Ci siamo già occupati in più di un’occasione del progetto Sensuability, iniziativa ideata da Armanda Salvucci, nell’àmbito della sua Associazione di Promozione Sociale Nessunotocchimario, voluta con l’obiettivo di abbattere gli stereotipi relativi alla sessualità e alla disabilità, partendo dal proporre nuovi linguaggi e un nuovo modo di fare cultura attraverso tutte le forme d’arte: dalla cinematografia alla fotografia, alla pittura, alla musica e al fumetto, per rappresentare la disabilità in un altro modo, ironico e leggero.
Nei giorni scorsi è stata presentata a Roma, nel corso di una conferenza stampa, la mostra di fumetti Sensuability: ti ha detto niente la mamma?, sul tema Francamente me ne infischio!, esplicito richiamo alla celebre frase del film Via col Vento, «che diventa – come ha spiegato Salvucci – un grido liberatorio, un invito a piacersi, a essere sensuali, a vivere la sessualità oltre i pregiudizi, oltre l’ossessione di corpi perfetti e performanti».
L’esposizione, che verrà inaugurata il 14 febbraio (ore 17) e sarà visibile per un mese alla Sala Cesare Zavattini della Casa del Cinema di Roma, costituirà sostanzialmente la ricaduta della seconda edizione dell’omonimo concorso, con le migliori illustrazioni presentate all’interno di quest’ultimo, impreziosite però dalle realizzazioni donate da numerosi celebri creatori d’immagine (se ne legga ampiamente nel box in calce).
È proprio ad Armanda Salvucci che abbiamo chiesto di raccontarci il “passato, il presente e il futuro” di Sensuability.
Innanzitutto, Armanda, ci racconti un po’ di lei e di com’è nata l’idea del progetto Sensuability.
«Mi chiamo Armanda Salvucci e ho l’acondroplasia, una condizione genetica rara che colpisce lo sviluppo scheletrico. In pratica le ossa lunghe del mio corpo non crescono. Io non voglio essere una “supereroina”, i “supereroi” sono distanti, sono perfetti, non ti ci puoi avvicinare. Io invece voglio essere toccata, avvicinata, non voglio dover sublimare il mio corpo che c’è, esiste e non voglio nasconderlo. E bisogna ripensare anche il linguaggio: “diversamente abile”, inclusione… Io non mi sento “diversamente abile”, non è che non sono capace di essere alta, io non posso essere alta. Io non voglio essere inclusa, io abito il mondo come tutti. Signori, qui stiamo parlando di sessualità e per fortuna, quando entra in ballo la chimica, i pregiudizi dovrebbero andare a farsi friggere…
Sono laureata in Lingue e Letterature Straniere, ma il mio sogno è sempre stato quello di lavorare al Telefono Azzurro. Un giorno, mentre telefonavo alla redazione di un giornale per propormi come traduttrice, mi ha risposto proprio il Comitato per il Telefono Azzurro. Sembra incredibile, ma a quel numero non rispondeva più il giornale. L’ho visto subito come “un segno” e due giorni dopo ero alla selezione per i volontari dell’organizzazione, cominciando così una collaborazione che è durata quasi vent’anni e che continua tuttora in altre forme. Nel frattempo, dopo avere approfondito i temi che mi stavano più a cuore, cioè la comunicazione e il fundraising, ho iniziato a lavorare come consulente e formatrice.
Sono stati anni molto belli, in cui ho conosciuto tante persone e organizzazioni che lavoravano nel sociale. Fino a quando ho cominciata l’avventura di Sensuability e ho lasciato la società per cui sono stata occupata per quasi dieci anni. Contestualmente mi sono diplomata in Counseling Relazionale con una tesi su Sessualità e disabilità.
