«Quali aspetti delle strutture residenziali le hanno rese così vulnerabili a questa pandemia?»: questa semplice domanda racchiude tutta la drammaticità di una situazione che sta via via svelando quanto accaduto nei mesi scorsi e che ha portato l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, l’EPSU, l’Unione Europea dei Pubblici Servizi e AGE Platform, la Rete Europea che tutela i diritti delle persone anziane, a chiedere formalmente l’apertura da parte del Parlamento Europeo di una Commissione d’Inchiesta indipendente, tramite una lettera inviata a David Sassoli, presidente dello stesso Europarlamento.
«Da diversi Paesi – si legge nella lettera – si stanno accumulando evidenze che un’ampia percentuale di infezioni e decessi causati dal coronavirus si è verificata nelle strutture residenziali per anziani, persone con disabilità e altre strutture di servizi sociali. Dal canto suo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato che la metà dei decessi correlati al Covid-19 in Europa si sono verificati in servizi di assistenza e assistenza residenziale ed è anche probabile che questa sia solo la “punta dell’iceberg”: infatti, l’idea che le morti nei servizi di assistenza residenziale siano in qualche modo “normali” o “inevitabili”, oltre alla mancanza di test adeguati, hanno portato al rifiuto da parte di molti Stati ad includere i decessi avvenuti in queste strutture all’interno delle statistiche ufficiali sul Covid».
«Numerosi Stati Membri dell’Unione Europea – prosegue la lettera di EDF, EPSU e AGE Platform – hanno rifiutato di considerare prioritaria la situazione nelle strutture di assistenza a lungo termine, determinando ritardi significativi nel rispondere a questa crisi e trascurando le esigenze dei lavoratori e degli utenti in termini di dispositivi di protezione e protocolli di sicurezza. Le storie spaventose che stanno emergendo disegnano in tal senso un quadro estremamente preoccupante di fallimenti di vecchia data, oltreché legati al presente contesto, rivelando una grave mancanza di preparazione e una gestione insufficiente e in ritardo della pandemia. Ciò ha contribuito a migliaia di decessi e infezioni che si potevano prevenire».
Che quanto accaduto affondi in “mali antichi” viene quindi sottolineato con forze dalle tre organizzazioni, quando scrivono che «questo settore è stato a lungo trascurato e ha avuto una considerazione sociale e politica molto bassa a causa delle pratiche discriminatorie delle società nei confronti delle persone bisognose di cure e sostegno, cosicché le carenze emerse si sono rese ora più visibili che mai. Si tratta di problemi che non sono certo nuovi: il settore dell’assistenza, infatti, stava già affrontando grossi problemi in relazione a violazioni dei diritti umani, carenza di personale e mancanza di protocolli di sicurezza ben prima del coronavirus. Tutti problemi, questi, ben noti ed espressi sia dalle forze sindacali che dalle organizzazioni non governative prima dell’attuale crisi e che avranno bisogno di risposte a lungo termine».
Viene quindi richiamato il dovere dell’Unione Europea e di tutti i suoi Stati Membri ad attuare la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, «che prevede – si ricorda – un impegno forte per il passaggio dalla vita istituzionalizzata a quella basata sulla comunità e sulla vita indipendente. I regolamenti di finanziamento dell’Unione vietano tra l’altro a quest’ultima di finanziare l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità. Le Istituzioni politiche continentali devono affrontare questo fallimento, perché i lavoratori e gli utenti dei servizi di assistenza e supporto non sono “cittadini di seconda classe” e per questo è indispensabile avviare un’indagine europea ufficiale su ciò che è accaduto nei servizi di assistenza e quali lezioni dobbiamo imparare per il futuro. Lo dobbiamo a coloro che ricevono assistenza e ai lavoratori che si sono ammalti, a quelli che sono morti e alle loro famiglie, nonché a tutti i cittadini europei i quali si aspettano che il loro Parlamento affronti queste palesi violazioni dei diritti alla vita, alla dignità e alla salute, sanciti innanzitutto Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea».
«Siamo consapevoli della natura eccezionale di uno strumento come quello richiesto – conclude la lettera -, ma pensiamo che quando si tratta del rispetto del diritto alla vita delle persone in Europa, l’Istituzione che ne rappresenta la voce debba essere in prima linea, usando tutto il suo potere e tutte le azioni necessarie, per fare luce su queste violazioni della dignità umana». (S.B.)