In un post sulla sua pagina Facebook, il dottor Elias Tsioulis, che lavora come anestesista-pneumologo presso il General Hospital di Kavala, in Grecia, ha raccontato il dramma di un adulto autistico con grave ritardo mentale e motorio, cui è stato diagnosticato il coronavirus e che improvvisamente si è trovato solo nella vita, dopo l’improvvisa perdita dell’unico genitore.
Si tratta del peggior incubo che incombe nelle notti insonni di noi genitori di autistici gravi e che la pandemia ha intensificato ancora di più. Ed è una delle ragioni per cui, come Comitato Uniti per l’Autismo, ci siamo rivolti direttamente al presidente del Consiglio Conte, chiedendo con urgenza l’adozione di misure operative e proponendo soluzioni su quattro aree che riteniamo prioritarie e indispensabili (a questo link si può leggere la nostra lettera al Presidente del Consiglio).
Sabato scorso, dunque, il dottor Tsioulis era al lavoro come responsabile del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Kavala. Come racconta, quel giorno sono giunte in Pronto Soccorso circa cento persone, una quarantina delle quali sono state ricoverate, la maggior parte per gravi sintomi Covid e relativamente giovani. L’ospedale ha dovuto aprire in fretta un altro reparto Covid, in modo che tutti i pazienti potessero essere ricoverati.
In quella giornata infernale, l’esperienza più scioccante è stata quella di un uomo di 45 anni che piangeva a dirotto, terrorizzato, sconvolto, con la febbre alta, disidratato, affamato. Sul suo post Tsioulis lo descrive così: «Innocente con una mente infantile, mani immobili, gambe immobili. L’hanno portato di notte tra tante barelle. La stessa immagine e le stesse voci di qualsiasi Pronto Soccorso in questi giorni. Polmonite, ossigeno basso, intubiamo… questo verrà ricoverato, quest’altro lo mandiamo a casa. Abbiamo bisogno di aiuto, ragazzi!».
Poco prima, i soccorritori dell’ambulanza lo avevano portato al Policlinico di Kavala accompagnato da agenti di polizia. L’uomo viveva con la sua anziana madre nella loro casa, in un quartiere della città. Il genero della donna, preoccupato perché non rispondeva al telefono, si era rivolto alla polizia che aveva dovuto sfondare la porta, trovandosi così di fronte a un quadro tragico.
La descrizione del dottor Tsioulis è quanto di più drammatico alimenta i pensieri e le paure di noi genitori di ragazzi autistici gravi: «Solo lui era a casa. La polizia ha sfondato la porta. Lo hanno trovato abbracciato alla madre defunta in posizione fetale. Avevano ricevuto entrambi la diagnosi di coronavirus, con il consiglio di restare a casa e di evitare qualsiasi contatto fuori della loro abitazione. Il mondo, però, li aveva evitati per tutta la vita e per loro non era cambiato cambiava molto».
«La mamma era morta da giorni – prosegue il racconto del medico – e lui piange, piange… Tutta la notte senza fiato, con poco ossigeno, immobile tra le barelle, tra la fretta e l’urgenza dei gesti di chi soccorre e l’impossibilità di essere accolto nel dolore del pianto».
Il dottor Tsioulis ha accertato che la madre era deceduta da più di 48 ore e il figlio è stato ritrovato disidratato, affamato, sporco, con la febbre altissima. «Quando è arrivato – si legge ancora – il ragazzo, a causa delle sue condizioni, era ad uno stadio prossimo alla necessità di essere intubato. I suoi polmoni erano in pessime condizioni, riusciva a malapena a respirare, ma lui continuava a piangere a dirotto per ore e non per le sue condizioni, credo, ma per avere realizzato che la madre era morta».
La Presidente del Sindacato dei Dipendenti Sanitari dell’ospedale , Katerina Petraki, pure lei di turno quella notte, ha dichiarato che «è stato molto difficile, per noi, venire a conoscenza dei dettagli sulla situazione del quarantacinquenne. Non c’erano parenti, nessuno che lo conosceva lo accompagnava. Solo grazie alla polizia, siamo stati in grado di trovare i suoi dati anagrafici e registrarne il ricovero».
Oggi, l’uomo è in cura nel reparto Covid del nosocomio e le sue condizioni sono ancora critiche, poiché ha bisogno anche di cure extra, a causa della sua grave disabilità mentale e fisica, mentre continua la ricerca dei parenti.
«E tuttavia – conclude Elias Tsioulis -, la grande domanda che dovrebbe preoccuparci tutti è: “Cosa succede a questi esseri umani quando i genitori che si sono presi cura di loro muoiono?”. Quella notte, quando è venuto in ospedale, ho cercato per un’ora di calmarlo, e accanto a me prevaleva una situazione molto difficile. Voci, barelle, persone che avevano bisogno di aiuto. Ma l’immagine di quest’uomo che aveva bisogno di cure più di chiunque altro, di più attenzione a causa delle sue condizioni, mi ha sinceramente scioccato».
Presidente Conte, Ministro Speranza, Commissario Arcuri: possiamo cercare di dotarci di un piano operativo per la disabilità grave e intellettiva che prevenga simili e tragici episodi? E tutti noi che siamo la Comunità, possiamo interrogarci sul valore delle nostre relazioni, sulla nostra capacità di occuparci dell’altro, sulle attenzioni, senza dimenticare che ciò che distingue la nostra specie umana è prendersi cura degli altri? Perché nella storia dell’uomo, fin dai suoi albori, la cooperazione, la cura e l’assistenza sono un fattore imprescindibile di evoluzione.
Le azioni proposte dal Comitato Uniti per l’Autismo
Sono quattro le azioni urgenti proposte dal Comitato Uniti per l’Autismo, nella lettera inviata al presidente del Consiglio Conte (ricordiamo ancora il link al quale è possibile leggerne il testo integrale):
1) Testing: occorre prevedere la possibilità domiciliare per l’effettuazione del test – in particolare attraverso l’uso di quelli meno invasivi (salivari) e laddove non sarà possibile – percorsi dedicati e strutturati con priorità presso i punti tampone, al soggetto e ai familiari, che altrimenti sono costretti a rinunciare al tampone (le attese, gli ambienti sconosciuti, la dolorosa pratica del contenimento creano crisi d’ansia e di frustrazione nelle persone autistiche gravi).
2) Monitoraggio precoce attraverso test rapidi negli ambienti destinati all’educazione e/o alla riabilitazione, siano essi ambulatori, scuole, centri diurni e residenziali, onde evitare la diffusione dei contagi.
3) Nell’eventualità di positività, necessità di supportare la famiglia logisticamente e farmacologicamente, nella considerazione che il soggetto autistico non si può separare dalla persona di riferimento nel quadro familiare (il caregiver ne è cosciente: va supportata e monitorata la diade, se non il gruppo familiare in toto).
4) Idem per un eventuale ricovero. È impensabile pensare di trattare i nostri figli con C-PAP [ventilazione meccanica a pressione positiva continua, N.d.R.]. Quali protocolli mettere in campo? È doppiamente necessaria, quindi, una precoce identificazione della positività e dell’assistenza medica e farmacologica domiciliare.