Posso dire che questo tema abbia permeato tutta la mia vita e a un certo punto ho deciso di espormi in prima persona per sfatare alcuni stereotipi sulla sessualità e soprattutto per dimostrare che disabilità non fa rima con castità. Perché nel nostro Paese si parla poco di questo argomento e quando lo si fa, spesso lo si fa male. I disabili vengono visti sempre come “eterni bambini”, che possono aspirare ad un’“affettuosità”, ma mai a una “sensualità”. Sensuability, quindi, vuole buttare giù un po’ di stereotipi e anche ricordare che il discorso della sessualità tocca tutti e non solo le persone con disabilità, perché sebbene oggi le problematiche sessuali siano forse più diffuse di un tempo, sempre più individui rischiano di sentirsi esclusi. Passa il messaggio: o sei agile e prestante o non puoi fare sesso. Quindi, se hai delle difficoltà, sei “disabile” anche tu.
Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata certamente quando una famosa regista ha pubblicato, in vista del suo nuovo film, un casting per “un nano che facesse tenerezza”. Quando ho letto la notizia sui giornali, apriti cielo e sprofondati terra: ho capito che dovevo fare qualcosa e del resto chi meglio di me che vivo questi stereotipi sulla mia pelle, poteva farlo? Senza pietismi e pesantezza. E così nel 2016 ho ideato Sensuability, con l’obiettivo di abbattere con ironia e leggerezza gli stereotipi sulla sessualità e disabilità attraverso tutti i linguaggi artistici».
Ma in quale modo pensa che un progetto come questo possa riuscire a diffondere una nuova cultura della disabilità?
«Come ho già detto, non mi piace affatto come si tratta – o meglio, come “non si tratta” – questo argomento, da troppi considerato ancora un tabù. Da questa idea è nata innanzitutto Nessunotocchimario, l’Associazione che mi ha permesso di lanciare Sensuability. Io credo che l’arte sia il seme ideale per far germogliare una cultura nuova e senza pregiudizi, libera e inclusiva, capace di ironia e leggerezza anche su temi considerati tabù come sesso e disabilità.
In principio, dunque, vi è stato un cortometraggio, poi sono venute le altri parti del progetto, che vanno dal fumetto al cinema, passando per la fotografia. Sono trascorsi solo due anni e Nessunotocchimario è cresciuta. Giovanni Lupi e Roberto Campili, i due registi che hanno diretto il corto e scritto insieme a me la sceneggiatura del Mockumentary, oltre a Chiara Aliberti, che si occupa della parte social e organizzativa, li ho incontrati all’inizio del viaggio e hanno deciso di rimanere a bordo. Insieme a loro andiamo a vele spiegate verso un mondo nuovo, dove i pregiudizi si abbattono a colpi di sensualità».
Parlava della realizzazione di un Mockumentary. Di che cosa esattamente si tratta?
«Si tratterà di un film, ma non un film qualunque, un Mockumentary, appunto, ovvero un falso documentario, che ritengo uno strumento “sovversivo” ideale per abbattere gli stereotipi: il linguaggio della finzione che appare vera, per smascherare le false verità.
Tornando al discorso sulla cultura, credo fermamente che fare cultura sulla disabilità e la diversità sia ancora necessario. Non siamo i soli a parlare di disabilità, ma credo che non siano in molti a presentare le persone con disabilità per quello che sono, senza i filtri del paternalismo, del buonismo, della “beatificazione”. Ecco perché affrontiamo anche temi considerati tabù come la sessualità e l’eros disgiunti dall’Amore con la “A” maiuscola, vissuti fra persone maggiorenni e consenzienti. Il nostro obiettivo è passare dall’“ancora” al “non più”. Finora, infatti, le persone con disabilità sono state rappresentate in modo pietistico o paternalistico, e a maggior ragione se si parla di sessualità e disabilità. In questo caso siamo considerati alla stregua di “bambini” o di “esseri asessuati” che al limite possono aspirare all’affettività. Ma non è così. Sono ormai quattro che anni mi sto battendo per cambiare le cose, o meglio, le teste.
