L’anello debole è sempre la famiglia

«Quali che siano le ragioni specifiche di questo atto tremendo, la vicenda pone drammaticamente all’attenzione di tutti temi non più trascurabili, come l’invecchiamento delle persone con disabilità e delle loro famiglie, via via che il miglioramento delle condizioni di vita e del trattamento socio-sanitario aumenta l’aspettativa di vita: e la famiglia, in ogni caso, resta sempre l’anello debole»: lo dicono dall’ANFFAS di Torino, in riferimento alla vicenda che ha visto una madre di Orbassano (Torino) uccidere la figlia di 42 anni, persona con disabilità intellettiva e fisica

Fotografia di una donna nell'oscurità«Quali che siano le ragioni specifiche di questo atto tremendo, la vicenda pone drammaticamente all’attenzione di tutti alcuni temi che non possono più essere tralasciati»: lo dichiarano in una nota dall’ANFFAS di Torino (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), in riferimento alla drammatica vicenda che ha visto una madre di Orbassano (Torino) uccidere la figlia di 42 anni, persona con disabilità intellettiva e fisica.
«L’invecchiamento delle persone con disabilità e delle loro famiglie – aggiungono dall’Associazione torinese – è un tema che da anni poniamo alle Istituzioni e che ora diviene di drammatica attualità, via via che il miglioramento delle condizioni di vita e del trattamento socio-sanitario aumenta l’aspettativa di vita: se vent’anni fa, ad esempio, l’aspettativa di vita per le persone con la sindrome di Down era di circa 59 anni, ora si aggira sugli ottanta, andando a sfiorare l’aspettativa di vita media delle persone senza disabilità (84,2 anni)».

«Come sempre – è il commento di Giancarlo D’Errico, presidente dell’ANFFAS di Torino – l’anello debole è la famiglia: nessuno, purtroppo, neanche lontanamente pensa di annoverare tra i servizi alle persone anziane quelli relativi alla gestione di un figlio con disabilità. Eppure ormai l’aspettativa di vita di una persona con disabilità sfiora quella di una persona senza disabilità e le sue esigenze non diminuiscono certo, anzi aumentano, con il procedere degli anni. Per quanto riguarda i servizi, invece, si cerca di capire se le persone anziane abbiano necessità di un’istituzionalizzazione in RSA [Residenza Sanitaria Assistenziale, N.d.R.], non se debbano affrontare relazioni complesse con un parente, ormai adulto se non addirittura anziano anche lui, con disabilità».

«L’atto della madre di Orbassano – prosegue D’Errico – è la manifestazione evidente dell’angoscia di tanti genitori che sentono di essere alla fine della loro vita e temono per il futuro dei propri figli, una volta soli. E scelgono di farla finita. Questa situazione pone un enorme accento sul “Dopo di noi”: che ne sarà delle persone con disabilità adulte e anziane, una volta persi i genitori? Non c’è una risposta univoca, ma un progetto individualizzato che metta insieme, a partire dalla progettazione stessa, famiglie, istituzioni, servizi sociali e operatori, per capire che cosa sia meglio per la persona e quali siano le risorse che si possono individuare per assicurarne un futuro sereno». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: media@inspirecommunication.it (Daniele Pallante); segreteria@anffas.torino.it.

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