Su richiesta del Governo Sammarinese il Comitato di Bioetica della Repubblica di San Marino ha fornito un parere sull’eventuale selezione delle persone da trattare in terapia intensiva: nessuna distinzione per età e condizione di disabilità, ma solo sulle condizioni cliniche che ogni medico deve valutare per decidere gli interventi di cura, così come stabilisce il Codice Deontologico dei medici. I princìpi di non discriminazione e di eguaglianza di opportunità si applicano a tutte le persone anche in situazione di emergenza.
Nei giorni scorsi, le Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili (disponibili a questo link), diffuse dalla SIAARTI (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva) e riguardanti le modalità di intervento in una situazione di emergenza pandemica, con una valutazione delle risorse strumentali e logistiche disponibili, aveva avviato un serrato dibattito tra i medici, e in particolare tra gli anestesisti e i responsabili dei reparti di terapia intensiva.
Se le risorse di posti letto e di macchinari sono limitate, se si dovesse scegliere chi assistere per primi, chi si dovrebbe “scartare” (per usare una terminologia simile a quella di Papa Francesco)? I giovani o gli anziani? Le persone “normali” o le persone con limitazioni funzionali gravi? Ebbene, il triage (termine francese che indica il metodo della selezione) di valutazione su coloro che dovessero essere selezionati negli interventi di terapia intensiva, in situazione di emergenza e scarsità di risorse strumentali, logistiche e di personale, dovrebbe includere, secondo le Raccomandazioni della SIAARTI, le probabilità di sopravvivenza, le aspettative di vita, le comorbilità severe, lo status funzionale, con l’ottica della «massimizzazione dei benefìci per il maggior numero di persone».
Leggendo però fra le righe, le persone più colpite risulterebbero quelle anziane (probabilità di sopravvivenza, aspettative di vita) e quelle con disabilità (comorbilità severe, status funzionale, disabilità stessa).
Come detto, quindi, il Comitato Sammarinese di Bioetica – che dedica una peculiare e costante attenzione alle tematiche della disabilità, inserendola in tutti i documenti approvati – ha licenziato ieri, 17 marzo, un documento all’unanimità (Risposta alla richiesta di parere urgente su aspetti etici legati all’uso della ventilazione assistita in pazienti di ogni età con gravi disabilità in relazione alla pandemia da Covid-19, disponibile integralmente a questo link), su richiesta del Commissario Straordinario per l’Emergenza da COVID-19 della Repubblica di San Marino, chiarendo che «solo il quadro clinico deve essere utilizzato per valutare le condizioni dei pazienti».
Citando infatti la Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i Diritti Umani dell’Unesco, nonché la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, il documento ricorda che i princìpi di base da applicare sono quelli della non discriminazione e dell’eguaglianza di opportunità. Esso si rifà in tal senso proprio alle Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie cui la Convenzione ONU dedica un apposito articolo (l’11°), che obbliga gli Stati Parti ad adottare, «in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali», richiedendo «agli specialisti sanitari di prestare alle persone con disabilità cure della medesima qualità di quelle fornite agli altri» (articolo 25).
Già in precedenza il Comitato di San Marino si era pronunciato su temi analoghi in tre diversi documenti, vale a dire L’approccio bioetico alle persone con disabilità (25 febbraio 2013), Bioetica delle catastrofi (10 luglio 2017) e La persona malata nel momento della fine della vita (marzo 2019). Quindi, facendo riferimento alla premessa delle Raccomandazioni prodotte dalla SIAARTI, che riconducono i propri suggerimenti all’attuale pandemia da COVID-19 come a «uno scenario […] sostanzialmente assimilabile all’àmbito della “medicina delle catastrofi”», il Comitato stesso sottolinea che «unico parametro di scelta è la corretta applicazione del triage, nel rispetto di ogni vita umana, sulla base dei criteri di appropriatezza clinica e proporzionalità delle cure. Ogni altro criterio di selezione, quale ad esempio l’età, il genere, l’appartenenza sociale o etnica, la disabilità, è eticamente inammissibile, in quanto attuerebbe una graduatoria tra vite solo in apparenza più o meno degne di essere vissute, costituendo una inaccettabile violazione dei diritti umani».
Va ricordato, a questo punto, che i più recenti documenti delle Nazioni Unite raccomandano, in questo tipo di situazioni emergenziali, di attivare gli interventi sulla base del rispetto e della promozione dei diritti umani di tutti. Così sono stati licenziati dall’ONU, nell’ottica degli aiuti umanitari e degli interventi di emergenza, il Sendai Framework for Disaster Risk Reduction (2015) e la Charter of Istanbul for Inclusion of Persons with Disabilities in Humanitarian Action (2016). In base a quest’ultima, nel luglio 2019 un task team dello IASC delle Nazioni Unite (Inter-Agency Standing Committee) ha licenziato le Guidelines on the Inclusion of Persons with Disabilities in Humanitarian Action, dopo un lavoro di due anni che ha coinvolto i maggiori attori nel campo.
