Il mal di denti fa più male da persona disabile. Vai a far capire il tuo dolore se già chiunque è mal compreso con la faccia mezza gonfia. Alla radice il problema è questo: col mal di denti chi ti cura?
Il dentista comune quasi mai è accessibile e un servizio pubblico attrezzato è raro più di un dentista a buon prezzo. Se n’è accorto il Ministero della Salute, che quest’anno ha prodotto un documento che lascerà il mal di denti, facendo però sperare che presto si possa blandire più celermente.
Pubblicato nel gennaio scorso, il documento (scaricabile cliccando qui) è denominato Indicazioni per la presa in carico del paziente con bisogni speciali che necessita di cure odontostomatologiche. Tal lunghezza già mi produce una discreta emicrania. E mi molesta il trigemino la premessa, ove si avvisa che lo scopo del documento è «fornire indicazioni per il miglioramento delle capacità assistenziali in ambito…» e via con un paragrafo sconfinato. Lo accorcio così: il documento fornisce indirizzi per uniformare e implementare la presa in carico delle persone con bisogni speciali nell’accesso ai servizi odontoiatrici (pubblici).
Le indicazioni sono state redatte da esperti guidati da Laura Strohmenger del Centro di collaborazione OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) per l’Epidemiologia e l’Odontoiatria di Comunità, incaricata dal Gruppo Tecnico per l’Odontoiatria presso il Ministero della Salute. Mi conforta che alcuni autori siano specialisti che hanno contribuito a realizzare e promuovere la Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale.
Ma torniamo ai contenuti del documento. Diviso in più parti, mi piace che esso parta dalla definizione di “paziente con bisogni speciali”, cioè che si vada oltre la definizione di persona con disabilità in senso categorico. È piacevole imbattersi nella considerazione dell’individuo in base ai fattori dell’interazione e della partecipazione ambientale. Questo vuol dire che quando si entra nella struttura odontoiatrica aggiornata, il personale e tutto l’ambiente circostante sono conformati per considerarti come unità singola, particolare e unica. Tu sei tu, con le tue peculiarità.
Si parla, poi, di progettualità concepita nel rispetto dell’accomodamento ragionevole e della progettazione universale. Progettazione universale e rispetto della singolarità umana non sono princìpi in antitesi, ma in concorso, perché la progettazione universale tenta di rispondere alle esigenze di tutti abbracciando le esigenze di ognuno. E l’accomodamento ragionevole non consiste in altro che nell’attrezzare un àmbito in maniera adeguata, benché non sproporzionata, per accomodare – appunto – la persona al godimento dei propri diritti.
Importante è poi la classificazione dei pazienti in base al diverso grado di collaborazione e autonomia, per una più precisa calibrazione dell’intervento. Sembra una sciocchezza, ma il sapere che entrando in un centro di questo tipo verrà considerata la tua capacità di collaborare con il personale, vuol dire toglierti l’ansia del non sapere come fare a comunicare un tuo bisogno a chi potrebbe farti sentire del dolore.
Segue tutta la parte della presa in carico del paziente, che fa riferimento al noto modello DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance, ovvero “Assistenza medica avanzata per le persone con disabilità”), di cui più volte si è parlato su queste stesse pagine, e che consiste nell’individuare strategie per il pieno e corretto godimento del diritto alla salute del paziente nella struttura.
La parte successiva riguarda gli standard minimi della struttura per essere efficace, indicandone i requisiti per numero di abitanti.
Un capitolo a parte presenta il Day Surgery, ovvero la possibilità di ricoverare per le ore diurne di una giornata il paziente al fine di facilitare l’intervento.
Fra le conclusioni, quindi, annoto il diritto a una «corretta presa in carico e tempi ragionevoli di accesso specie nelle strutture dove è possibile effettuare con sicurezza la sedazione, l’anestesia generale e l’osservazione post-intervento».
Importantissimo è il richiamo al coinvolgimento delle persone più prossime al paziente nel percorso di cura, riconoscendo all’accompagnatore il ruolo fondamentale di migliore rappresentante dei sintomi, delle abitudini, delle preferenze e delle avversioni del proprio prossimo, finanche al suo «coinvolgimento nei processi decisionali di cura e monitoraggio nel tempo».
Infine, forte il richiamo all’uso dell’igienista dentale presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, cioè di una figura che aiuti a prevenire le problematiche dell’apparato dentale e focale è la sollecitazione sul miglioramento culturale/educativo per tutte le persone coinvolte nella cura del paziente con bisogni speciali, anche al fine di evitare pratiche non rispettose della dignità personale.
Bene, ora sappiamo come bisogna fare. Che gli Enti si apprestino a concretizzare rapidamente ciò che di ideale è stato accomodato.
Il presente testo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Cure odontoiatriche per pazienti con bisogni speciali, lo Stato ha chiaro l’ideale”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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