Com’è noto, il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno, per commemorare tutte le vittime dell’Olocausto. È stato così designato il 1° novembre 2005, tramite la Risoluzione n. 60/7 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, durante la 42ª riunione plenaria della stessa.
Si è stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nell’offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
Per il movimento delle persone con disabilità, anche quest’anno tale ricorrenza ha avuto un significato ancora più particolare, in quanto ha rappresentato una preziosa occasione per far conoscere quanto accaduto durante il nazismo, che con il programma di sterminio denominato Aktion T4, attuato tra gli Anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, ha ucciso in totale tra le 200.000 e le 300.000 persone affette da malattie ereditarie, tra le quali moltissimi bambini.
Si è trattato di un Olocausto “dimenticato” dalla storia per quasi un cinquantennio e su cui abbiamo potuto gettar luce soprattutto grazie alla celebrazione del Giorno della Memoria.
Proprio dunque in concomitanza con tale importante ricorrenza – ma non solo – ritengo più che mai fondamentale ricordare questo Olocausto “rimosso” perché, nonostante gli avanzati strumenti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, e i lungimiranti impegni politici previsti nei diciassette Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 203, la storia contemporanea, con i suoi appetiti sovranistici ed egoismi nazionalistici imperanti a livello mondiale, riporta quotidianamente, ancora e troppo spesso, episodi di esclusione sociale e di discriminazione di cittadini con disabilità.
Nella rappresentazione mediatica, e conseguentemente nell’immaginario collettivo, intere “categorie” di persone – tra cui, appunto, anche e soprattutto i disabili -, esistono pressoché solo come stereotipo o, nel peggiore dei casi, come bersaglio facile di campagne propagandistiche di odio e discriminazione.
È come se, nell’attuale società globale, si venisse educati a considerare in linea di principio le differenze tra le persone, le diversità e le peculiarità di ognuno come la ricchezza stessa di ogni situazione sociale, ma, al contempo, si è abituati in maniera più o meno conscia a viverle concretamente come un pericolo, un rischio.
Pertanto, il primo ostacolo da abbattere è quello culturale, spingendo cioè la società civile a volgere lo sguardo oltre il proprio cortile, oltre l’indifferenza che “acceca” la solidarietà e che potrebbe riproporre nuove tragedie come quella della Shoah. Bisogna invece puntare decisamente verso nuovi orizzonti di umanità. Un messaggio, questo, di nuovo “Umanesimo” che sin dalla celebrazione di ieri del Giorno della Memoria, tutte le Associazioni di e per persone con disabilità diffondano con ulteriore forza e determinazione, chiedendo un confronto diretto e immediato con il mondo politico, anche e soprattutto in vista dell’importante scadenza delle Elezioni Europee del prossimo mese di maggio.
È ormai giunto il tempo che la politica ritrovi finalmente la propria natura, rimettendo l’uomo al centro della scena, con i suoi diritti inalienabili all’inclusione, alla solidarietà e all’accoglienza.
Superando e lo sterminio delle persone con disabilità
Accedendo all’ampia ricognizione storica intitolata Quel primo Olocausto, curata per il nostro giornale da Stefania Delendati, si può anche consultare (nella colonnina a destra del testo) il cospicuo elenco di testi da noi presentati in questi anni sullo sterminio delle persone con disabilità da parte del regime nazista.