Il progetto “Città accessibili a tutti”: facciamo il punto della situazione

«La sperimentazione legata a questo progetto aiuta a costruire quel sistema dell’accessibilità che andando oltre il singolo intervento di superamento delle barriere, consente di raggiungere il traguardo più ampio della qualità complessiva e dà forma alle relazioni con le altre reti del benessere (mobilità dolce, abitare, lavoro, prestazioni della città pubblica, ambiente»: a dirlo è Iginio Rossi, responsabile del progetto “Città accessibili a tutti” dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, con il quale abbiamo parlato dei risultati finora ottenuti dall’iniziativa e dei prossimi obiettivi

Foto-simbolo del "Progetto Paese Città accessibili a tutti", promosso dall'INU (foto di Sebastiano Rossi)

Una delle immagini simbolo del progetto “Città accessibili a tutti”, promosso dall’INU (foto di Sebastiano Rossi)

«Questo progetto ha messo in evidenza la necessità di costruire una rete dell’accessibilità e il valore di avviare un processo che dal singolo intervento di superamento delle barriere spaziali riesca a traguardare quella qualità complessiva di città e territori, in grado di consentire le relazioni che l’abitare deve avere con la mobilità, le prestazioni della città pubblica, l’ambiente, il welfare sociosanitario, e con le politiche urbane intese in senso ampio».
Lo ha ribadito in diverse occasioni Iginio Rossi, responsabile del progetto Città accessibili a tutti, un’iniziativa di cui ci siamo già più volte occupati in «Superando.it», promossa dall’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica), e caratterizzata, sin dai propri esordi, da un’ampia rete di aderenti e da un approccio realmente a trecentosessanta gradi, che prende in considerazione, oltre alle barriere architettoniche e sensoriali, anche quelle sociali, di genere e culturali, nonché dell’abitare.
Dei risultati finora ottenuti e dei programmi futuri di Città accessibili a tutti, abbiamo parlato con lo stesso Iginio Rossi.

Ad alcuni anni dall’avvio di Città accessibili a tutti, quali sono i risultati finora ottenuti?
«Un primo esito di questo progetto è stata la costruzione di una rete tra i soggetti che seppure con differenti identità, modalità e obiettivi operano nel cosiddetto pianeta dell’accessibilità a trecentosessanta gradi. Si tratta di una precondizione necessaria per sviluppare quel clima inclusivo e collaborativo da cui fare scaturire indirizzi e orientamenti utili alle politiche integrate che lo stesso progetto si era proposto all’avvio.
Oggi quella rete è estesa, ma anche molto attiva. Nel Gruppo di Lavoro che sta sviluppando il programma 2019-2021 sono presenti infatti – oltre al sistema INU, con le Sezioni Regionali dell’Istituto di Marche, Toscana, Umbria e con Urbanistica Informazioni – anche CERPA Italia (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità), e le Università di Trieste, Salerno, Firenze, la Politecnica delle Marche e l’Università Iuav di Venezia, nonché giovani studiosi di Piemonte, Sicilia e Toscana.
Un altro traguardo raggiunto sta nell’avere inserito nelle articolazioni dell’accessibilità per tutti  le reti per la cosiddetta “mobilità dolce”, che affrontano la qualità degli spostamenti delle persone con mezzi non inquinanti o a ridotto impatto ambientale (percorsi pedonali urbani e naturali, cammini, ippovie, vie d’acqua, ciclabilità, ferrovie lente) ovviamente mantenendoli nel sistema più generale della mobilità.
A conclusione del primo triennio abbiamo redatto le Linee Guida Politiche integrate per città accessibili a tutti riprendendo le indicazioni contenute nei materiali prodotti nel corso delle numerose attività. Questa è  stata un’operazione che ha visto l’impegno di tutto il Gruppo di Lavoro. Abbiamo esaminato le schede di oltre centoventi prassi inerenti esperienze e luoghi dislocati in quasi tutte le Regioni del Paese, raccolte nei momenti di confronto, oltre alla sintesi di questi ultimi ai quali hanno partecipato Istituzioni e Amministrazioni, Associazioni e operatori privati, ma anche rappresentanti della formazione e delle professioni. Il risultato si è concretizzato in indirizzi e orientamenti che abbiamo raggruppato al fine di facilitare un riferimento per gli interventi riguardanti l’accessibilità per tutti e a trecentosessanta gradi, come detto. Hanno così trovato una configurazione tematica in quattro àmbiti le Linee Guida: Progetti per fruire spazi, tempi e servizi; Strumenti per pianificare e programmare; Processi per politiche integrate e interattive; Formazione per promuovere consapevolezza. I raggruppamenti contengono le indicazioni che il progetto propone e suggerisce a chi intende affrontare le politiche integrate per il miglioramento della fruizione urbana e conseguentemente il benessere dei cittadini».

