La rivoluzione dell’ICF, che ha cambiato la cultura della disabilità

Intervista di Antonio Giuseppe Malafarina a Matilde Leonardi*
In quale modo l’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute definita nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e di cui recentemente è uscita la nuova edizione, ha cambiato la cultura della disabilità? Ne parliamo approfonditamente con Matilde Leonardi, che ha contribuito a scrivere quel documento, in cui uno dei punti centrali è «che ogni persona in qualunque momento della vita può avere una condizione di salute che in un contesto sfavorevole diventa disabilità»

Realizzazione grafica dedicata all'ICFHo conosciuto Matilde Leonardi quasi vent’anni fa. Sempre in giro per il mondo, ama l’arancione e le belle cose semplici della quotidianità. È una delle maggiori esperte internazionali di disabilità e con l’uscita della nuova versione dell’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.] non potevo che chiedere a lei cosa fosse questa oscura sigla e cosa c’entrasse con la disabilità. La dottoressa è stata infatti fra quelli che hanno contribuito a produrre il documento che ha cambiato la cultura della disabilità.

Matilde, si presenti.
«Sono un medico, un neurologo, un ricercatore. Dirigo l’Unità Neurologia, Salute Pubblica, Disabilità e il Centro Ricerche sul Coma all’Istituto Neurologico Besta di Milano. Da oltre vent’anni mi occupo di tanti aspetti legati alla disabilità, in particolare dal 1995 sono nel Gruppo Coordinatore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che si è occupato di scrivere la classificazione ICF. L’ho presentata e ne ho parlato in quasi tutto il mondo. Sono stata tra il 2010 e il 2013 il coordinatore dell’Osservatorio Nazionale delle Persone con Disabilità che dopo la ratifica da parte dell’Italia della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità si è occupato della sua applicazione nel nostro Paese. Qui l’ICF si è fatto strumento per monitorare se i diritti sono stati resi operativi».

Ma cos’è esattamente l’ICF?
«Questo acronimo indica la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute ed è parte della più ampia famiglia delle Classificazioni Internazionali dell’OMS. Si tratta di uno strumento importantissimo dalle molteplici funzioni: garantisce infatti uno standard per la descrizione della salute e delle condizioni ad essa correlata, creando di fatto un linguaggio comune e permettendo la comunicazione tra i vari professionisti; permette inoltre di raccogliere dati in maniera coerente, che possono essere scambiati anche tra i vari Paesi; fornisce, infine, una base scientifica per la comprensione della salute e della disabilità intesa come interazione tra individuo e contesto ambientale, che può essere “facilitatore” o “barriera”, il cosiddetto modello biopsicosociale».

Qual è dunque la principale novità di questa classificazione?
«L’ICF, con il modello biopsicosociale, sposta il focus dalla visione riduttiva della disabilità come menomazione fisica o psichica, una visione cosiddetta solo medica, ai bisogni dell’ambiente della persona. Accettare questa prospettiva biopsicosociale ci permette di riaffermare quella che io definisco “la rivoluzione dell’ICF” e cioè che ogni persona in qualunque momento della vita può avere una condizione di salute che in un contesto sfavorevole diventa disabilità».

Quando nasce l’ICF e quali sono le novità dell’ICF 2020?
«Uscita nel 2001, la Classificazione ha subito diverse revisioni. Nel 2007 è uscita la versione per bambini e adolescenti ICF-CY e, dopo le revisioni del 2017, nello scorso mese di ottobre è uscito l’ICF 2020, che ha incorporato l’ICF-CY, diventando così la classificazione di riferimento che presto l’OMS pubblicherà sul proprio sito».

Dottoressa, ci parli liberamente dell’ICF.
«Tanto lavoro, con anni di continui contributi di esperti e utenti ICF di tutto il mondo hanno condotto tale classificazione a diventare il punto di riferimento per i Governi di tutto il pianeta, che ora possono standardizzare la raccolta di dati sul funzionamento, una cosa che ancora oggi avviene in pochissimi Paesi. In Italia, ad esempio, molte leggi prevedono l’uso dell’ICF per la valutazione, in particolare penso al Decreto Legislativo 66/17 per la scuola, ma molto si può fare».

Si parla spesso di “funzionamento”, ma cos’è e a cosa serve?
«Il funzionamento è il risultato dell’interazione fra una persona con una condizione di salute e i fattori ambientali facilitatori. Parlare di funzionamento è importante perché il funzionamento come concetto entrerà sempre più nei sistemi sanitari, dal momento che sempre più persone hanno malattie croniche e la diagnosi da sola aiuta ma non è sufficiente a descrivere la realtà di una persona. I dati sul funzionamento, quindi, sono fondamentali e l’ICF è lo strumento globale per la raccolta dati, poiché “se non sei contato non conti”».

Cosa vuol dire parlare di disabilità oggi?
«Come scrissi nell’introduzione del primo ICF, parlare di disabilità oggi vuol dire adottare una visione dell’uomo che lo consideri sin dall’inizio della sua esistenza una persona dotata tanto di capacità razionale, emotiva e affettiva, quanto di concreti bisogni fisici e materiali. Una visione, quindi, che adotti completamente e praticamente il modello biopsicosociale alla base dell’ICF. Sono convinta, infatti, che soltanto una concezione che comprenda sia le fasi esistenziali della crescita, sia quelle del declino ci metterà nelle condizioni di riflettere in modo adeguato su ciò che la società dovrebbe prevedere per garantire la giustizia. La società, quindi, tutti e ognuno di noi, dev’essere facilitatore e non barriera».

Se oggi dunque mi càpita di ripetere allo sfinimento che la disabilità sta nella relazione sfavorevole fra persona, con le sue condizioni di salute, e ambiente circostante è colpa della dottoressa Leeonardi. Fra gli infiniti spunti di riflessione di questa intervista mi cattura l’invito a considerare la persona nella sua globalità anche temporale: l’uomo per ciò che è stato, è e sarà.
Avrei voluto dirlo prima io. Non sempre, però, l’allievo supera il maestro. Grazie Matilde, signora dell’umanità.

La presente intervista è già apparsa in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “La classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (Icf), un documento che ha cambiato il mondo”). Viene qui ripresa, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione. Matilde Leonardi è neurologa all’Istituto Besta di Milano ed esperta di disabilità, già Copresidente del Gruppo di Riferimento FDRG (Funzionamento e Disabilità) nell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

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