Non c’è barriera peggiore dell’isolamento!

«Le persone con disabilità vivono una condizione di particolare vulnerabilità che il forzato distanziamento fisico non può che esacerbare. Come ricorda la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, la loro vulnerabilità è data dall’interazione tra la minorazione e le barriere frapposte dalla società, e non c’è barriera peggiore dell’isolamento»: lo scrive il Comitato Nazionale per la Bioetica in “Covid-19: salute pubblica, libertà individuale, solidarietà sociale”, documento che si sofferma sulle varie questioni sollevate sia dalla pandemia che dalle misure di contrasto ad essa

Uomo con disabilità davanti a una finestra con grata«Per governare l’incertezza, abbiamo bisogno di un dialogo fra i diversi saperi e l’esperienza sociale, così come di una collaborazione a livello»: lo si legge nella presentazione del documento Covid-19: salute pubblica, libertà individuale, solidarietà sociale, pubblicato qualche giorno fa dal Comitato Nazionale per la Bioetica (a questo link ne è disponibile una sintesi, a quest’altro link il testo integrale), che con tale parere «intende offrire una cornice di riferimento bioetico alle molte questioni che sia la pandemia da Covid-19 che le misure di contrasto sollevano». Il tutto prendendo atto «dell’eccezionalità della minaccia alla salute dell’individuo e della collettività rappresentata dal Covid-19, che richiama a una rinnovata riflessione: sulla salute, nelle sue molteplici dimensioni (fisica, psichica, sociale), sul rapporto fra salute individuale e salute pubblica, nonché sul rapporto fra il principio di libertà e l’autonomia dell’individuo nella gestione della propria salute e il principio di solidarietà».

Il documento, si legge ancora, «tiene presente l’esperienza accumulata nei primi mesi della pandemia, nella duplice direzione di: un bilancio degli insegnamenti appresi (con riferimento alla preparazione e agli squilibri del Servizio Sanitario Nazionale); una ricognizione delle sfide che ancora ci stanno di fronte, con la valutazione dell’impatto delle misure pubbliche di contenimento sui diritti fondamentali, sulle disuguaglianze fra cittadini/e, per verificare che non si accentuino quelle già esistenti, o non se ne creino di nuove, oppure che le differenze non si traducano in disuguaglianze. In questo àmbito, un’attenzione particolare è riservata ai gruppi particolarmente vulnerabili (dai bambini, alle persone con disabilità, agli anziani, ai detenuti e altri)».

In particolare, rispetto alle persone con disabilità, nel documento si legge tra l’altro: «Nell’emergenza il prezzo più alto è pagato dai minori con disabilità. Il timore è che senza scuole, senza terapie, senza assistenza domiciliare, bambini e adolescenti con diversi gradi di disabilità regrediscano, dal momento che non è stata prevista per loro alcuna didattica speciale a distanza. Da qui un’ulteriore discriminazione segnalata dalle famiglie, per cui i soggetti più fragili stanno pagando le debolezze del sistema scolastico italiano».
E ancora: «Le persone con disabilità, siano minori o adulti, vivono una condizione di particolare vulnerabilità che il forzato distanziamento fisico non può che esacerbare. Come ricorda la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, quest’ultima è data dall’interazione tra la minorazione e le barriere frapposte dalla società, e non c’è barriera peggiore dell’isolamento. L’inclusione sociale è infatti parte integrante del processo di riabilitazione che, come notato nel parere Bioetica e riabilitazione [Comitato Nazionale di Bioetica, 2006, N.d.R.] deve sempre essere rivolto alla persona secondo un approccio non meramente medico, ma bio-psico-sociale. L’attenzione, già presente nel nostro Paese sulla condizione delle persone con disabilità nell’attuale emergenza, deve quindi essere di volta in volta mirata a calibrare le misure di supporto secondo le diverse disabilità, tenendo presente come anche misure apparentemente neutre, quali l’uso delle mascherine, possano, per alcune disabilità mentali, essere difficilmente accettabili, e come la difficoltà di accesso ai supporti telematici, là dove non siano dotati di adeguati facilitatori, rafforzi per molte persone condisabilità il rischio di emarginazione».

Il Comitato Nazionale di Bioetica auspica in conclusione che «vi sia un ripensamento complessivo del nostro sistema di welfare, ed un suo potenziamento dopo anni di tagli; che si tenga conto del fatto, risalente, che l’alterazione degli ecosistemi ha favorito e favorisce il diffondersi di patogeni prima sconosciuti; che nel pianificare le misure di prevenzione per le fasi successive al lockdown, ritornino in primo piano le politiche “ordinarie” di salute pubblica, le quali si basano sulla consapevolezza dei cittadini e delle cittadine come elemento fondamentale per la tutela della salute». (S.B.)

Ricordiamo ancora il link al quale è disponibile una sintesi del documento prodotto dal Comitato Nazionale di Bioetica e il link al quale vi è invece il testo integrale.

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