«I Centri Residenziali sono delle vere e proprie “bombe ad orologeria” pronte a scoppiare. Si tratta infatti di una situazione a dir poco esplosiva che nessuno sta cercando di risolvere, lasciando così in balìa dell’emergenza sanitaria in corso le persone con disabilità, le famiglie e gli operatori»: a dirlo con forza è Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), parlando a nome e per conto di decine di migliaia di persone con disabilità, delle loro famiglie e degli operatori e riferendosi alle strutture residenziali nelle quali vivono nel nostro Paese centinaia di migliaia di persone con disabilità ed anziani non autosufficienti. «Tali strutture – aggiunge Speziale – vanno equiparate, ai fini dell’emergenza coronavirus, alle strutture sanitarie e gestite con pari attenzione e modalità, fornendo loro, nell’immediato, tutto l’aiuto di cui necessitano e priorità nella fornitura di dispositivi di sicurezza, materiale e personale».
È quindi un vero e proprio “cambio di strategia”, quello richiesto dall’ANFFAS, rispetto al quale «non basta solo proteggere dall’esterno chi vive in una struttura residenziale, ma occorre aiutare le persone con disabilità e le famiglie rimaste sole». In tal senso, dunque, si rende necessario, secondo l’Associazione «individuare i contagiati, gli asintomatici e i negativi, garantendo la possibilità di effettuare tamponi per tutti gli utenti e operatori delle strutture residenziali; isolare e distanziare il più possibile le persone anche all’interno delle strutture, ricorrendo pure all’utilizzo di sedi diverse; assicurare alle persone con disabilità i cui genitori siano ricoverati o siano venuti meno a causa del coronavirus un’immediata presa in carico; assicurare, con urgenza, ai genitori, specie anziani, supporti domiciliari per gestire i figli con contagio da coronavirus o che non siano gestibili in famiglia; tutelare, in tutti i modi, la salute degli operatori che stanno dimostrando sul campo il loro valore e senza i quali le persone con disabilità, specie se rare e complesse, rischiano di restare prive anche del minimo supporto vitale. L’onda lunga del contagio, altrimenti, diventerà lunghissima e si assisterà a una vera e propria “decimazione” delle persone più fragili che vivono in strutture residenziali, unitamente ad un analogo rischio per gli operatori».
«Dalle nostre persone con disabilità e dalle nostre famiglie – dichiara poi Speziale, entrando nel “cuore” delle proposte – ci giunge, altresì, un disperato appello relativamente all’urgente necessità di avere adeguati supporti domiciliari. Si sono infatti già verificati casi in cui i genitori sono venuti meno e i figli con disabilità sono rimasti soli in casa, con minimi supporti da parte dei Comuni, o casi in cui i genitori anziani si sono ammalati e i loro figli con disabilità sono di difficile gestione. E ancora, vicende in cui le stesse persone con disabilità sono risultate positive e non sono in grado di mettere in atto le misure di distanziamento o di utilizzo dei dispositivi atti a prevenire il contagio. Anche per gli Enti Locali si sta rivelando problematico trovare personale disponibile e idoneo a garantirne l’assistenza».
«Fino ad oggi – prosegue il Presidente dell’ANFFAS – i nostri appelli sono caduti nel vuoto, mentre non è più procrastinabile iniziare a fornire strumenti come kit di protezione e ad effettuare tamponi per capire chi sono i contagiati e gli asintomatici, così da poterli isolare dagli altri ed evitare il protrarsi dei contagi che, nel caso dei Centri Residenziali, non solo sono più rapidi ma sono anche più aggressivi. Fortunatamente abbiamo anche notizia che in alcuni specifici territori le Istituzioni Pubbliche stanno garantendo un comportamento collaborativo e di attenzione alle nostre istanze e questo sta consentendo di gestire al meglio anche situazioni assai complicate».
«Sin dall’inizio della diffusione del coronavirus – annota a questo punto Speziale -, quando doveva essere ancora dichiarata la pandemia da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, abbiamo chiesto agli organismi preposti azioni mirate per tutelare le persone con disabilità, le loro famiglie e gli operatori, come indicato anche dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ma anche perché grazie all’ultrasessentannale esperienza sul campo della nostra Associazione, avevamo sin da subito compreso i gravi rischi che una simile emergenza sociosanitaria avrebbe potuto comportare proprio per le persone più fragili di cui ci prendiamo cura e carico. E tuttavia, si sta perdendo tempo prezioso e temiamo di avviarci verso un vero e proprio punto di non ritorno».
Il Presidente dell’ANFFAS torna poi sulla situazione delle famiglie al cui interno vivono persone con gravi disabilità o non autosufficienti, specie quelle con seri problemi comportamentali, «che sono letteralmente allo stremo e necessitano di urgenti e adeguati supporti domiciliari o alternativi».
«Sarebbe inoltre opportuno – aggiunge – che almeno per persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, dietro prescrizione medica, fosse prevista una deroga alle attuali regole sul divieto di uscire dalle proprie abitazioni, chiarendo che viene consentito di poter fare delle brevi uscite giornaliere, sempre rispettando, per quanto possibile, tutte le previste prescrizioni». Un tema, quest’ultimo, già sollevato con forza in alcuni territori del nostro Paese, come abbiamo riferito sulle nostre pagine (a questo, a questo e a questo link).
«Dal canto nostro – prosegue Speziale – stiamo facendo il possibile, con l’Unità di Crisi che abbiamo attivato, composta da oltre trenta esperti operanti nelle nostre sedi di tutta Italia, che si sono offerti volontariamente di farne parte. Unitamente al personale della nostra sede nazionale, questa struttura lavora con modalità a distanza, praticamente in maniera continua per supportare tutte le persone con disabilità ed i loro familiari e non lasciare solo o indietro nessuno, con uno specifico riferimento alle disabilità intellettive e ai disturbi del neurosviluppo, fornendo tuttavia continue indicazioni a tutti e producendo materiale utile [disponibile a questo link, N.d.R.] ad affrontare questa situazione da ogni punto di vista, normativo, sanitario e psicologico, il tutto scritto anche in linguaggio facile da leggere e comprendere, per aiutare le stesse persone con disabilità a comprendere la situazione e gestirla al meglio. Siamo infine in contatto costante con tutte le nostre strutture sul territorio per cercare di supportare al meglio loro, le persone con disabilità, le famiglie e gli operatori che sono sempre in prima linea e attraverso le della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e del Forum Nazionale del Terzo Settore, seguiamo l’evoluzione normativa e forniamo a nostra volta il massimo supporto possibile, elaborando proposte e contributi».
«Siamo consapevoli – conclude Speziale – delle enormi difficoltà che anche le nostre Istituzioni stanno affrontando e ne comprendiamo, riconosciamo e supportiamo gli enormi sforzi fin qui posti in essere. Ma ora serve un piano di intervento mirato che si occupi in modo più stringente anche delle persone con disabilità e delle loro famiglie a trecentosessanta gradi. In tal senso diamo la nostra piena disponibilità a collaborare con le autorità competenti per fornire supporto, ma è assolutamente necessario e urgente attivare misure e protocolli ad hoc per gestire la situazione di grave emergenza, a partire, come detto, dai Centri Residenziali, perché non è ammissibile che un Paese civile lasci indietro una parte della sua popolazione in un’emergenza come quella che stiamo vivendo. Non vorremmo, infatti, che alla fine “sarà andata bene” solo per alcuni, mentre per le persone anziane, per quelle con disabilità e/o non autosufficienti e per molti loro operatori, non sarà andata per nulla bene!». (S.B.)
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