Scarsità d’acqua, insicurezza alimentare, perdite economiche, violenza di genere, alloggi inadeguati, interruzione dei servizi di sostegno, necessità di spostarsi dal luogo in cui si vive: sono i principali effetti del cambiamento climatico in corso sul nostro pianeta e si distribuiscono seguendo esattamente gli stessi modelli di disuguaglianza già presenti nella società, rendendo quindi ancora una volta le persone con disabilità, discriminate in modo multiplo e intersezionale, “le più vulnerabili tra le vulnerabili”.
È quanto emerso con chiarezza durante una discussione svoltasi a Ginevra all’interno della 44^ Sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU.
Alla tavola rotonda hanno partecipato tra gli altri Catalina Devandas, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, mentre l’IDA (International Disability Alliance) – che dal 2014 è rappresentante ufficiale della minority disabilità presso le Nazioni Unite, ciò che permette a tale organizzazione di interloquire direttamente con gli uffici competenti, per inserire i diritti delle persone con disabilità in ogni azione dell’ONU – era rappresentata da Deborah Iyute Oyuu, attivista ugandese per i diritti umani, con una lunga esperienza in materia di disabilità e riduzione del rischio di catastrofi.
Per l’occasione, Devandas, oltre a richiamare la necessità di combattere anche in questo àmbito ogni discriminazione nei confronti delle persone con disabilità, ha sottolineato l’esigenza che le stesse persone con disabilità siano protagoniste dirette nel quadro delle azioni volte a contrastare i cambiamenti climatici. «Per questo – ha dichiarato – servono politiche inclusive di cooperazione internazionale e che tramite organismi ad hoc, le persone con disabilità possano partecipare alle politiche e ai processi decisionali relativi alla Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), nonché al Sendai Framework for Disaster Risk Reduction (“Quadro di riferimento di Sendai per la riduzione del rischio di disastri”)».
Quest’ultimo, lo ricordiamo, è il documento conclusivo della Terza Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla riduzione del rischio di catastrofi, svoltasi nel 2015 a Sendai, in Giappone, che per la prima volta a livello mondiale – come avevamo riferito a suo tempo – ha posto esplicita attenzione alle persone con disabilità.
Dal canto suo, Oyuu, oltre ad affermare quanto sia determinante che «tutti gli Stati, le organizzazioni della società civile e i vari portatori d’interesse seguano ogni principio della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità», ha ribadito a propria volta la necessità di coinvolgere le persone con disabilità nei programmi che puntano a combattere i cambiamenti climatici, non mancando inoltre di raccomandare ai vari Paesi «di adottare tutte le misure necessarie ad attuare ogni obbligo di accessibilità, di garantire la partecipazione di donne e ragazze con disabilità, così come di tutti gli altri gruppi sottorappresentati nelle politiche riguardanti i cambiamenti climatici», oltreché di «includere i diritti delle persone con disabilità in tutte le azioni di sviluppo». (S.B.)
Per approfondire ulteriormente accedere a questo link, nel sito dell’IDA (International Disability Alliance).
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