La sessualità è un’esigenza vitale delle persone, non è un diritto. Io non ho diritto di essere amata, ho diritto però di avere le stesse opportunità che hanno tutti e se ci pensiamo bene, la sessualità è un argomento che riguarda tutti, perché in base alla concezione che solo se sei bello, prestante e fisicamente perfetto puoi fare sesso, la maggior parte della popolazione ne viene esclusa. Di conseguenza, in un certo senso considerata “disabile”.
Voglio poi dire che non sto facendo questo solo per me. Io ormai sono grande e ho una vita soddisfacente. Da quando ho iniziato questo progetto mi sono capitate molte cose belle. Ho conosciuto ad esempio una mamma molto coraggiosa, che mi ha mandato la foto della sua bimba, anche lei con l’acondroplasia, che considero per altro una “rarità” e non una malattia. Non avete idea di quanto sia bella quella bambina! Guardando la foto mi è successa la stessa cosa che è capitata al critico Anton Ego nel film Ratatouille: in un attimo mi sono venute in mente alcune cose della mia vita e mi sono detta: lei non dovrà viverle! Questo è il mio obiettivo. E lo voglio raggiungere con leggerezza».
Spesso le è capitato di sottolineare anche le responsabilità dei mezzi di comunicazione nel perpetuare certi stereotipi…
«I mezzi di comunicazione esaltano il corpo e soprattutto il corpo sessuato a scapito della vera natura dell’eros, che è una potenza unitiva totale, passione per l’altro come Persona nella sua pienezza.
Siamo stati a lungo e siamo tuttora schiavi di una concezione della sessualità intesa come genitalità, fondata sul principio della penetrazione e quindi della prestazione. I danni di questa concezione hanno sempre reso “disabili” anche le persone cosiddette “normali” e soprattutto le donne».
Proviamo a ricapitolare una per una le varie tappe del progetto.
«La prima tappa si è avuta nel 2017, con la realizzazione del cortometraggio Sensuability, di cui si diceva, opera tagliente e divertente alla visione, ma amaramente vera, con Giovanni Lupi e Rollo Martins alla regia, Davide Mancori direttore della fotografia, Andrea Maguolo al montaggio, vincitore del David di Donatello per il film o chiamavano Jeeg Robot e con l’amichevole partecipazione di Roberto Pedicini, come voce narrante.
Dopo la produzione del corto, ed è ancora la fase attuale, è partita la tappa dedicata al fumetto. In questo caso abbiamo due attività, quasi tre, vale a dire il concorso Sensuability & Comics, avviato nell’ottobre del 2018 e arrivato ora alla sua seconda edizione; la mostra di fumetti che sarà inaugurata il prossimo 14 febbraio alla Casa del Cinema di Roma, alla quale hanno scelto di contribuire artisti come Milo Manara, Fabio Magnasciutti, Frida Castelli, Stefania Infante, Pietro Vanessi, Frad, Andy Ventura, Stefano Tartarotti e tanti altri; infine, un libro a fumetti sulla mia vita il cui concept sarà ideato da Frad, progetto che al momento è in via di definizione».
Cosa si sente di dire, in conclusione, ai nostri Lettori?
«Che in un mondo di risposte veloci, siamo nati con tanti perché. L’Associazione Nessunotocchimario è la punta di un iceberg di molti interrogativi, quelli che risuonano nella testa delle persone con disabilità e di quanti sono considerati secondo tabù, pregiudizi, stereotipi, etichette.
La nostra prima domanda è quindi: perché esistono tabù, pregiudizi, stereotipi ed etichette, visto che non sono innati? Bambini e bambine nascono curiosi, immediati, liberi da categorie come la regola e l’errore, il bello e il brutto, il successo e l’insuccesso ecc. ecc. Poi qualcuno, crescendo con adulti rassicurati da canoni di “normalità” (parola che usiamo solo per arrivare dritti al punto), si inizia a vedere in altro modo la realtà, i coetanei, le persone. È possibile tornare allo sguardo curioso e senza filtri di quando eravamo piccoli? Crediamo di sì. Come? Liberando l’immaginario collettivo da gabbie, limiti, muri. Con quali strumenti? Arte, cultura, ironia. Ci vorrà tanto? Non lo sappiamo. Nel frattempo facciamo articoli, concorsi, convegni, dibattiti, eventi, formazione nelle scuole e per gli Enti del Terzo Settore, interviste, mostre, post.
