Punto centrale del primo meeting delle organizzazioni che fanno riferimento al CONFAD (Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità), tenutosi l’8 maggio scorso, è stata la presentazione dei risultati del questionario proposto dal CONFAD stesso, per rilevare le condizioni di vita dei caregiver familiari durante la “fase 1” dell’emergenza coronavirus, ovvero di coloro che prestano un’assistenza continuativa e significativa ad un congiunto con grave disabilità.
«Dal questionario – spiegano dal CONFAD – è emersa una fotografia a dir poco allarmante. Nel 70% dei casi, infatti, i caregiver familiari intervistati hanno evidenziato una condizione di salute con patologie e con evidente carico di stress e ansia. In seguito poi alle misure restrittive emanate durante l’emergenza, il 50% degli intervistati ha dichiarato di non essere stato contattato né da assistenti sociali, né dai centri diurni, né dalla scuola. E ancora, nel caso di persone con disabilità frequentanti la scuola, il 45% degli interpellati hanno affermato di non avere ricevuto nessuna assistenza scolastica in remoto e il 35% solo da una a tre volte la settimana. Clamoroso, inoltre, il fatto che il 94% degli alunni con disabilità partecipino alla didattica a distanza solo grazie all’impegno del caregiver familiare, che presta assistenza per facilitare le operazioni di collegamento e si sostituisce in presenza all’insegnante di sostegno per la facilitazione e la semplificazione delle attività di classe. È probabilmente proprio per questo motivo che il 78% dei caregiver ritiene la didattica a distanza “inadeguata e non individualizzata”».
«Proseguendo nell’analisi dei risultati – continuano dal Coordinamento -, il 65% degli intervistati hanno dichiarato di non avere avuto alcun contatto con i centri di riferimento della persona non autosufficiente accudita: la drammatica conseguenza è che nessun servizio è stato attivato, né fisioterapia, né logopedia, né infermieri, né operatori socio sanitari, né educatori. E nel 74% dei casi non è arrivata nemmeno l’offerta di assistenza da remoto. Anche i servizi sul territorio hanno evidenziato uno stato di estrema carenza, dal momento che nell’80% dei casi essi non erano previsti o comunque sono stati bruscamente interrotti. Ne consegue il dato relativo al carico di accudimento dei caregiver familiari, che nel periodo preso in esame è diventato più gravoso per il 90% degli interpellati, al punto tale che l’86% di loro hanno dichiarato di avere subìto un danno fisico/emotivo in questo periodo. Un altro dato che fa molto riflettere è che il 71% dei caregiver familiari non si sentono supportati dalle Istituzioni (il 24% si sentono supportati poco). A tal proposito, i provvedimenti previsti dai Decreti per queste figure sono stati giudicati sufficienti solo dal 2% dei caregiver familiari lavoratori, mentre tra i caregiver familiari non lavoratori solo il 3,1% ha dichiarato di avere ricevuto sostegni economici, quali pacchi spesa e buoni spesa».
«Da ultimo, ma non ultimo – sottolineano ancora dal CONFAD -, è emersa forte la richiesta dell’applicazione dei protocolli di tutela della famiglia nel 95% dei casi degli intervistati e, nel caso in cui il caregiver familiare abbia contratto il coronavirus, il 94% ha dichiarato di volere un supporto domiciliare con tutti i presìdi di sicurezza per la persona non autosufficiente accudita e che quest’ultima non venga trasferita in una RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale). Al pari, è risultata forte l’esigenza, per il 73% delle persone, di vedere attuata la possibilità di accompagnare e proseguire nelle cure del familiare non autosufficiente in caso di ricovero in struttura ospedaliera di quest’ultimo per contagio da coronavirus».
«Il resoconto non può che definirsi drammatico – concludono dal Coordinamento – e portare a una domanda fondamentale: quale posto ha la disabilità nella nostra società?». (S.B.)
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