“Il brutto anatroccolo” come metafora della disabilità

È dedicato alla celebre fiaba “Il brutto anatroccolo” di Hans Christian Andersen, intesa come metafora della disabilità, il secondo audioracconto che compone il progetto “Le novelle parlate”, avviato a Cessalto (Treviso). Corredato di sottotitolazione, il cortometraggio è stato realizzato anche grazie anche a vari donatori di voce con disabilità del Comitato Melograno, composto da un gruppo di Associazioni del Veneto che si occupano appunto di disabilità e non autosufficienza
Disegno dedicato alla fiaba "Il brutto anatroccolo" di Andersen
Un disegno dedicato alla fiaba “Il brutto anatroccolo” di Andersen

Ideato da don Mauro Gazzelli, parroco di Cessalto (Treviso), per poter trasmettere le funzioni religiose anche in streaming per i fedeli che non possono muoversi da casa, il progetto di comunicazione inclusiva denominato Le novelle parlate è diventato successivamente anche un mezzo di comunicazione attraverso il quale diffondere informazioni, brevi messaggi, sketch e cortometraggi in grado di raggiungere soprattutto i giovani.
Si tratta di storie recanti messaggi di valore sociale e soprattutto di inclusione, elaborate in collaborazione con i ragazzi dell’Oratorio San Michele e del Circolo Noi San Michele Arcangelo di Cessalto, oltreché rese fruibili a tutte le persone, anche se cieche e/o ipovedenti, in quanto trasformate in veri e propri audiolibri grazie ai donatori di voce, molti dei quali persone con disabilità, del Comitato Melograno, composto da un gruppo di Associazioni venete che si occupano appunto di disabilità e non autosufficienza.

«Se nel primo di questi audio-racconti sottotitolati anche per le persone con disabilità uditiva – spiega Daniele Furlan, coordinatore del Melograno -, riguardante la storia di San Giovanni Bosco, si distingueva l’abilità pittorica del maestro Paolo Fiorindo, nel secondo progetto narrativo ispirato alla fiaba classica di Hans Christian Andersen Il brutto anatroccolo prevale la capacità dei ragazzi di mettersi in gioco anche come attori e interpreti. Attraverso infatti una serie di sketch registrati in un contesto bucolico che cerca di riprodurre quello narrato nella favola, frutto della ricerca di piccole oasi naturali la cui presenza è sempre più rara nei paesaggi contemporanei, nasce un “cortometraggio” che costituisce la  metafora per eccellenza della diversità. L’anatroccolo nero, ignorando di essere in realtà un cigno, soffre questa sua diversità come un marchio indelebile a causa del quale viene messa in dubbio sin da subito la sua idoneità ad appartenere alla comunità nella quale è nato, al punto che la diffidenza nei suoi confronti genera dapprima sospetto, poi emarginazione, costringendolo alla a subire l’abbandono da parte della stessa madre che lo disconosce».

«In quest’ultimo gesto – sottolinea ancora Furlan – è racchiusa la mentalità imperante sino alla prima metà del secolo scorso quando le persone nate con disabilità venivano costrette a vivere segregate all’interno delle famiglie, limitando al minimo i contatti con l’esterno. Non a caso la storia insegna come la disabilità sia quasi sempre stata oggetto di soprusi e discriminazioni, quando non addirittura di veri e propri stermini al pari di quelli razziali. Negli ultimi anni, tuttavia, la percezione e la sensibilità nei confronti della disabilità hanno senz’altro subìto radicali cambiamenti. Infatti la diversità è un valore aggiunto che ci è stato dato affinché potessimo riconoscerci gli uni dagli altri». (S.B.)

A questo e a questo link sono disponibili le due Novelle parlate finora realizzate nell’àmbito dell’omonimo progetto, di cui si parla nel presente testo. Per ulteriori informazioni: comitatomelograno@gmail.com.

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