Si tratta per altro di Linee Guida particolari, che non contengono cioè indicazioni riconducibili alla forma del manuale…
«Esattamente. Da diversi anni, infatti, esistono pubblicazioni su specifiche tecniche, normative e strumentali, molte delle quali riguardano la redazione dei piani settoriali, Le indicazioni di queste Linee Guida aspirano invece a facilitare le scelte di Istituzioni, Amministrazioni ed Enti, per intraprendere politiche, strategie e progetti.
Tutto il lavoro e i materiali del progetto INU sono stati inseriti nell’Atlante delle città accessibili, una piattaforma con accesso libero corredata anche da mappe e schede per facilitare la navigazione».

Iginio Rossi

Iginio Rossi, responsabile del progetto “Città accessibili a tutti”

Come si è “incrociato” con Città accessibili a tutti il XXX Congresso dell’INU, dedicato al tema Governare la frammentazione, che è coinciso proprio con l’avvio del secondo triennio di lavoro del progetto stesso?
«Lo scorso anno, l’avvio del secondo triennio di Città accessibili a tutti (2019-2021) è coinciso effettivamente con il XXX Congresso dell’Istituto, incentrato sul tema Governare la frammentazione, attraverso Un Patto per l’Urbanistica inteso non come mera negoziazione e nemmeno come esercizio tecnico, ma come impegno inderogabile, scelta politica e culturale, in grado di agire positivamente su: ambiente, società ed economia; dispersioni insediative, politiche e istituzioni; inclusione, qualità della vita, condizioni di fragilità e frantumazione della convivenza; dispersione relazionale e preminenza della tecnologia anche comunicativa; settorialità e separatezza di conoscenze, competenze e norme.
Tutte queste frammentazioni stanno anche nel “pianeta” dell’accessibilità a trecentosessanta gradi, e conseguentemente abbiamo posto quale obiettivo per il 2021 la definizione del Patto per l’Urbanistica Città accessibili a tutti, all’interno del quale impegnarsi per applicare le Linee Guida per le politiche integrate, ma attraverso interventi radicati nel territorio.