L’elemento che lega tutti questi documenti è quello di garantire che l’aiuto umanitario sia rispettoso dei diritti umani di tutte le persone. Infatti, l’approccio umanitario è stato basato, prima della Convenzione ONU, su un intervento rapido che ha prodotto un prevalere di competenze di filosofie vicine a quelle dei corpi militari o delle organizzazioni caritatevoli (Esercito, Croce Rossa ecc.). Questa impostazione di tipo militare è basata sulla limitazione delle perdite, quella caritatevole, invece, sull’idea che i beneficiari degli interventi siano inabili e bisognosi unicamente di assistenza. E anche l’approccio del triage*, la selezione di quali persone dovrebbero essere assistite per prima, penalizza le persone con disabilità.
L’approccio cosiddetto caritatevole, inoltre, si basa tradizionalmente su un intervento a due tempi nel primo dei quali vanno garantiti gli elementi essenziali per il salvataggio e la prima accoglienza (cibo, salute e un luogo di ricovero), mentre solo in un secondo momento vanno posti in essere interventi relativi ad altri bisogni ritenuti “speciali”. E così, si è visto ad esempio che i campi di accoglienza spesso non vengono resi accessibili a tutti sin dall’inizio, che le specifiche esigenze dietetiche vengono ignorate, e che le stesse toilette sono inaccessibili per mesi alle persone con disabilità e anziane.
Gli elementi comuni di questi documenti sottolineano la partecipazione delle persone con disabilità a tutte le fasi dell’emergenza; la formazione degli operatori del sistema di emergenza sui diritti delle persone con disabilità e sulle soluzioni tecniche da adottare; il superamento delle barriere e delle discriminazioni in tutti gli àmbiti dell’emergenza (salvataggio, prima accoglienza, accoglienza di lunga durata); il coinvolgimento delle persone con disabilità beneficiarie degli interventi umanitari in tutte le attività comunitarie (educazione, lavoro ecc.).
Questo quadro di princìpi è applicabile anche in una pandemia come quella attuale: andrebbero cioè formati gli operatori del sistema di emergenza sui diritti delle persone con disabilità e sulle soluzioni tecniche da adottare; andrebbero superate le barriere e le discriminazioni in tutti gli àmbiti dell’emergenza (prima accoglienza, triage, appropriata assistenza alle persone e alle famiglie) e costituite immediatamente, in ogni Regione, «Unità Speciali atte a garantire l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie a domicilio in favore di persone con disabilità che presentino condizione di fragilità o di comorbilità tali da renderle soggette a rischio nella frequentazione dei centri diurni per persone con disabilità» (articolo 9, comma 2 del Decreto Legge 14/20, prodotto il 14 marzo scorso), dotandole di appropriate risorse.
Il documento del Comitato Sammarinese di Bioetica si conclude con l’indicazione doverosa che «il rispetto della dignità umana si concretizza permettendo ad ogni persona di vivere una buona morte, attraverso il prezioso strumento delle Cure Palliative, che garantiscono il controllo del dolore e della sofferenza, nella profonda consapevolezza che la vita di una persona gravemente malata e inguaribile non perde mai il suo valore intrinseco né il diritto ad essere sostenuta e protetta. Pertanto anche alle vittime “non trattabili” va garantita uguale dignità, attraverso la presa in carico e l’eventuale sedazione del dolore».
Non c’è molto da aggiungere, se non che l’aggiornamento dei nostri professionisti dovrebbe prevedere, come richiede la Convenzione ONU, una formazione sui diritti umani e sulla stessa Convenzione, perché pregiudizi e stigma antichi prevalgono nella percezione di chi siano le persone con disabilità: noi siamo cittadini come gli altri e dobbiamo godere degli stessi diritti degli altri cittadini!
*“Triage” è un termine francese che indica “cernita”, “smistamento”. È un sistema utilizzato per selezionare i soggetti coinvolti in infortuni secondo classi di urgenza/emergenza crescenti, in base alla gravità delle lesioni riportate e del loro quadro clinico. Le persone con disabilità coinvolte in disastri naturali e umani spesso non vengono assistite prioritariamente, anche se ferite, e vengono soccorse dopo le altre.
Su temi analoghi a quelli trattati nella presente Opinione, suggeriamo anche la lettura dell’intervento intitolato Gli anestesisti e la legge del mare: “Prima le donne e i bambini”, firmato da Marco Balistreri, ricercatore di Filosofia Morale e Bioetica presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino, per «Quotidiano Sanità.it» (disponibile a questo link).