerge dal Libro Bianco 2018 La salute della donna – Caregiving, salute e qualità della vita, realizzato dall’Onda, l’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna e di Genere, grazie alla collaborazione di Farmindustria, e presentato recentemente a Roma.
«Il carico di lavoro che il caregiver si trova ad affrontare quotidianamente – sottolineano dall’Onda -, che va dall’accudimento generale a compiti propriamente infermieristici, come eseguire medicazioni e somministrare farmaci a mansioni burocratiche, ha un forte impatto sulla salute psicofisica e sullo stile di vita: in molti trascurano la propria salute, anteponendo quella della persona che accudiscono e si trovano così a rimandare visite mediche, controlli ed esami, a seguire un’alimentazione scorretta, privandosi spesso di una regolare attività fisica e del giusto riposo notturno. Inoltre, a livello psichico hanno un forte carico di stress che può rivelarsi attivatore di malattie e depressione, fino ai casi più estremi, dove il caregiver può sperimentare la sindrome del burnout, uno stato di esaurimento emotivo, mentale e fisico causato da uno stress prolungato nel tempo, legato ad un carico eccessivo di lavoro e problemi familiari. In aggiunta, il cambiamento di abitudini e la mancanza di tempo libero modificano le relazioni affettive e familiari portando all’isolamento. Quando poi sono le donne a stare male, esse, nel 46% dei casi quando si tratta di problemi lievi di salute e nel 29% in situazioni più gravi, si prendono cura di se stesse da sole. Ben il 68% delle donne, con alto tasso di coinvolgimento nel caregiving, è infatti totalmente autonoma nella gestione delle proprie problematiche di salute, talvolta anche fortemente invalidanti».
«La donna – afferma Francesca Merzagora, presidente dell’Onda – è al centro del sistema salute, ma anche del processo di cura dei soggetti più fragili e ciò determina un carico assistenziale che impatta notevolmente sulla salute e sulla qualità della vita. Come Osservatorio che nell’ambito delle proprie attività ha uno sguardo attento alle persone ricoverate in ospedale attraverso i Bollini Rosa e al mondo degli anziani attraverso i Bollini RosaArgento, dedicare un volume di approfondimento al tema dei caregiver di malati e anziani rappresenta un impegno di particolare significato. Si tratta infatti di un vero e proprio esercito, secondo i dati ISTAT 2011, di oltre 15 milioni di persone, a volte anziane esse stesse e prevalentemente donne, che attende un riconoscimento non solo economico, ma anche “affettivo” per il loro ruolo. Infatti, l’Italia ad oggi è uno dei pochi Paesi in cui tale figura non gode di sufficiente tutela».
«Il caregiving è donna – commenta dal canto suo Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria – visto che è la donna, come viene evidenziato da questo studio dell’Onda, a tenere le fila del corretto stile di vita della famiglia e delle condizioni di salute di marito, figli e genitori. E ricopre un ruolo da “manager familiare”, fondamentale per il benessere e la cura di tutti. Basti pensare al corretto uso dei farmaci, all’aderenza terapeutica, al dialogo con il medico di famiglia o con gli specialisti. Per occuparsi degli altri, spesso trascura se stessa, anche nella gestione della propria malattia. La donna, quindi, va sostenuta di più e meglio».
«È noto che le donne vivono più a lungo degli uomini – dichiara dal canto suo Alberto Pilotto, direttore del Dipartimento di Cure Geriatriche, Ortogeriatria e Riabilitazione, presso l’Area delle Fragilità degli Ospedali Galliera di Genova – ma purtroppo questi “anni in più” sono gravati da una maggiore disabilità e fragilità. Di conseguenza le necessità e quindi il carico assistenziale a domicilio, in RSA [Residenza Sanitaria Assistenziale, N.d.R.], ma anche in ospedale, riguardano principalmente le donne. Il paradosso è che proprio le donne sono anche le principali fornitrici di assistenza come caregiver del coniuge e dei familiari più anziani, ma anche come caregiver professionisti in casa e in strutture sanitarie. La formazione tecnica e psico-sociale è un elemento cruciale per garantire un’assistenza appropriata degli anziani disabili e fragili».
«Il ruolo del caregiver – conclude Vincenzo Silani, direttore dell’Unità Operativa di Neurologia e Stroke Unit all’IRCCS Istituto Auxologico Italiano di Milano – nella gestione del paziente affetto da patologia neurologica è determinante. Oggi siamo consapevoli che l’attenzione volta al caregiver equivale, infatti, al prendersi cura del paziente medesimo. La donna, compagna o badante, rappresenta l’ossatura del sistema di caregiving. Questo ruolo, spesso sottostimato, è al contrario centrale, fino a meritare un’attenzione particolare sia nella formazione assistenziale medica che educativa più ampia. In tal senso, l’Università di Milano organizza dal 2005 un corso di formazione per assistenti familiari di pazienti con malattie neurologiche avanzate, contribuendo in modo determinante a rendere più efficace la presa in carico del paziente in Italia». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti, contattare l’Ufficio Stampa ONDA: Laura Fezzigna (laura.fezzigna@hcc-milano.com); Carlotta Freri (carlotta.freri@hcc-milano.com).