Poco più di un mese fa, su queste stesse pagine, era stato Mario Ponticello, responsabile del Coordinamento Volontariato dell’APL, l’Associazione Paraplegici Lombardia affiliata alla FAIP (Federazione Associazioni Italiane Paratetraplegici), a puntare il dito sulla questione ancora irrisolta della Banca Dati Nazionale Unica del Contrassegno, strumento atteso ormai da tempo dalle persone con disabilità, per garantirne il diritto alla mobilità, evitando loro procedure farraginose e talvolta anche ingiuste sanzioni.
È ora il ministro per la Famiglia e le Disabilità Lorenzo Fontana a rilanciare il medesimo tema, ritenendo appunto la Banca Dati uno strumento necessario a consentire alle persone con disabilità di accedere con un unico pass a tutte le ZTL del Paese (Zone a Traffico Limitato).
Nello specifico, il Ministro ha individuato come “esportabile” all’intero territorio nazionale il modello di Verona, dove il progetto è già attivo, e a tal proposito ha scritto, nelle scorse settimane, al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, competente per la materia.
Ne è seguita una prima riunione, cui ha partecipato anche – come delegato dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) – il comandante della Polizia Municipale di Verona Luigi Altamura, che ha sottolineato come «il nostro modello contribuirà a ridurre il numero di “furbetti” che usano pass intestati a persone decedute o pass scaduti. Una Banca Dati Unica, infatti, e nel pieno rispetto della privacy, consentirà di garantire e tutelare le persone con disabilità, che hanno diritto al contrassegno. Sono quindi soddisfatto dell’interesse emerso per questo progetto e della sensibilità del ministro Fontana. Grazie a questo impegno, con il lavoro di squadra, si potrà esportare il “modello Verona”, già sperimentato con ottimi riscontri e grande successo».
«Ritengo che la Banca Dati Nazionale – ha dichiarato dal canto suo Fontana – sia la soluzione che consentirà di facilitare l’accessibilità e la mobilità a tante persone con disabilità. Sono felice di avere avviato questo percorso e ringrazio chi sta collaborando al progetto. Sulla base di esperienze positive e già collaudate come quella veronese, puntiamo ad arrivare a soluzioni innovative a tutela del diritto alla mobilità delle persone con disabilità, dando concreta attuazione, in tale àmbito, al secondo Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità».
Sul tema, Vincenzo Falabella, presidente della FAIP, ricorda come nel Decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017, coincidente con il citato Programma di Azione biennale, si legga testualmente (Capitolo 8, punto 1.2) che «tutti i Comuni d’Italia hanno provveduto alla sostituzione dei pass disabili con i nuovi modelli di CUDE [Contrassegno Unificato Disabili Europeo, N.d.R.], come previsto dal DPR 151/12, mentre pochissimi tra loro hanno aderito al Registro Pubblico CUDE (ANCI Sardegna) a causa della scarsa diffusione di informazioni tra Pubbliche Amministrazioni sulle potenzialità dello strumento – in termini di opportunità di condivisione, aggiornamento e controllo in tempo reale delle informazioni relative ai CUDE, attraverso una banca dati nazionale».
«Accogliamo quindi favorevolmente – dichiara Falabella – l’intento e la volontà del ministro Fontana, ben sapendo che sul tema deve assumere responsabilità politiche anche il ministro Toninelli, che sollecitiamo con forza perché attivi concretamente le risorse utili a creare la Banca Dati Nazionale, cosi come prevista dal Programma di Azione biennale».
Oltre all’Amministrazione Comunale di Verona, va ricordato in conclusione, altri Enti Locali si erano mossi sulla medesima strada della Banca Dati Unica, come avevamo riferito anche sulle nostre pagine, a partire dall’ANCI Sardegna – espressamente citata nello stesso Decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017 – così come le Regioni Friuli Venezia Giulia e Piemonte. (S.B.)
Il “Fondo per l’accessibilità e la mobilità delle persone con disabilità”: un approfondimento
Per ampliare ulteriormente il quadro di cui si tratta nella presente nota, è opportuno fare riferimento al “Fondo per l’accessibilità e la mobilità delle persone con disabilità”, previsto dall’ultima Legge di Bilancio (Legge 145/18, articolo 1, comma 489 e seguenti), cercando di comprendere appieno il senso (condivisibile o meno) della costituzione di questo ennesimo Fondo. E per fare questo, è utile ricostruire alcune premesse di contesto che non risultano affatto chiare nel testo approvato.
Si è a lungo dibattuto e discusso attorno ai temi della concessione del contrassegno per la circolazione e la sosta delle persone con disabilità, dell’opportunità di attivare controlli più efficaci e tempestivi sui requisiti della titolarità, della necessità di agire in modo più stringente per impedire la sosta abusiva negli stalli riservati.
Una delle soluzioni profilate – anche nel secondo Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità (Decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017), è il ricorso alla tecnologia e all’informatizzazione, ad esempio creando finalmente una Banca Dati Nazionale Unica dei contrassegni che si possa interrogare e aggiornare in tempo reale. Al contempo, si è riflettuto anche su nuove soluzioni tecnologiche che consentano un controllo remoto degli stalli dedicati.
Questo è stato il contesto in cui si è formulato, nella Legge di Bilancio, l’intento di istituire, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il citato “Fondo per l’accessibilità e la mobilità delle persone con disabilità”.
Pur richiamando la Legge 18/09 (recante Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità) e in particolare gli articoli 9 e 20 della Convenzione stessa, le ambizioni reali appaiono molto più limitate: «Copertura finanziaria di interventi volti alla innovazione tecnologica delle strutture, contrassegno e segnaletica per la mobilità delle persone con disabilità di cui all’articolo 381 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495». Il Decreto citato è il Regolamento del Codice della Strada e quell’articolo (381) riguarda appunto il cosiddetto “contrassegno disabili”. La dotazione per il 2019 è di 5 milioni di euro.
Meno comprensibile il comma successivo della Legge di Bilancio (articolo 1, comma 491), che prevede successivi Decreti annuali volti a definire «gli interventi finalizzati alla prevenzione dell’uso indebito dell’autorizzazione di cui all’articolo 381, comma 2, del regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495». Nella sostanza ogni anno verranno indicati nuovi interventi, per scoraggiare e contrastare l’uso indebito del contrassegno.
In ogni caso, per emanare il Decreto il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti dovrà operare di concerto con il Ministro per la Famiglia e le Disabilità, il Ministro dell’Economia e delle Finanze e il Ministro dell’Interno, previa intesa in sede di Conferenza Unificata (Stato/Regioni/Enti Locali), sentiti l’ACI (Automobile Club d’Italia) e le Associazioni delle persone con disabilità comparativamente più rappresentative a livello nazionale. (C.G.)
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