Braccialetti verdi, rossi e gialli: ma ogni persona è diversa dall’altra!

«Quei braccialetti verdi (disabilità cognitiva), rossi (sensoriale) e gialli (fisica) rischiano di creare problemi per come vengono interpretati. Il personale di quella struttura venga formato e sappia raccogliere le informazioni degli accompagnatori dei minori con disabilità, riuscendo a rapportarsi adeguatamente con le singole e diverse situazioni di disabilità»: a dirlo è la Presidente dell’AIPD di Latina, mamma di Sofia, bimba con la sindrome di Down, autonoma e capace di rispettare le regole, cui si volevano proibire alcune attrazioni del Parco Rainbow Magicland di Valmontone (Roma)
Sofia dell'AIPD di Latina
Sofia con il biglietto del Parco Raimbow Magicland di Valmontone (Roma)

Sofia ha 10 anni, la sindrome di Down, è appassionata di giostre ed è una bambina autonoma, educata e capace di rispettare le regole. «Soprattutto è coraggiosa – sottolineano dall’AIPD Nazionale (Associazione Italiana Persone Down) – gode di ottima salute e sa fare molte cose, compreso indignarsi, come dimostra nel video che ha voluto condividere con la nostra Associazione. Non riesce quindi proprio a capire perché al Parco Rainbow Magicland di Valmontone (Roma) non le volessero permettere di andare sui tronchi galleggianti, né sulle montagne russe “baby”. Le è dispiaciuto molto e si è stupita che Valentina Marcoccia, operatrice e coordinatrice dell’AIPD di Latina che l’ha accompagnata, abbia dovuto discueter con i gestori del parco, non potendo tollerare quell’incomprensibile e ingiustificabile limitazione. E tanto meno l’ha tollerata Samantha, mamma di Sofia, presidente della stessa AIPD di Latina».

«In biglietteria – racconta Marcoccia – mi hanno spiegato che Sofia e Giulia, anche lei di 10 anni e con la sindrome di Down – avrebbero avuto il biglietto gratuito, per via della loro disabilità, e avrebbero indossato un braccialetto verde, corrispondente alla disabilità intellettiva, con il quale sarebbe stato impedito l’accesso ad alcune giostre. Mi sono però resa conto che le giostre in questione erano molte e tutte piuttosto, a mio giudizio, tranquille: le montagne russe “baby”, ad esempio, o i tronchi in acqua. Ho spiegato che le due bimbe, pure avendo la sindrome di Down, non presentano alcun impedimento all’accesso a queste giostre come tutti gli altri bambini, ho chiesto di parlare con il direttore, mi sono molto arrabbiata, perché trovavo quella norma e quel braccialetto uno schiaffo all’inclusione per la quale lavoriamo. Alla fine ho rinunciato al biglietto omaggio e ho pagato il biglietto per Sofia che, tra le due amiche, era quella che più desiderava andare su tutte le giostre. Abbiamo fatto tutte le giostre, nessuno all’interno del parco ha mostrato difficoltà, le bambine hanno rispettato tutte le norme anti Covid-19, indossavano la mascherina e in fila si comportavano in modo impeccabile. Ma mi porto dentro lo sconcerto che ho provato per la discriminazione che abbiamo vissuto e per la delusione che ho letto sul volto di Sofia, per le difficoltà che erano state palesate».

«Sono dieci anni che mi batto per i diritti e l’inclusione di mia figlia – dichiara dal canto suo Samantha, mamma di Sofia – e ancora dobbiamo sopportare questo. Mi chiedo: quando non ci sarò io, o non ci sarà Valentina, a difendere i suoi diritti di cittadina , cosa accadrà? Se tra qualche anno alle giostre andrà con gli amici, potrà trovarsi in questa stessa situazione che la ferisce e la imbarazza? Sofia ha compreso l’accaduto e per lei è stato molto triste rendersi conto che il suo aspetto condiziona regole diverse e limitanti. Non voglio sconti per Sofia, non li ho mai voluti: voglio che paghi come gli altri e che abbia però le stesse opportunità, senza subire queste umiliazioni. Questa per me è discriminazione. Il divertimento e lo svago sono un diritto tanto quanto l’istruzione e il lavoro, non possiamo tollerare, come Associazione, che i nostri figli siano trattati diversamente per una sindrome che, in molti casi, non compromette le loro autonomie nei contesti di vita naturali. Come dice Sofia, lei non si considera malata e non deve essere trattata come tale. Dobbiamo superare il pregiudizio di chi pensa che le persone con disabilità siano tutte non autosufficienti: non è così, la disabilità è un mondo complesso e variegato, di cui i nostri figli fanno parte con le loro specificità e caratteristiche. Chiedo dunque che il parco in questione riveda le sue regole, perché questi braccialetti verdi, rossi e gialli rischiano di creare problemi per come vengono interpretati. Il personale venga formato, soprattutto gli operatori che stanno all’accoglienza, che possano raccogliere le informazioni degli accompagnatori dei minori con disabilità e si possano di conseguenza rapportare con le singole e diverse situazioni in modo adeguato. È una battaglia di principi e di civiltà, perché l’inclusione è fatta anche di piccole vicende quotidiane».

«Per ragioni di sicurezza e di incolumità degli ospiti, la fruizione di alcune attrazioni potrà essere sconsigliata a soggetti affetti da patologie fisiche e/o psichiche, come da avviso apposto all’ingresso di ogni singola attrazione interessata da questa problematica. L’ingresso alla singola attrazione non sarà comunque impedito una volta presa cognizione del suggerimento del gestore; in tal caso, infatti, l’utente debitamente informato si assume l’integrale responsabilità in ordine alla decisione di accedere comunque all’attrazione»: questo è quanto prevede, in merito ai visitatori con disabilità, il regolamento del Parco di Valmontone, che dunque garantisce l’inclusione e la libera fruizione delle attrazione da parte di tutti. Esiste anche una Guida per i visitatori con disabilità, che rimanda alla tabella denominata Attrazioni accessibili per tipo di disabilità la quale contiene proprio le limitazioni previste, rispettivamente per chi indossa il braccialetto giallo (disabilità fisica), verde (disabilità cognitiva) o rosso (disabilità sensoriale).
«Apprezziamo l’attenzione rivolta al tema della disabilità – commenta Tiziana Grilli, presidente nazionale dell’AIPD – ma crediamo che sia necessario ricordare che ogni persona è diversa ed esprime un potenziale di autodeterminazione ben preciso. Sarebbe quindi buona norma riconoscere agli accompagnatori, che meglio conoscono le persone, la capacità di valutare la fattibilità in sicurezza dei giochi. In realtà vorremmo che la comunità in generale, e non soltanto i parchi divertimento, non ponessero ai nostri ragazzi limiti spesso non giustificati, ma permettessero e favorissero il pieno godimento e la libera espressione delle loro capacità e della loro indubbia gioia di vivere. Desideriamo e chiediamo per i nostri figli e per tutte le persone con disabilità il diritto alla partecipazione e alla cittadinanza attiva, abbattendo le barriere che ostacolano l’esercizio del diritto stesso ovunque queste si presentino. Questa, per noi, si chiama Inclusione!». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampaaipd@gmail.com.

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