Quest’ultimo, dunque, sarà uno dei principali obiettivi fino al 2021. Quali, invece, le altre linee di lavoro?
«Da un lato si punterà all’ampliamento delle problematiche, avendo inserito la “mobilità dolce”, e dall’altro le prime Linee Guida imporranno al progetto di implementare e diffondere maggiormente la cultura dell’accessibilità per tutti. In tal senso, abbiamo un nutrito programma di iniziative che svilupperemo in varie parti del Paese, cercando di cogliere i principali temi che agiscono sul benessere urbano e territoriale, ma c’è ancora molto da fare su diversi fronti.
Non siamo riusciti, ad esempio, a intercettare le esperienze in atto in alcune Regioni: Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria e Sardegna sono ancora un po’ spoglie nella mappa delle pratiche. Ciò non vuol dire che in queste aree non ci siano attività significative, ma piuttosto che il progetto non è stato in grado di farsi conoscere e di coinvolgere adeguatamente chi opera in quei territori. Quindi abbiamo in programma alcuni seminari, incontri e altro, che ci auguriamo possano favorire la comunicazione e l’informazione, nonché la conoscenza di esperienze da aggiungere a quelle raccolte nell’Atlante.
E ancora, non abbiamo elaborato completamente le indicazioni individuate dalle oltre centoventi pratiche e dai luoghi che abbiamo indagato. In realtà le Linee Guida pubblicate sono solo una prima sintesi che richiede uno sviluppo maggiore, al fine di affrontare meglio e con profondità altri temi e contesti territoriali. Quanto fatto dall’INU Umbria, in collaborazione con la Scuola Umbra di Pubblica Amministrazione, la Regione Umbria e il Comune di Perugia, all’interno del corso di formazione per definire le Linee Guida Regionali Città accessibili a tutti, rappresenta già un primo passo in avanti sulla contestualizzazione e pragmaticità del progetto, che vogliamo estendere in altre Regioni d’Italia.

Immagine centrata di persona in carrozzina accompagnata. Sullo sfondo immagine sfuocata di una città

Un’altra possibile immagine-simbolo del progetto “Città accessibili a tutti”

Va detto infine che anche l’impegno di sviluppare un Patto per l’Urbanistica Città accessibili a tutti sta nella volontà del progetto di implementare le Linee Guida e di cimentarsi nella realtà: infatti, non pensiamo di realizzare un modello da applicare in funzione di qualche variabile (amministrativa, settoriale ecc) e tanto meno di proporre soluzioni teoriche. Questo progetto nasce dalle persone e dai luoghi e qui deve restare saldamente. Stiamo concordando con alcune città e/o territori la disponibilità a sviluppare nei loro progetti in corso – ad esempio nella redazione di uno strumento di pianificazione, nella realizzazione di un progetto urbano, nella riqualificazione sociale di un quartiere che mostra criticità e fragilità degli abitanti, – delle sperimentazioni in cui definire e applicare quelle soluzioni integrate che possiamo appunto ricondurre al Patto per l’Urbanistica Città accessibili a tutti».

In conclusione, quale messaggio si sente di inviare a tutte quelle città che potrebbero e dovrebbero essere interessate ad attuare la sperimentazione nell’ambito di Città accessibili a tutti?
«L’ampia articolazione, la multiscalarità e i differenti contesti di riferimento (ambiti rurali, parti urbane,  città, territori, aree vaste ecc.) dell’accessibilità a trecentosessanta gradi pongono frequentemente agli Enti la necessità di mettere a sistema misure, disposizioni, servizi e così via, spettanti a soggetti che fanno fatica a dialogare e confrontarsi. Nonostante queste criticità siano note da tempo, siamo convinti che non essendoci esperienze di riferimento sia indispensabile provare a trovare le soluzioni migliori per il contesto specifico in cui la sperimentazione si colloca, soluzioni che in più offrirebbero alla città un vantaggio competitivo rilevante. Inoltre, occorre considerare che in vista della nuova programmazione europea 2021-2027 è necessario disporre di strumenti e progettualità importanti, come sono quelle sull’accessibilità, oltre alla struttura per realizzare e gestire interventi in partenariato e in grado di utilizzare potenzialità e opportunità offerte da fondi strutturali e altri tipi di finanziamenti comunitari.
La sperimentazione aiuta a costruire quel sistema dell’accessibilità che andando oltre la logica del singolo intervento di superamento delle barriere, consente di raggiungere il traguardo più ampio della qualità complessiva e dà forma alle relazioni con le altre reti del benessere, come quelle inerenti la mobilità dolce, l’abitare, il lavoro, le prestazioni della città pubblica, l’ambiente».

Responsabile del progetto Città accessibili a tutti, promosso dall’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica).

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