E anche progetti scandalosamente ambiziosi come Sensuability, per affrontare in modo diretto e con un sorriso il tema tabù Sessualità e disabilità. Chi ce lo fa fare? D’istinto potrei rispondere semplicemente Armanda Salvucci! A pensarci bene, però, lo facciamo per tante persone. Per chi crea gabbie. Per chi si sente imprigionato o imprigionata e vuole uscirne. Per chi fa tortuosi giri di parole nel nome del “politicamente corretto”, scordandosi di chiamare per nome chi ha di fronte. Per i bambini e le bambine di oggi, adulti di domani. E anche, viva la sincerità, per noi, perché quando non ci sarà più bisogno di Nessunotocchimario, saremo così liberi da prenderci un’interminabile vacanza!».
La mostra di fumetti Sensuability: ti ha detto niente la mamma?
Roma, Casa del Cinema, venerdì 14 febbraio 2020 (Largo Marcello Mastroianni, 1, ore 17)
Il 14 febbraio verranno premiati ed esposti per un intero mese fumetti e illustrazioni realizzati dai partecipanti al concorso Francamente me ne infischio. Nel complesso sono stati 34 gli artisti che hanno inviato oltre 60 opere, rappresentanti tutta l’Italia ed equamente divisi tra uomini e donne. Si tratta più o meno degli stessi dati della prima edizione svoltasi nel 2019 (36 partecipanti e 61 opere) e intitolata Ti ha detto niente la mamma?, nella quale vinsero Marcello Del Prato (1° posto), Daniele D’Italia (2° posto), Flavia Cuddemi e Isabella Passannante (3° posto ex aequo).
La giuria del concorso è stata presieduta da Tanino Liberatore e composta da Fabio Magnasciutti, Frida Castelli e Luca Enoch.
Le tavole e le illustrazioni dei partecipanti avevano come tema le scene ispirate dal grande schermo del cinema e dovevano ritrarre o farsi ispirare da tutte le forme di disabilità, visibili e invisibili, in modo ironico e leggero.
Al primo classificato andrà in premio un weekend con il vignettista Pietro Vanessi, con relativa partecipazione ad un workshop one to one con l’Autore; il secondo classificato, invece, parteciperà Alla stesura dello storyboard del film in preparazione nell’àmbito del progetto Sensuability; per il terzo classificato, infine, vi saranno degli ingressi gratuiti al Salone Internazionale del Fumetto Comicon.
Oltre ai partecipanti al concorso, un nuovo sguardo sul tema lo offriranno anche le opere donate da: Milo Manara, Tanino Liberatore, Fabio Magnasciutti, Frida Castelli, Luca Enoch, Pietro Vanessi, Cecilia Roda, Frad, Stefano Tartarotti, Michele Grimaldi, Francesca Picardi, Giulia Bracaglia, Lorenzo Pierfelice, Luca Er Baghetta Modesti, Gianlorenzo Ingrami, Claudio Bandoli, Lorenzo La Neve e Matilde Simoni, Daniel Cuello, Marco Gaucho Filippi, Stefania Infante, Daniele Tofi Morganti, Marco Rufus Petrella, Nole Biz, Marco Gava Gavagnin, Enrico Biondi – lele&fante, Alfio Leotta, Eugenio Saint Pierre, Luca Garonzi (Luc Garçon), Federica Giglio, Alessio Atrei, Marco Fusi, Nicoletta Santa, Lucia Lepore, Virginia Cabras (Alagon).
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Elena Dal Forno (ufficiostampa@sensuability.it).