Come Associazione [ANFAMIV–Associazione Nazionale delle Famiglie dei Minorati Visivi, N.d.R.] stiamo passando ancora un periodo molto complicato, in quanto, oltre a tutto ciò che possiamo erogare con il volontariato, gestendo attività continuative e strutturate quali il Centro Diurno e il Servizio Socio-Educativo, non è facile muoversi tra le esigenze delle famiglie e i protocolli di protezione vari, frenati come siamo da tante paure che generano incertezze. Dovremmo aprire totalmente i nostri servizi lasciandoci alle spalle il periodo più buio. Ma il coronavirus c’è ancora…
Sono comunque orgogliosa, assieme al nostro Consiglio Direttivo, di poter affermare che la nostra Associazione non ha mai chiuso veramente, in quanto operatori e volontari hanno studiato e sperimentato con creatività affiancamenti a distanza, fin dal primo giorno della sospensione per emergenza sanitaria: dunque, telefoni roventi, audio-lezioni musicali, concerti estemporanei, registrazione di letture (anche in friulano), collegamenti Skype o similari e, appena possibile, operatori a domicilio con ritorno in sede associativa, appena si è potuto, contingentando le presenze.
Per quanto riguarda la scuola, che dovrebbe riaprire i battenti a settembre, nonostante ci occupiamo di bambini e ragazzi in situazione di disabilità (nel nostro caso visive), apprezzerei molto che non li si nominasse affatto in alcun documento, dando invece attenzione alle fragilità in genere. L’organizzazione scolastica, così come la pensa chi scrive, garantirebbe di per sé l’inclusione senza bisogno di stigmatizzare nessuno; sarebbe finalmente la famosa “scuola di tutti a misura di ciascuno”. Ma questa è utopia! E allora ben vengano tutti i documenti nati o stimolati da noi Associazioni “di frontiera”, che pongono il Ministero e i vari Enti coinvolti di fronte a una realtà scolastica dove i bambini e i ragazzi con disabilità devono essere posti in primo piano.
Ho letto molto e molto ascoltato, condividendo pienamente tutte le osservazioni in merito alle difficoltà della didattica a distanza espresse dalle famiglie, avendo toccato con mano, durante tutto il periodo, le criticità dei piccoli relegati a svolgere compiti su compiti per fruire delle lezioni a distanza che altro non erano se non classiche interrogazioni. Per non parlare poi di famiglie con strumentazioni del tutto obsolete o addirittura totalmente prive di tecnologie, ma anche di competenze in materia, tanto da essere incapaci di avvalersene, anche qualora contattate dalle scuole che le avrebbero concesse in prestito.
Per ultimo, ma non davvero ultimo, molti bambini e ragazzi con disabilità, privati anche di quegli educatori che normalmente affiancano gli insegnanti durante la scuola “normale”, hanno vissuto situazioni veramente pesanti assieme alle proprie famiglie.
Questo panorama, c’è da dire, ha solamente sfiorato la nostra Associazione, che ha lottato contro quegli Enti che ingiungevano la sospensione del servizio da parte dei nostri educatori, e si è assunta persino le spese per la loro retribuzione e formazione fino a strapparne il reimpiego.
Questa situazione ha permesso di sviluppare autonomie e capacità di adattamento che personalmente non avrei saputo immaginare nei nostri bambini e ragazzi, ma nemmeno in alcuni degli educatori. L’aspetto della didattica a distanza ha dunque rappresentato per molti anche un valore aggiunto e ciò deve portare a maggior formazione per allievi e insegnanti, ma soprattutto le moderne tecnologie non vanno abbandonate con l’intenzione di favorire la ripresa di una scuola troppo tradizionale.
Ora, dunque, attendiamo con fiducia la ripresa della scuola a settembre, immaginando che la riflessione su quanto è accaduto, nel male e nel bene, dia frutti che ci pongano di fronte a una scuola nuova, come un “vestito su misura”, capace di informare formando e soprattutto di educare (ossia di “portare fuori”), di attivare le risorse palesi e nascoste che si trovano dentro ogni bambino o ragazzo, e se dico “proprio in tutti” ci capiamo, vero?