Il messaggio di Papa Francesco in occasione della recente Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 3 Dicembre è stato a mio parere densissimo e merita un’ampia diffusione.
Esso prende le mosse dai diritti all’inclusione e alla non discriminazione delle stesse persone con disabilità, per denunciare come esista ancora una mentalità dello “scarto” e dell’esclusione che costituisce un vero e proprio «peccato sociale».
Invita inoltre fortemente a promuovere ovunque norme di riconoscimento di tali diritti e di lotta alle discriminazioni, insistendo sul fatto che tutto ciò comunque non basta, perché occorre realizzare una cultura di accoglienza di pari dignità, per arrivare davvero alla «piena partecipazione attiva di tali persone alla vita sociale ed ecclesiale», ancora lontana dall’essere realizzata, malgrado le leggi e le nuove tecnologie.
Il Papa ha denunciato la permanenza tuttora di un grande isolamento e solitudine delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
Ricordo che proprio pochi giorni fa siamo stati duramente colpiti dal dramma familiare di un’anziana mamma che ha ucciso la figlia adulta con grave disabilità, ossessionata dall’angoscia del “Dopo di Noi” [se ne legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.]“. E ricordo anche che secondo una recente pubblicazione dell’ISTAT, la disabilità è la prima causa di povertà nel mondo.
Ricordo ancora che pure in campo ecclesiale taluni sacerdoti continuano a rifiutare l’Eucaristia a bambini con disabilità intellettiva, malgrado il grande impegno dell’Ufficio Catechistico della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), nel rinnovamento della Pastorale verso le persone con disabilità.
Il messaggio di Papa Francesco si conclude con un pressante appello affinché ogni comunità nazionale si impegni per l’inclusione e la qualità della vita delle persone con disabilità.
Questo messaggio è fortemente permeato dallo spirito che informa la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, Convenzione che la Santa Sede non ratificò per alcune riserve su taluni articoli.
Alla luce, dunque, anche delle parole di Papa Francesco le Associazioni di persone con disabilità e i loro familiari chiedono alla Santa Sede di voler ratificare la Convenzione, apponendo quelle “riserve”, procedura prevista dalla Convenzione, che certamente non possono prevalere sullo spirito di ampia e sentita condivisione profuso in questo messaggio.
Presidente del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), già Presidente del Movimento Apostolico Ciechi.
Il messaggio di Papa Francesco in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 3 Dicembre
Nella ricorrenza della Giornata Mondiale delle Persone con Disabilità, rinnoviamo il nostro sguardo di fede che vede in ogni fratello e sorella la presenza di Cristo stesso, che ritiene fatto a sé ogni gesto d’amore verso uno dei fratelli più piccoli (cfr. Vangelo di Matteo 25,40). In questa occasione, vorrei ricordare come oggi la promozione dei diritti alla partecipazione abbia un ruolo centrale per contrastare le discriminazioni e promuovere la cultura dell’incontro e della vita di qualità.
Si sono fatti grandi progressi verso le persone con disabilità in àmbito medico e assistenziale, ma ancora oggi si constata la presenza della cultura dello scarto e molti di loro sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare. Tutto questo chiede non solo di tutelare i diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie ma ci esorta a rendere più umano il mondo rimuovendo tutto ciò che impedisce loro una cittadinanza piena, gli ostacoli del pregiudizio, e favorendo l’accessibilità dei luoghi e la qualità della vita, che tenga conto di tutte le dimensioni dell’umano.
Occorre prendersi cura e accompagnare le persone con disabilità in ogni condizione di vita, avvalendosi anche delle attuali tecnologie ma senza assolutizzarle; con forza e tenerezza farsi carico delle situazioni di marginalità; fare strada insieme a loro e “ungerle” di dignità per una partecipazione attiva alla comunità civile ed ecclesiale. È un cammino esigente e anche faticoso, che contribuirà sempre più a formare coscienze capaci di riconoscere ognuno come persona unica e irripetibile.
E non dimentichiamoci dei tanti “esiliati nascosti”, che vivono all’interno delle nostre case, delle nostre famiglie, delle nostre società (cfr Angelus, 29 dicembre 2013; Discorso al Corpo Diplomatico, 12 gennaio 2015). Penso a persone di ogni età, soprattutto anziani, che, anche a motivo della disabilità, sono sentite a volte come un peso, come “presenze ingombranti”, e rischiano di essere scartate, di vedersi negate concrete prospettive lavorative per partecipare alla costruzione del proprio avvenire.
Siamo chiamati a riconoscere in ogni persona con disabilità, anche con disabilità complesse e gravi, un singolare apporto al bene comune attraverso la propria originale biografia. Riconoscere la dignità di ciascuno, ben sapendo che essa non dipende dalla funzionalità dei cinque sensi (cfr Colloquio con i partecipanti al Convegno della CEI sulla disabilità, 11 giugno 2016). Questa conversione ce la insegna il Vangelo. Occorre sviluppare gli anticorpi contro una cultura che considera alcune vite di serie A e altre di serie B: questo è un peccato sociale! Avere il coraggio di dare voce a quanti sono discriminati per la condizione di disabilità, perché purtroppo in alcune Nazioni, ancora oggi, si stenta a riconoscerli come persone di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità.
Infatti, fare buone le leggi e abbattere le barriere fisiche è importante, ma non basta, se non cambia anche la mentalità, se non si supera una cultura diffusa che continua a produrre disuguaglianze, impedendo alle persone con disabilità la partecipazione attiva nella vita ordinaria.
In questi anni si sono messi in atto e portati avanti processi inclusivi, ma non è ancora sufficiente, perché i pregiudizi producono, oltre alle barriere fisiche, anche limiti all’accesso all’educazione per tutti, all’occupazione e alla partecipazione. Una persona con disabilità, per costruirsi, ha bisogno non solo di esistere ma anche di appartenere ad una comunità.
Incoraggio tutti coloro che lavorano con le persone con disabilità a proseguire in questo importante servizio e impegno, che determina il grado di civiltà di una nazione. E prego perché ogni persona possa sentire su di sé lo sguardo paterno di Dio, che afferma la sua piena dignità e il valore incondizionato della sua vita.
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