Tra false notizie e nevrosi collettiva

“Fake News”, ovvero articoli redatti con informazioni inventate, ingannevoli o distorte, resi pubblici con il deliberato intento di disinformare attraverso i mezzi di informazione: mai come in questi giorni di emergenza sanitaria legata al coronavirus sarebbe necessario difendersi dalla diffusione talora incontrollata di informazioni digitali, come sottolineato dallo psichiatra Benedetto Farina, nel suo intervento di apertura dell’Anno Accadeemico all’Università Europea di Roma
Una lente puntata sulle parole Fake News
Con il termine inglese “fake news”, si fa riferimento ad articoli redatti con informazioni inventate, ingannevoli o distorte, resi pubblici con il deliberato intento di disinformare attraverso i mezzi di informazione

«La rete è diventata l’infrastruttura su cui poggia tutto che ciò che facciamo. Ad oggi incombe su di noi la minaccia di una nuova forma di nozionismo in cui la dimensione orizzontale della circolazione culturale diviene antitetica a qualsiasi forma di apprendimento verticale. In questo preciso momento storico l’era del “sapere fai-da-te” lede qualsiasi forma di mediazione culturale, quella esercitata dai professori, editori e giornalisti, costituendo la causa principale della perdita della capacità di selezionare l’autorevolezza delle fonti d’informazione. Il sentimento di rabbiosa delegittimazione e rifiuto verso le conoscenze degli esperti in favore delle proprie opinioni danno vita all’era dell’incompetenza [cfr. Giovanni Solimine, Giorgio Zanchini, La cultura orizzontale”, Roma-Bari, Laterza, 2020, N.d.R.]. I cambiamenti delle funzioni cognitive danno vita a profonde involuzioni dei comportamenti socio-relazionali, generando un problema culturale. L’unico modo per sovvertire questa tendenza è che le Università diventino il sistema immunitario della società contro i rischi dell’incompetenza».
A dirlo è stato Benedetto Farina, ordinario di Psicologia Clinica presso l’Università Europea di Roma, aprendo l’Anno Accademico della stessa, con l’esposizione dello studio intitolato I giovani nell’era digitale, ampia parte del quale è dedicata a un tema di stringente attualità, ovvero gli effetti della nevrosi collettiva da coronavirus, legati ai rischi della diffusione di informazioni digitali.

«La fobia dell’epidemia globale – si legge in tal senso in una nota diffusa dalla stessa Università Europea di Roma – dilaga a causa della sovraesposizione mediatica del tema coronavirus: tra flussi di informazioni, fake news [“notizie false”] e tendenza all’enfatizzazione sui titoli sul Covid-19, chi naviga in rete si sente in costante pericolo e l’infodemia appare l’unica risposta per proteggersi [con il termine “infodemia” si intende la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili, N.d.R.]».
E ancora, viene rilevato che «il 90 % della popolazione mondiale utilizza i social per documentarsi e la rivista “BMC Psychiatry” ha riscontrato un eccessivo tasso di utilizzo dello smartphone da parte dei cittadini. Nelle giovani generazioni, inoltre, vi è un aumento delle patologie psico-cognitive strettamente connesse all’incapacità di leggere criticamente una comunicazione e nella corretta scelta delle fonti». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa dell’Università Europea di Roma (Martina Boccalini), boccalini@spencerandlewis.com.

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